Ricorso per Cassazione – deposito di copia notificata della sentenza da parte resistente – procedibilità del ricorso.

13.3.2024 – Cass. Civ. Sez. III - Sent. 6778/2024 - Pres. De Stefano Est. Valle

26/03/2024

… “la X S.r.l. venne incaricata, con contratto del (omissis) 2009, da una compagine di imprese di cui facevano parte la A S.r.l., la B S.r.l., la C S.r.l., la D S.r.l. ed E S.n.c., costruttrici e proprietarie di una parte del terreno in (omissis), alla via (omissis), ricompreso nel comparto edificatorio (omissis), dello sbancamento dell’area da edificare, sulla quale, ma ciò verrà acclarato soltanto a inizio dell’escavazione, insisteva, sin dagli inizi del Novecento, un’azienda del gas municipale, che produceva dapprima gas e poi metano, mediante carbone e altro, con conseguente inquinamento del sottosuolo;           la V S.p.a., che, dal mese di marzo del 2010, riceveva in una cava, a (omissis), il materiale movimentato dalla X S.r.l., si accorse autonomamente, a causa del cattivo odore emanato dalla massa terrosa da ultimo trasportata con un camion della S S.r.l., della rilevante quantità di residui di idrocarburi presente nel terreno che doveva servirle per ritombare la cava e, dopo avere appreso, dalla stampa locale, del sequestro penale dell’area di via (omissis), in (omissis) (con conseguente procedimento penale, al quale era stato sottoposto il legale rappresentante della soc. V) e dopo avere effettuato ingenti lavori di bonifica a sue spese, per oltre euro (omissis), convenne in giudizio dinanzi al Tribunale di Pesaro la X S.r.l., le dette società costruttrici ossia la A S.r.l., la B S.r.l., la C S.r.l., la D S.r.l. e la E S.n.c., la S e il Comune di (omissis), al fine di sentirne dichiarare la responsabilità contrattuale e ai sensi degli artt. 2043 e 2050 cod. civ., in relazione alle rispettive posizioni soggettive, di parti contrattuali oppure di terze estranee al contratto;           la X S.r.l., nel costituirsi in giudizio, chiese e ottenne di chiamare in causa l’architetto L e l’ingegnere M, nelle rispettive qualità la prima di progettista dei lavori edilizi da realizzare sull’area sbancata e il secondo quale direttore dei lavori;           il Tribunale di Pesaro, (omissis), rigettò la domanda;           la V S.p.a. propose appello e la Corte d’appello di Ancona, nel ricostituito contraddittorio delle parti, con sentenza n. (omissis) del (omissis) notificata il (omissis), ha accolto l’impugnazione e ripartito le responsabilità in ragione del venti per cento sulla X S.r.l., nel venti per cento sulla F.lli S, e sulle ditte costruttrici, unitariamente considerate, nella misura del venti per cento, riconoscendo il concorso colposo della stessa V S.p.a. nella misura del quaranta per cento, e ha quindi condannato (omissis) a pagare in favore della V S.p.a. euro (omissis) ciascuna, (omissis);           avverso la sentenza della Corte territoriale propone ricorso per cassazione, con cinque motivi, la X S.r.l.;           rispondono con separati controricorsi: (omissis);  Considerato che           pregiudizialmente deve rilevarsi che la copia notificata della sentenza impugnata non è stata prodotta dalla difesa della X S.r.l., così come prescritto dall’art. 369, co. 2, n. 3 cod. proc. civ.;           la produzione della relazione di notificazione della decisione impugnata, che deve essere verificata d’ufficio dalla Corte di Cassazione (per tutte si veda: Cass. n. 15832 del 07/06/2021 Rv. 661874 - 01), va sempre effettuata dalla parte ricorrente nel termine perentorio di cui all’art. 369 cod. proc. civ.;           il ricorso è, nondimeno, procedibile, in quanto la detta copia è stata prodotta dal Comune di (omissis), quale controricorrente ritualmente costituito, così come consentito anche dalla più recente giurisprudenza nomofilattica (Sez. U n. 21349 del 06 07 2022 Rv. 665188 – 02);           la ricorrente X S.r.l. censura come segue la sentenza della Corte d’appello di Ancona:           I) violazione di legge in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. e 345, 99, 112, 113 cod. proc. civ.: