TAR MARCHE SENT. 562/2011 - Pres. Passanisi Est. Capitanio

P.R.G. - Modifica precedente destinazione (parziale) - obbligo di motivazione - misure di mitigazione - indeterminatezza - illegittimità

06/07/2011

La società X è proprietaria di una porzione di terreno, ubicata all’interno del Comparto di espansione industriale acquistata dal Comune di B a seguito di asta pubblica e partecipa al costituito Consorzio per l’urbanizzazione del Comparto unitamente agli altri proprietari dei terreni ivi inclusi. L’impugnato PRG del Comune di B sopravvenuto, identificava detto Comparto in sede di adozione di variante generale, con destinazione industriale da edificare previa redazione di un piano urbanistico attuativo esteso all’intera superficie. X impugnava il parere Regionale (di valutazione di incidenza, ex art. 5 DPR n. 357/97), nella parte in cui prescriveva che il PRG adottato) all’interno dell’area industriale in oggetto, prevedesse la realizzazione, quale intervento minimo di mitigazione, all’interno del comparto di una area inedificabile di 16 Ha (comprendente alcune vasche di decantazione di limi di circa 9 HA) per il rifugio e il nutrimento della avifauna stante anche l’esistenza di una zona SIC/ZPS, confinante con l’area del comparto. Con motivi aggiunti sono stati impugnati la successiva delibera del Consiglio Comunale di B recante approvazione definitiva del PRG in adeguamento al parere Regionale de quo recante previsione in alternativa alla prevista mitigazione, ut supra della “ realizzazione, da parte della lottizzante, di una zona umida di 16 ha, all’interno della zona agricola di conservazione naturalistica cosiddetta riserva naturale in località vicinale”, di proprietà di terzi. Il TAR delle Marche ha accolto ii ricorso. …” Il gravame è fondato con riguardo agli assorbenti profili di violazione di legge e di eccesso di potere dedotto sotto svariati profili, compresi il difetto di motivazione e di istruttoria, variamente e ripetutamente contenuti nell’atto introduttivo del giudizio e nei successivi ricorsi per motivi aggiunti. La ricorrente deduce violazione del proprio legittimo affidamento maturato per effetto del contratto di acquisto dell’area stipulato con il Comune di B; affidamento consistente nell’aspettativa al mantenimento della precedente disciplina urbanistica, che il Comune ha invece modificato “in peius”, a distanza di pochi anni dalla vendita, introducendo le prescrizioni oggetto di impugnativa che riducono sensibilmente il valore del bene, sia per sottrazione di terreno edificabile (nel caso in cui si opti per il mantenimento della zona tampone interna al comparto comprendente l’area delle attuali vasche), ovvero per coinvolgimento di soggetti terzi, estranei al comparto industriale, proprietari di terreno agricolo (nel caso in cui si opti per la realizzazione della zona umida esterna). La censura merita condivisione nei termini che seguono. Va innanzitutto rilevato che dette prescrizioni, per quanto, in parte, formalmente riproduttive di prescrizioni regionali ai sensi dall’art. 5 del DPR n. 357/97, originano dalle analoghe proposte contenute nella relazione di valutazione di incidenza delle opere previste nel PRG, redatta dal Comune di B. Come correttamente osserva la Regione, essa si è limitata a ritenerle congrue in relazione all’obiettivo di tutela e di salvaguardia avuto di mira, adottando gli atti conseguenti. In punto di diritto va richiamato il consolidato indirizzo secondo cui le scelte effettuate dall’Amministrazione nell’adozione degli strumenti urbanistici, non necessitano di apposita motivazione, oltre quella che si può evincere dai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano stesso, salvo che particolari situazioni non abbiano creato aspettative o affidamenti in favore di soggetti le cui posizioni appaiano meritevoli di specifiche considerazioni; in sostanza le uniche evenienze che richiedono una più incisiva e singolare motivazione degli strumenti urbanistici generali, sono date: a) dal superamento degli standard minimi di cui al D.M. 2.4.1968; b) dalla lesione dell’affidamento qualificato del privato, derivante da convenzioni dell’affidamento, accordi di diritto privato intercorsi fra il Comune e i proprietari delle aree; c) da aspettative nascenti da giudicati di annullamento di concessioni edilizie o di silenzio rifiuto su una domanda di concessione; d) dalla modificazione in zona agricola della destinazione di un’area limitata, interclusa da fondi edificati in modo non abusivo (cfr. da ultimo Cons. Stato, sez. IV, 12.1.2011 n. 133; id. 9.12.2010 n. 8682). Nel caso specifico, come ricordato in precedenza, la ricorrente acquistava il terreno in oggetto direttamente dal Comune di B a seguito di asta pubblica, che fissava il prezzo determinato sulla base della disciplina urbanistica al momento vigente e sostanzialmente equivalente a quella riproposta nel nuovo PRG adottato, fatta eccezione per le due prescrizioni oggetto di gravame introdotte nel corso del procedimento pianificatorio. Tale circostanza integra, a giudizio del