Trib. Isernia – ordinanza – est. Ruscito

fideiussione bancaria – eccezioni opponibili al creditore

06/12/2013

X ( il ricorrente) esponeva: di aver stipulato con M in data 2009 un contratto di concessione di vendita esclusiva di capi di abbigliamento per determinati marchi; che, con contratto integrativo del 2011 il rapporto veniva esteso ad altri marchi in relazione a scarpe ed accessori; che Banca N. si era costituita proprio fideiussore per l’adempimento delle obbligazioni discendenti dal suddetto contratto per l’importo massimo di €; che, altresì Banca O si era costituita proprio fideiussore limitatamente alla fornitura di accessori per l’importo massimo di € con proroga di tale impegno di cui all’atto del 2012 che essa ricorrente aveva sempre fatto fronte alle proprie obbligazioni restando un modestissimo saldo avere in favore di M alla data attuale riguardante il corrispettivo per le forniture di primavera – estate 2013; che nei primi mesi dell’anno aveva posto in essere un importante ordinativo di capi per la collezione autunno/inverno; che, alla data del ricorso, M aveva consegnato solo il 14% dei capi ordinati; che, allo stato, era rimasta inevasa la spedizione del 86% circa della merce ordinata con perdita di utile per €, oltre che di clientela, nonché con danno di immagine; deduceva quindi il grave inadempimento di M e del suo amministratore per aver accettato gli ordinativi pur nella consapevolezza del proprio stato di insolvenza da cui era infatti scaturita la presentazione nel settembre 2013 di una richiesta di concordato preventivo; invocava il proprio diritto ad avvalersi dell’eccezione di inadempimento non potendo M nulla pretendere anche per la risoluzione di diritto del contratto prevista dall’art. 7 (ammissione di una delle parti ad una proceduta concorsuale); svolgeva inoltre considerazioni di diritto in ordine all’accessorietà rispetto all’obbligazione principale delle due lettere di fideiussione di cui sopra; individuava il periculum in mora nel rischio di perdere le somme eventualmente pagate dai fideiussori, stante il predetto stato di insolvenza, e di conseguente determinazione dei presupposti per la chiusura delle proprie attività; indicava espressamente le azioni da proporre nel futuro giudizio di merito in quelle di risoluzione di diritto ex art. 7 del contratto e, comunque, per grave inadempimento della controparte con condanna della stessa al risarcimento die danni, nonché di accertamento dell’insussistenza in capo ad M del diritto di escutere le due fideiussioni ed, al contrario, di sussistenza in capo ai fideiussori del diritto di rifiutare il pagamento e di opporre eccezioni spettanti al debitore principale; chiedeva pertanto ordinarsi ex art. 700 c.p.c. M di non escutere le due fideiussioni ed alle banche di non pagare senza ordine dell’Autorità giudiziaria; il tutto con vittoria di spese; resisteva M eccependo in estrema sintesi: che X era debitrice della somma di € l’improcedibilità dell’azione cautelare ex art. 168 L.F. posto che era stata pubblicata nel registro delle imprese la propria domanda di concordato preventivo; la natura autonoma rispetto alle obbligazioni principale delle due garanzie menzionate; l’inesattezza delle allegazioni relative al grave e doloso inadempimento ascritto ad essa ed al proprio legale rappresentante; l’insussistenza delle ragioni poste a fondamento del periculum, in mora; chiedeva per l’effetto la declaratoria di improcedibilità o, comunque, il rigetto del ricorso con vittoria di spese; non si costituivano nel giudizio cautelare le ulteriori parti resistenti evocate; “… . …” in primis non v’è luogo a disporre la rinnovazione delle notifiche del ricorso introduttivo e degli atti successivi nei confronti delle Banche resistenti non costituite. Sebbene, invero, non si rinvengono in atti gli avvisi di ricevimento riferibili alle notifiche a mezzo posta eseguite dall’Ufficiale Giudiziario in data su istanza di X quest’ultima, in vista dell’udienza ha diligentemente richiesto senza esito un duplicato, ed ha altresì curato una nuova notifica urgente (anche del verbale di udienza) nei confronti di entrambe le resistenti perfezionatasi in tempo utile a notiziarle compiutamente della pendenza del