la Corte territoriale ha errato nel pretermettere la decisione sulla domanda di risarcimento danno contrattuale svolta dalla V S.p.a.;           II) violazione di legge ex art. 360, comma 1, n. 3 e 5 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 1176, 1218, 1225, 1227 cod. civ. e art. 186 d. lgs. n. 152/2006, per avere il giudice di merito omesso di esaminare le questioni attinenti la responsabilità contrattuale e comunque il proprio difetto di legittimazione passiva, derivante dal fatto del non essere stata parte contrattuale della V S.p.a.;           III) violazione di legge in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 e 5 cod. proc. civ., con riferimento all’art. 2043 cod. civ. ed alla valutazione di una responsabilità extra contrattuale nella causazione del danno nella rilevante quanto immotivata misura del venti per cento a carico della ricorrente ed erronea valutazione dell’onere della prova;           IV) violazione di legge, in relazione agli articoli 360, comma 1, n. 3 e 5 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2230, 2232 cod. civ., art. 2043 e 2055 cod. civ., artt. 174, 186, 188, 192 d.lgs. n. 152 del 2006, art. 2735 e 2697 cod. civ., per avere la Corte territoriale omesso di valutare le posizioni del direttore dei lavori M e della progettista L;           V) violazione di legge, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ. in relazione agli artt. 2043 e 2697 c.c. sulla commisurazione del danno e, prima ancora, sulla percentuale di responsabilità a carico di essa X S.r.l.; i primi due motivi possono essere congiuntamente scrutinati, in quanto strettamente connessi;           essi, nel loro comune articolato di fondo, concernente l’affermazione della (sola) responsabilità extracontrattuale anche a carico della X S.r.l., sono infondati: la domanda basata sul contratto intercorso tra la V s.p.a. e la S S.r.l., e avente di mira la risoluzione di detto contratto, era stata rinunciata dalla V S.p.a. e, quindi, non poteva essere fatta rivivere dalla X S.r.l., come esattamente affermato dalla Corte territoriale, che, quindi, ha ritenuto che la causa vertesse sulla sola responsabilità extracontrattuale da esercizio di attività pericolose, ai sensi sia dell’art. 2043 cod. civ. che dell’art. 2050 cod. civ., e che in detta guisa era stata pure prospettata sin dall’atto di citazione, nonché per violazione dell’(allora vigente) art. 186 d.lgs. n. 152 del 3/04/2006 (t.u. ambiente);           inoltre, il confronto tra le due conclusioni prese dalla V S.p.a. (in primo grado e di appello, come riportate nel controricorso della stessa, alle pag. 14 e segg.) consente di escludere la novità della domanda, ossia la cd. mutatio libelli e consente, quindi, di ritenere correttamente abbandonata la domanda basata sulla responsabilità contrattuale e di interpretare la domanda come articolata ai sensi del 2043 (e poi, sebbene con fattispecie correttamente esclusa, 2050) cod. civ.;           il secondo motivo, come detto, strettamente correlato al primo, torna sulla responsabilità di fonte contrattuale (derivante dal contratto intercorso tra V S.p.a. e S S.r.l.) per il trasporto dei terreni di risulta, ma in tal modo cade nello stesso modo del primo motivo, ossia a causa della rinuncia alla domanda di risoluzione del contratto operata dalla V S.p.a., quale appellante principale: correttamente la fonte della responsabilità esclusivamente aquiliana è stata individuata dalla Corte d’appello nell’evidenza dell’alterazione del materiale terroso infine recapitato alla V S.p.a.;           inoltre, e tanto sulla base di una valutazione meramente fattuale e al solo fine di integrare il compendio motivazionale, la S S.r.l. afferma, senza essere smentita, che fu la stessa X S.r.l. a chiederle di effettuare alcuni trasporti, verso la cava di (omissis), di carichi del terreno riveniente dai lavori di sbancamento effettuati nell’area contaminata di (omissis), via (omissis) e risulta ampiamente smentito, dal corposo tessuto motivazionale del giudice d’appello, alle pagg. 29 e 30, l’assunto