Collegio l’ipotesi di cui alla sopraindicata lett. b), dando luogo ad un affidamento qualificato del privato a poter disporre del bene secondo le condizioni di acquisto, che comprendono indubbiamente lo sfruttamento edificatorio (avente rilevanza economica) proporzionale al prezzo pagato. Di conseguenza il Comune di B, attraverso la relazione di valutazione di incidenza delle opere previste nel PRG, nonché attraverso gli ulteriori atti istruttori del procedimento, avrebbe dovuto svolgere ulteriori approfondimenti a supporto delle scelte urbanistiche di bilanciamento dei due opposti interessi (la tutela dell’affidamento privato, da una parte, e l’esigenza di salvaguardia indiretta di area SIC/ZPS dall’altra), fornendo una adeguata motivazione, tecnico-amministrativa e nel rigoroso rispetto del principio di proporzionalità, qualora avesse ritenuto di dover tutelare l’interesse pubblico a discapito di quello privato. Tale principio, di derivazione comunitaria, implica che l’amministrazione debba adottare la soluzione idonea ed adeguata, comportante il minore sacrificio possibile per gli interessi compresenti, attraverso un’indagine “trifasica”. In particolare, esso impone di verificare: - L’idoneità del provvedimento, ovvero il rapporto tra il mezzo adoperato e l’obbiettivo perseguito: in virtù di tale parametro l’esercizio del potere è legittimo solo se la soluzione adottata consenta di raggiungere l’obiettivo; - La sua necessarietà, ovvero l’assenza di qualsiasi altro mezzo idoneo ma tale da incidere in misura minore sulla sfera del singolo: in tal senso la scelta tra tutti i mezzi astrattamente idonei deve cadere su quella che comporti il minor sacrificio; - L’adeguatezza della scelta, cioè la tollerabilità della restrizione che comporta per il privato: sotto tale profilo l’esercizio del potere, pur idoneo e necessario, è legittimo sole se rispecchia una ponderazione armonizzata e bilanciata degli interessi, in caso contrario la scelta va rimessa in discussione”… . Per quanto sopra, vanno quindi condivisi gli ulteriori profili di doglianza attraverso cui viene dedotto eccesso di potere per difetto di motivazione e di istruttoria. Vanno infine condivise le censure, contenute nel primo ricorso per motivi aggiunti, attraverso cui si deduce violazione di legge ed eccesso di potere in relazione all’alternativa di realizzare, da parte della ditta lottizzante, una zona umida di 16 Ha, all’interno della zona agricola di conservazione naturalistica, senza tuttavia prevedere, contestualmente, efficaci misure o strumenti per realizzare in concreto tale possibilità. Al riguardo vanno richiamati i principi, già affermati da questo Tribunale (cfr. TAR Marche 8.4.2011 n. 241; 15.3.2011 n. 175), secondo cui, pur sussistendo un ampio margine di discrezionalità dell’amministrazione nel definire le proprie scelte urbanistiche, tale discrezionalità va comunque coordinata con i principi generali di efficienza e di efficacia dell’azione amministrativa. Una scelta, ancorché discrezionale, non potrà tuttavia considerarsi legittima se l’obiettivo concretamente raggiungibile (secondo una previsione ragionevole e attendibile) sarà inevitabilmente diverso (e magari di segno opposto) dall’obiettivo avuto di mira. In materia urbanistica l’interesse pubblico esige che le previsioni di PRG vengano attuate nei modi e nei tempi stabiliti, rendendo così efficace l’azione amministrativa per sostanziale coincidenza tra l’obiettivo dato e l’obiettivo concretamente raggiunto. Prescrizioni urbanistiche inattuate e che restano lettera morta, non possono considerarsi, invece, azione amministrativa efficace, poiché inidonee per stimolare e promuovere lo sviluppo socio – economico del territorio quale obbiettivo primario dell’ente locale (cfr. art. 3 comma 2 D. Lgs n. 267/2000); in tal caso l’obiettivo dello strumento urbanistico, ossia la promozione di iniziative per la trasformazione o la conservazione funzionale dell’esistente, produrrà il risultato opposto, cioè di un sostanziale congelamento delle stesse. Nel caso specifico, vanno considerati i rilevanti interessi economici in gioco, che coinvolgono anche interessi privati contrapposti tra loro (ossia quello dei lottizzanti che, avendo corrisposto al Comune un determinato prezzo per l’acquisto dell’area, intendono trarre il conseguente profitto dall’edificazione della stessa, e quello dei proprietari del terreno agricolo esterno al comparto che hanno evidentemente interesse a trarre, dallo stesso, il massimo profitto in quanto subordina l’avvio della lottizzazione). Sulla base di tale circostanza il Collegio ritiene che l’aver rimesso, all’esclusivo gioco delle trattative tra privati, la ricerca dell’equo bilanciamento dei reciproci e contrapposti interessi, non risulti soluzione sufficiente per garantire l’effettiva attuazione delle scelte urbanistiche (ossia l’edificazione del comparto industriale e la contemporanea realizzazione della zona umida quale misura di mitigazione). “… … …” Il ricorso va accolto. “…

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