procedimento (il che va ad aggiungersi alle risultanze degli estratti telematici provenienti da Poste Italiane s.p.a. che, sia pur inidonei a far considerare la prima notifica come validamente perfezionata, danno conto delle consegne al destinatario). Di conseguenza, anche alla luce della natura urgente del procedimento, il contraddittorio può ritenersi sufficientemente garantito in ossequio al disposto di cui all’art. 669 sexies c.p.c. Ciò posto, va logicamente vagliata l’eccezione preliminare di improcedibilità formulata dalla resistente costituita. L’art. 168 L.F. dispone che “dalla data della pubblicazione del ricorso nel registro delle imprese e fino al momento in cui il decreto di omologazione del concordato preventivo diventa definitivo, i creditori per titolo o causa anteriore (al decreto) non possono, sotto pena di nullità, iniziare o proseguire azioni esecutive e cautelari sul patrimonio del debitore”. Tale norma, all’evidenza, risponde alla medesima ratio di quella di cui all’art. 51 L.F. secondo cui “salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva o cautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nel fallimento”, vale a dire quella di evitare indebite lesioni della par conditio creditorum, e si riferisce, dunque, a quelle azioni cautelari denotanti una funzione conservativa del patrimonio del debitore e direttamente o indirettamente strumentali al processo esecutivo (ad esempio il sequestro conservativo). Ne consegue che devono reputarsi proponibili cautelari che non siano direttamente propedeutiche all’espropriazione del debitore, quale quella proposta da X nella fattispecie in questione in quanto avente ad oggetto un richiesto provvedimento di inibitoria, nei confronti di M, dall’escutere garanzie prestate da terzi e, nei confronti delle due Banche, dal pagare somme eventualmente invocate, così tenendo a negare la sussistenza di un debito a proprio carico e non anche a soddisfare un credito. Del resto le formulazioni vigenti delle due norme suindicate, nell’aggiungere il riferimento anche alle azioni cautelari (in precedenza limitato a quelle esecutive) non fanno che recepire una giurisdizione già consolidata nel senso che il divieto concernesse non solo le azioni esecutive vere e proprie, ma anche quelle cautelari che, come il sequestro conservativo, avessero funzione conservativa del patrimonio del debitore e carattere strumentale, quindi, rispetto al processo esecutivo (cfr. Cass. Civ., 1335/1995). Pertanto l’azione cautelare de qua deve ritenersi proponibile. Venendo all’oggetto del procedimento, nella sussistenza dei presupposti di residualità del rimedio (alla luce del petitum) e di evidente strumentalità della domanda rispetto alle future azioni di merito espressamente indicate da X, questo giudice non ritiene, al contrario, che ricorra l’ulteriore presupposto costituito dal fumus boni iuris per l’accoglimento dell’istanza. Ancorchè le parti controvertano sull’ammontare del dovuto, è emerso, per stessa ammissione della ricorrente (al quale premette in ricorso che, residua un saldo avere di sia pur difendendo “modestissimo”), come quest’ultima sia debitrice nei confronti di M di corrispettivi riferibili alle forniture della collezione primavera – estate 2013 (cfr. anche la consulenza della stessa parte ricorrente in atti da cui si evince la sussistenza di un debito a suo carico di € per forniture di capi di abbigliamento e di € per forniture di accessori di abbigliamento). X allega, di seguito, la sussistenza di un grave e doloso inadempimento contrattuale di Ittierre s.p.a. nelle consegne riguardanti le forniture per la collezione autunno – inverno 2013 ed in quanto tale idoneo a determinare la risoluzione del contratto di concessione di vendita de quo, nonché a consentirle di formulare eccezioni di inadempimento ex art. 1460 c.c. per quanto concerne le pregresse spettanze (cfr. pag. 9 ricorso) ancora dovute e ad inibire ai garanti di tali spettanze di soddisfare eventuali escussioni. La ricorrente invoca, inoltre, a sostegno del fumus in ordine al futuro accoglimento della domanda di risoluzione del contratto, il disposto di cui all’art. 7 della concessione di vendita secondo il quale testualmente: “il presente contratto