Separazione con addebito – presupposti – fattispecie – sussistenza.

10.4.2024 – Corte di Appello di Ancona - Sent. 566/2024 - Pres. Federico Est. Rascioni

16/04/2024

… “FATTI DI CAUSA X si è rivolto al Tribunale di Pesaro al fine di sentir dichiarare la propria separazione personale dalla moglie V con addebito alla resistente, prevedendo altresì che il ricorrente versi mensilmente in favore dei propri due figli, entrambi maggiorenni ma non ancora autonomi, un assegno d’importo pari complessivamente ad euro (omissis). Costituendosi in giudizio, V ha chiesto invece che la separazione venga addebitata al marito e che vengano posti a suo carico un assegno di mantenimento in favore della moglie d’importo pari ad euro (omissis) ed un contributo mensile in favore di ciascuno dei figli d’importo pari ad euro (omissis). Con sentenza emessa nella camera di consiglio del (omissis) il Tribunale di Pesaro, richiamata la precedente pronuncia con cui in data (omissis) era stata già dichiarata la separazione tra i coniugi, ha accolto la domanda di addebito nei confronti del marito, rigettando invece quella proposta nei confronti della moglie; ha altresì posto a carico del X un contributo mensile d’importo pari ad euro (omissis) quale concorso nel mantenimento di ciascun figlio, disponendo che le spese straordinarie vengano ripartite per il 70% a carico del padre e per il 30% a carico della madre; ha da ultimo rigettato la domanda proposta dalla V al fine di ottenere un assegno di mantenimento in proprio favore, compensando integralmente le spese di lite tra le parti. Avverso tale pronuncia ha proposto appello X, censurando la sentenza di primo grado nei capi in cui è stata accolta la domanda di addebito proposta dalla moglie ed è stata invece rigettata l’analoga domanda proposta dal marito; l’appellante lamenta altresì che i primi giudici non abbiano previsto il versamento dell’assegno direttamente nelle mani dei figli, chiedendo comunque che ne venga ridimensionato l’importo e che le spese straordinarie vengano ripartite in pari misura tra i genitori; in via istruttoria, ha chiesto che vengano ammesse le prove inutilmente richieste al Tribunale. Costituendosi anche nel presente grado di giudizio, V ha chiesto il rigetto dell’appello; ha altresì proposto appello incidentale al fine di ottenere la riforma della sentenza nel capo in cui i primi giudici hanno integralmente compensato le spese di lite tra le parti. Intervenendo nel presente procedimento, anche la Procura Generale ha chiesto la conferma della sentenza di primo grado. La presente causa è stata infine trattenuta in decisione in data 14.02.2024 nelle forme della camera di consiglio. RAGIONI DELLA DECISIONE Con i primi due motivi d’appello, che risulta opportuno trattare congiuntamente stante l’evidente connessione, X ha censurato la sentenza nei capi in cui i primi giudici hanno rigettato la domanda proposta dal medesimo appellante al fine di sentir addebitare la separazione alla moglie ed hanno invece accolto la domanda proposta da quest’ultima al fine di ottenere l’addebito nei confronti del marito. L’appellante lamenta in particolar modo che il giudice istruttore non abbia ammesso i capitoli di prova richiesti al fine di comprovare “la sequela di soprusi e umiliazioni subite da X negli anni di matrimonio e come la comunione di sentimenti tra i coniugi fosse ormai da tempo deteriorata irreparabilmente” (cfr. pag. 8 dell’atto di appello); viene altresì contestato che l’istruttoria orale svolta abbia effettivamente comprovato la relazione extraconiugale asseritamente intrattenuta da X. Entrambi i motivi debbono essere disattesi. I capitoli di prova di cui l’odierno appellante anche nella presente sede sollecita l’ammissione sono infatti volti a comprovare comportamenti eventualmente avvenuti diversi anni prima rispetto alla crisi coniugale, talvolta nei primi anni di matrimonio o addirittura prima delle nozze (leggasi ad esempio il capitolo 14): anche ove fossero stati ammessi, X non avrebbe quindi assolto all’onere di comprovare “sia la contrarietà del comportamento del coniuge ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale di questi comportamenti nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza”, comunque proseguita sino a quando il marito non ha deciso di lasciare l’abitazione coniugale nel febbraio 2021 (leggasi ad esempio Cass. Sez. I, ordinanza n.16691 del 05.08.2020). Non essendo emersi comportamenti della moglie tali da costituire violazione dei doveri discendenti dal matrimonio e da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, quindi, non