dell’essere la X S.r.l. all’oscuro dell’inquinamento da idrocarburi del terreno sbancato, in quanto essa stessa aveva provveduto alle opere di escavazione e di caricamento sui camion della S S.r.l., tanto integrando una condotta rilevante ai sensi dell’art. 1227, comma 1, cod. civ. (sul cui ambito di incidenza, anche con riferimento alle norme della Costituzione si vedano Cass. n. 11698 del 26/05/2014 Rv. 631111 – 01 e Sez. U n. 24406 del 21/11/2011 Rv. 620070 - 01);           il terzo motivo è inammissibile perché censura impropriamente l’applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in quanto, lungi dal dedurre che il giudice del merito abbia applicato in modo errato l’art. 2697 cod. civ. accollando ad una parte anziché ad altra l’onere della prova (si vedano, in tema Cass. n. 26769 del 23/10/2018 Rv. 650892 – 01; Cass n. 13395 del 29/05/2018 Rv. 649038 – 01 e Cass. n. 15107 del 17/06/2013 Rv. 626907 - 01), propone soltanto una diversa lettura dei fatti di causa, ed è infondato nella parte in cui contesta la ricostruzione della responsabilità extracontrattuale, correttamente, come già prospettato, operata dalla Corte territoriale sulla base dell’art. 2043 cod. civ., e dunque non con riferimento a un’attività di per sé pericolosa, ossia con riferimento all’ambito dell’art. 2050 cod. civ., bensì quale illecito extracontrattuale generico, venendo in rilievo, nella fattispecie concreta, la sola movimentazione della terra;           il motivo è, pure, inammissibile sulla misura del concorso di responsabilità, individuata nella misura del venti per cento a carico della X S.r.l., per la natura fattuale del relativo apprezzamento sulla quale il giudice di legittimità non può esercitare alcun sindacato di merito;           il quarto mezzo è infondato: la posizione della L è quella di progettista dei lavori di costruzione e ciò in diretta correlazione alla sua qualità professionale di architetto e non vi è prova alcuna che ella fosse stata messa a conoscenza della qualità dei terreni edificabili, mentre per M, che aveva qualifica professionale di ingegnere, è dirimente l’affermazione, resa alla pag. 35, della Corte d’appello circa il fatto che egli non risultava neppure avere accettato l’incarico di direttore dei lavori, e risultava, peraltro, la nomina di altro soggetto (tal P, non chiamato in causa in alcun modo), con qualifica di geometra, quale direttore dei lavori di sbancamento;           inoltre, del tutto corretta e, comunque, fattuale la ricostruzione di impossibilità dei due professionisti, M e L, di conoscere l’inquinamento del terreno in base ai documenti – e segnatamente alla relazione geologica – a loro disposizione, inquinamento da idrocarburi divenuto manifesto soltanto in corso delle operazioni di sbancamento del terreno – alle quali essi, come scritto, erano estranei – movimentato dalla X S.r.l. con sua consegna finale nella cava della V S.p.a., risultata, a cagione di un carico di materiale terroso intriso di residui di idrocarburi, inquinata e quindi gravata degli oneri di bonifica;           il quinto motivo è inammissibile per le stesse ragioni relative all’improprietà della censura posta ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., esposta con riferimento al terzo motivo di ricorso, alla cui motivazione si rinvia e in quanto la censura si riduce a una non consentita, in questa sede di legittimità, richiesta di diverso apprezzamento dei fatti di causa, e segnatamente della valutazione che di essi il giudice dell’impugnazione di merito ha adeguatamente compiuto, al fine di pervenire all’individuazione della percentuale di responsabilità ascrivibile alla società, che aveva effettuato i lavori di sbancamento, e alla qualificazione di detta percentuale nella misura di un quinto (venti per cento);           il ricorso, nel riscontro di fattispecie di infondatezza e inammissibilità delle censure, è infondato;           il ricorso è rigettato;           le spese di lite seguono la soccombenza della società ricorrente (omissis).

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