sarà automaticamente risolto in caso di ricorso e/o assoggettamento di una delle parti ad una qualsivoglia procedura concorsuale”. Sostiene ancora la ricorrente come le garanzie prestate dalle due banche siano entrambe connotate dal requisito dell’accessorietà rispetto alle obbligazioni principali con conseguente loro riconducibilità allo schema della fideiussione e non già, come invece eccepito dalla resistente costituita, a quello del contratto autonomo di garanzia. Ebbene, è d’obbligo prendere le mosse da tale ultima questione dovendo propendersi per la riconduzione delle due garanzie suindicate allo schema atipico del contratto autonomo rispetto all’obbligazione principale. Come noto, infatti, la caratteristica fondamentale che distingue la fideiussione dal contratto autonomo di garanzia sta nella differente relazione in cui le parti hanno collocato l’obbligazione principale e quella di garanzia, escludendo, nel caso di opzione per la fattispecie atipica, che il garante possa opporre al creditore le eccezioni spettanti al debitore principale (cfr Cass. Civ. SS.UU, 3947/2010). Le sezioni unite della Suprema Corte hanno recentemente affermato, nella medesima pronuncia appena citata, che “l’inserimento in un contratto di fideiussione di una clausola di pagamento “a prima richiesta e senza eccezioni” vale di per sé a qualificare il negozio come contratto autonomo di garanzia (cd. Garantievertrag), in quanto incompatibile con il principio di accessorietà che caratterizza il contratto di fideiussione, salvo quando vi sia un’evidente discrasia rispetto all’intero contenuto della convenzione negoziale” (cfr. anche Cass. Civ. 15108/2013). Analizzando la garanzia prestata da banca N si evince come l’istituto si sia sì (letteralmente) costituito fideiussore solidale per conto di X in favore di M per l’adempimento delle obbligazioni previste nel contratto di concessione di vendita in esclusiva del 2009, ma allo stesso tempo, abbia rinunciato ai benefici di cui all’art. 1957 c.c. e si sia impegnato a versare la somma richiesta per tale titolo, nei limiti dell’importo di € entro 15 giorni “dalla ricezione di Vostra semplice richiesta scritta, ogni eccezione rimossa”, con il solo obbligo di motivare la richiesta ed, inoltre, con espressa rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale. A dispetto del nomen iuris utilizzato dalla banca (atto di fidejussione), per l’effetto il tenore letterale della garanzia prestata appare a tal punto eloquente da non necessitare di ulteriori chiarificazioni in ordine alla sua riconducibilità allo schema atipico citato, in difetto di qualsivoglia elemento emergente dal testo dell’atto che possa indurre a concludere in senso contrario. Le medesime considerazioni sono a ben vedere estensibili anche alla garanzia prestata da banca O rivenendosi nell’atto di prestazione della stessa esattamente le medesime espressioni già sopra passate in rassegna (impegno al versamento a semplice richiesta, ogni eccezione rimossa, rinuncia al beneficio della preventiva escussione del debitore principale). Posto dunque che nel caso di specie si controverte in ordine a due contratti di garanzia autonoma e riconosciuta la legittimazione del debitore principale a richiedere un provvedimenti d’urgenza per inibire al garante il pagamento della garanzia (cfr. Trib. Bologna 27/11/1997 in Giur. Lt. 1999, 61; Trib. Torino 28.8.2002 in Giur. Merito 2003, 1146), preme osservare come condivisibile giurisprudenza di legittimità abbia altresì affermato che “la “excepito doli generalis seu praesentis” ha ad oggetto la condotta abusiva o fraudolenta dell’attore, che ricorre quando questi, nell’avvalersi di un diritto di cui chiede tutela giudiziale, tace nella prospettazione della fattispecie controversa, situazioni sopravvenute alla fonte negoziale del diritto fatto valere ed aventi forza modificativa o estintiva dello stesso, ovvero esercitata tale diritto al fine di realizzare uno scopo diverso da quello riconosciuto dall’ordinamento o comunque all’esclusivo fine di arrecare pregiudizio ad altri, o, ancora contro ogni legittima ed incolpevole aspettativa altrui. Ne consegue che, in materia di contratto autonomo di garanzia, non possono essere addotte a