sussistono motivi per accogliere la domanda di addebito proposta da X. La domanda di addebito nei confronti del marito è stata invece fondata non soltanto sulla deduzione secondo cui egli avrebbe intrattenuto una relazione extraconiugale (confermata quantomeno dal marito della donna), ma anche sul fatto che nel febbraio 2021 X ha lasciato l’abitazione familiare (circostanza non contestata). Entrambi i comportamenti costituiscono violazione degli obblighi discendenti dal matrimonio, tali da giustificare l’addebito “sempreché non si constati, attraverso un accertamento rigoroso ed una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi, la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale” (cfr. Cass. Sez. 6-1, ordinanza n.16859 del 14.08.2015), oppure ove emerga che l’allontanamento dalla casa familiare sia stato determinato dal comportamento tenuto dall’altro coniuge “o sia intervenuto in un momento in cui la prosecuzione della convivenza era già divenuta intollerabile” (cfr. Cass. Sez. I, ordinanza n.11792 del 05.05.2021). Nel caso di specie, neppure l’ammissione delle prove orali richieste dall’appellante avrebbe consentito di comprovare una convivenza tra i coniugi meramente formale, né una condizione di insopportabile sopraffazione del marito da parte della moglie: la sentenza di primo grado deve quindi essere confermata anche nella parte in cui ha addebitato la separazione al marito. 2. Con il terzo motivo d’appello, poi, l’appellante impugna il capo della sentenza in cui i primi giudici hanno previsto che il concorso al mantenimento dei due figli della coppia (ormai maggiorenni ma non ancora autonomi) venga versato alla madre e non nelle mani dei ragazzi; nelle conclusioni X ha poi chiesto che tale contributo venga rideterminato nel minor importo pari ad euro (omissis) per ciascun figlio. L’appello dev’essere rigettato anche sotto tali profili. La giurisprudenza di legittimità ha infatti ribadito in più occasioni che “il genitore obbligato, in mancanza della corrispondente domanda del figlio, non può pretendere di assolvere la propria prestazione direttamente nei confronti di quest'ultimo, e non nei confronti del genitore istante, poiché, sebbene quest'ultimo e il figlio, in quanto titolari di diritti autonomi e concorrenti, siano entrambi legittimati a percepire il menzionato assegno, tuttavia la decisione non può sottrarsi al principio della domanda” (leggasi ad esempio Cass. Sez. I, ordinanza n.34100 del 12.11.2021). La censura in merito all’importo dell’assegno, poi, risulta assolutamente generica; i primi giudici hanno del resto previsto un contributo appena superiore rispetto a quanto l’appellante si era dichiarato disponibile a versare sin dall’udienza presidenziale. 3. Con il quarto motivo d’appello, infine, X censura la sentenza nel capo in cui il Tribunale ha posto le spese straordinarie che si renderanno necessarie per entrambi i figli per il 70% a carico del padre e per il 30% a carico della madre; l’appellante ribadisce a riguardo cha V dispone di un rilevante patrimonio, tale da consentirle di contribuire a tali spese in misura pari rispetto al marito. Anche l’ultimo motivo d’appello dev’essere rigettato. Come evidenziato dai primi giudici e non contestato dallo stesso appellante, infatti, anche tenendo conto dei proventi dell’attività lavorativa e dei frutti prodotti dal citato patrimonio, l’odierna appellata non gode comunque di redditi equiparabili a quelli del marito: risulta quindi ragionevole la scelta di porre le spese straordinarie in misura maggiore a carico di X. 4. Dev’essere a questo punto esaminato l’unico motivo in cui si articola l’appello incidentale proposto da V, la quale censura la sentenza di primo grado limitatamente alla regolazione delle spese di lite, integralmente compensate tra le parti in considerazione della “parziale reciproca soccombenza”. Tale motivo dev’essere accolto, tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio e del fatto che, anche nell’ambito del primo grado, V è risultata soccombente solo per quanto riguarda la domanda volta ad ottenere un assegno di mantenimento in proprio favore ed in merito all’effettivo importo del contributo in favore dei figli. Sussistono quindi i presupposti per riformare la sentenza di primo grado limitatamente alla regolazione delle spese di lite, che saranno compensate solo per il 50% e resteranno poste a carico di V per la quota residua, stante la sua prevalente soccombenza (in particolar modo per quanto riguarda le reciproche domande di addebito). (omissis)

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