fondamento della “exceptio doli” circostanze fattuali idonee a costituire oggetto di eccezione di merito opponibile nel rapporto principale del debitore garantito al creditore e beneficiario della garanzia, in quanto elemento fondamentale di tale rapporto è la inopponibilità da parte del garante di eccezioni di merito proprie del rapporto principale (cfr. Cass. Civ. 15216/2012). E’ stata in alcuni cari ricondotta all’ambito dell’exceptio doli generalis la possibilità di opporre l’adempimento del debitore principale ove tuttavia sia connotato da caratteri di palese evidenza, sicchè la richiesta di pagamento risulti “prima facie” abusiva o fraudolenta (cfr. Cass. Civ. 3694/1999; cfr anche Cass. Civ. 917/1999 nella parte in cui precisa che l’arbitrarietà della pretesa del creditore e, correlativamente, il potere – dovere del fideiussore di rifiutare il pagamento, sono configurabili, per effetto di quella clausola, esclusivamente in presenza di un evidente, certo ed incontestabile venir meno del debito garantito, cioè di una pretestuosità di detta intimazione “prima facie”). Anche dalla migliore giurisprudenza di merito, in ultimo, è stato di recente opportunamente affermato, in un caso similare al presente per principio applicabile, che “nell’ipotesi in cui la polizza fideiussoria sia riconducibile allo schema del contratto autonomo di garanzia, il debitore che intenda paralizzarne l’escussione deve addurre circostanze atte a fondare l’”exceptio doli” e non, invece, limitarsi ad assumere il grave inadempimento del credotire, tale da giustificare la sospensione delle prestazioni a suo carico. Il carattere abusivo dell’escussione ricorre, infatti, solo quando il garantito azioni la polizza in una situazione nella quale è all’evidenza chiaro che la pretesa non solo è infondata – fatto di per sé insufficiente ai fini dell’inibitoria – ma appare, altresì fraudolenta e dunque espressione di una condotta abusiva” (Trib. Cagliari, 27/01/2012). Ne consegue che l’allegazione di un grave inadempimento nelle consegne relative agli ordinativi per la collezione autunno / inverno 2013 non possa porsi a fondamento di un’exceptio doli generalis tendente ad inibire versamenti di somme relative, peraltro, alle spettanze dovute per le diverse forniture riferibili alla collezione primavera – estate 2013, non apparendo all’evidenza manifestatamente sintomatica di un’escussione prima facie abusiva e/o fraudolenta. Deve ad abundantiam osservarsi, sul punto, come il contratto di concessione di vendita, al quale è riconducibile quello in oggetto con la relativa integrazione, si caratterizzi per una complessa funzione di scambio e di collaborazione e consista, sul piano strutturale, in un contratto – quadro o contratto – normativo, dal quale deriva l’obbligo di stipulare singoli contratti di compravendita ovvero l’obbligo di concludere contratti di puro trasferimenti dei prodotti, alle condizioni fissate nell’accordo iniziale (cfr. Cass. Civ. 1469/99; Cass. Civ. 20106/2009). Ciò comporta che la sinallagmaticità delle prestazioni strettamente riconducibili al contratto quadro non possa de plano estendersi a tutte le forniture (compravendite) che ne scaturiscono in corso di vigenza posto che ad ogni ordinativo corrisponde un singolo contratto il che implica, sul piano logico – giuridico, la non eccepibilità dell’inadempimento relativo ad una fornitura (nella specie riguardante la collezione autunno – inverno 2013) al fine di avvalersi del disposto di cui all’art. 1460 c.c. per sospendere il versamenti di somme dovute per forniture afferenti ad un pregresso e distinto ordinativo (nella specie riguardante la collezione primavera – estate). Tanto chiarito, qualche dubbio in ordine all’opponibilità quale exceptio soli potrebbe, al contrario ed in linea di principio, ingenerare l’altra causa di risoluzione invocata dalla ricorrente e consistente nel comprovato ricorso di M. alla procedura concorsuale del concordato preventivo, da cui scaturirebbe l’applicazione dell’art. 7 del contratto quadro. La questione non necessita tuttavia di essere approfondita dovendo tenersi ben presente il seguente dirimente aspetto. Come illustrato, gli importi ancora dovuti ad M da X attengono alle forniture per la collezione primavera – estate 2013 ( per le quali, si badi, non sono stati dedotti inadempimenti nelle consegne invece riferiti ai successivi ordinativi per la collezione autunno – inverno). Il contratto di concessione di vendita, invero, disciplina all’art. 7 le varie ipotesi di risoluzione per poi occuparsi, al successivo art. 8, degli effetti della stessa prevedendo, in particolare sub a), che “saranno riconosciuti ad entrambe le parti i diritti maturati alla data di risoluzione”, così pattiziamente derogando al disposto di cui all’art. 1458, parte prima, c.c. in forza del quale il venir meno del titolo paralizzerebbe ogni pretesa negoziale che lo presuppone non ricorrendo nella specie il caso di contratto ad esecuzione periodica o continuativa. Siffatte complessive considerazioni implicano sue rilevanti conseguenze giuridiche: 1) L’eventuale declaratoria di risoluzione di diritto del contratto ex art. 7 per il ricorso di Ittierre s.p.a. alla procedura di concordato preventivo non può spiegare effetto alcuno in ordine alla spettanza del credito vantato dalla resistente per le forniture relative alla collezione primavera – estate 2013 e, pertanto, non può comunque porsi utilmente a fondamento di un’exceptio doli da parte delle garanti (come detto unica ipotesi idonea a consentire la concessione dell’inibitoria richiesta da X). 2) Trattandosi di contratti autonomi di garanzia, X nemmeno potrebbe pretendere di opporre, per mezzo delle garanti, eccezioni di compensazione anche parziale con propri controcrediti, il che impone di dover considerare nell’ambito del debito, quantificato dallo stesso consulente di parte ricorrente, anche le somme stornate per note di debito così addivenendosi ad un importo di poco inferiore a quello invocato dalla resistente. Va ancora rilevato come non possa condividersi l’assunto di parte ricorrente secondo cui le due garanzie de quibus non sarebbero estensibili ai prodotti aggiunti con il contratto del 2011 in quanto in esse non menzionato. Deve, infatti, evidenziarsi come banca O a partire dal 2012 e dunque dopo la stipulazione del contratto integrativo, abbia genericamente prestato garanzia in relazione ad obbligazioni conseguenti alle forniture di prodotti commercializzati da X ed M non potendo per l’effetto sostenersi la presenza di esclusioni non evincibili dal testo negoziale neppure in via dubitativa. Del pari, Banca N in data 2013 ( e dunque anche in questo caso dopo la stipulazione del contratto integrativo del 2011), ha garantito l’adempimento delle obbligazioni previste nel contratto di concessione di vendita in esclusiva del 2009 relativo alle forniture di prodotti commercializzati inter partes. Posto che X ed M non hanno stipulato, nel 2009 e nel 2011, due distinti contratti, ma hanno espressamente integrato nel 2011 il primo contratto con pattuizioni aggiuntive (cfr. in particolare il punto 7 del contratto integrativo nella parte in cui si richiama la validità di tutte le pattuizioni della scrittura del 2009 diverse da quelle di cui ai punti 2,3,4,5 e 6), sicchè il negozio deve ritenersi unitario, non sussistono per tabulas ragioni per escludere l’omnicomprensività della suddetta garanzia autonoma. Neppure, in ultimo il testo della garanzia prestata da Banca N (escussa da M dal che consegue la rilevanza nel presente giudizio della questione, pure emersa, avente ad oggetto la sua estensione al solo settore dell’abbigliamento ovvero anche a quello degli accessori), nella parte dispositiva in cui espressamente menziona l’adempimento delle obbligazioni previste nel contratto di concessione di vendita in esclusiva del 2009 relativo alle forniture di prodotti dalle parti commercializzati, consente di escludere, sulla base del solo riferimento contenuto in premessa ai capi di abbigliamento, l’estensibilità della copertura anche agli accessori (concettualmente, infatti, la generica nozione di capo di abbigliamento, specie in quanto seguita dall’altrettanto generica menzione delle obbligazioni di cui sopra, non necessariamente riguarda il solo vestiario). Per tutte le ragioni indicate e nei limiti di cognizione tipici della presente fase, il ricorso non può essere accolto. …”

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