Cass. Civ. Sez. II - Sent. 25543/2015

Produzione documentale in appello - Requisiti - Illiceità di interventi edilizi successivi a concessione edilizia - Inesistenza

18/12/2015

La sig. X conveniva in giudizio innanzi al Tribunale di Pesaro la sig. A, il sig. B e la soc. C. L’attrice chiedeva di dichiarare che i capannoni artigianali di proprietà dei convenuti facevano parte di un originario progetto unitario, assentito con C.E.; che A aveva realizzato un ampliamento senza l’autorizzazione degli altri comproprietari e che le aree a corte di tale immobile erano destinate a parcheggi e passaggi, con consequenziale condanna del medesimo A alla demolizione dell’ampliamento realizzato e al risarcimenti dei danni e con condanna della convenuta soc. C alla demolizione della recinzione a confine ed autorizzazione, in favore di essa attrice, alla diretta demolizione del cancello esistente fra la sua proprietà e quella di A. Si costituivano tutte le parti convenute contestando – sotto vari profili – l’avversa domanda attorea. La Soc. C eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva essendo proprietaria del capannone, da lei stessa solo utilizzato, la Soc. V Leasing; B eccepiva l’inammissibilità della domanda ed A deduceva l’infondatezza di ogni avversa pretesa attorea, essendo – peraltro – intervenuta una risalente scrittura privata del 1995 che aveva regolato reciproche concessioni inter partes quanto alla summenzionata recinzione, al cancello ed ai diritti di passaggio. Autorizzata e svolta la chiamata in causa della Soc. V Leasing, quest’ultima si costituiva in giudizio deduceva di non aver essa realizzato la recinzione cui si riferiva, nella domanda, l’attrice. L’adito tribunale di prima istanza rigettava le domande di parte attrice, che veniva condannata alla refusione delle spese di lite. Avverso tale decisione interponeva appello X chiedendo la riforma della decisione impugnata ed insistendo, per l’accoglimento delle domande già formulate in primo grado. Resistevano all’avverso gravame, di cui chiedevano il rigetto, le parti appellate (ad eccezione della sola V Leasing contumace in appello). L’adita Corte di Appello rigettava l’interposto appello e condannava l’appellante alla refusione delle ulteriori spese di lite del grado. …” Ritenuto in diritto 1) Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art.345 co. 3 c.p.c. in relazione all’art. 360, co. I, n. 3 c.p.c. e, comunque, contraddittoria ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia in relazione all’art. 360, co. I n. 5 c.p.c.” Il motivo, formulando in modo promiscuo censura di violazione di legge e censura relativa a carenza motivazione, pone – in sostanza – la questione della non ammissione di produzione documentale nel giudizio di secondo grado. In particolare si prospetta la presunta erroneità della decisione di non ammissione di documentazione prodotta in appello e ritenuta, in quella sede tardiva. Il motivo è del tutto infondato rispetto al duplice profilo delle censure sollevate. Innanzitutto la Corte Distrettuale, con congrua motivazione, ha dato conto del proprio decisum in ordine alla suddetta tardività della produzione documentale. Per di più, come risultante dalla corretta motivazione della sentenza impugnata, non vi è stata alcuna violazione di legge. La decisione della Corte territoriale ha evidenziato, in proposito, come i documenti (della cui produzione si richiedeva l’ammissione) non solo erano tardivamente prodotti senza giustificazione, ma – circostanza questa ancor più decisiva – non rivestivano il carattere di indispensabilità. Il motivo va, pertanto, respinto. 2) Con il secondo motivo di ricorso si deduce il vizio di “violazione e falsa applicazione dell’art. 18 della legge n. 765 del 1967 e comunque omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un punto decisivo della controversia, con riferimento alla valutazione delle risultanze istruttorie, in relazione all’art. 360, co. I n. 5 c.p.c.” Il motivo in esame, al pari di quello esaminato in precedenza, formula censure promiscue deducenti alternativamente violazione di norma di diritto e vizio di motivazione. Non si rinviene, tuttavia, alcuna necessaria indicazione ed allegazione quanto alla circostanza che il profilo oggetto della odierna censura di ricorso sai stato, come dovevasi, già sollevato ed affrontato nel secondo grado del giudizio. Parte ricorrente, con scarno accenno, afferma che “trattasi peraltro di motivo di gravame già analiticamente denunciato in sede di atto di appello”, senza tuttavia fornire – come doveva – adeguate indicazioni sulla circostanza meramente affermata. Il motivo in esame deve, dunque, ritenersi inammissibile per difetto di autosufficienza. 3) Con il terzo motivo parte ricorrente lamenta “omessa ed insufficiente motivazione con riguardo ad uno specifico motivo di censura della sentenza”. Viene riproposta, col motivo qui in esame, la questione della “indubbia efficacia pubblicistica erga omnes della concessione edilizia” con conseguente “inopponibilità ai resistenti del vincolo imposto dalla concessione 322/79” e, quindi, con integrazione dell’”illiceità degli interventi avvenuti successivamente alla concessione edilizia 141/1978”. Il motivo è infondato in quanto non vi era nessun vincolo nella citata C.E. ed, anzi la ricorrente avrebbe dovuto essa dare assenso al vincolo stesso con apposito atto di assenso. In punto la gravata sentenza, con congrua motivazione, dava già atto dell’inesistenza del presente vincolo, dando poi atto che il medesimo vincolo – qualora sussistente – avrebbe “determinato quale immediata conseguenza la necessità di un assenso”. Il motivo deve, pertanto, essere rigettato. 4) Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di “violazione e falsa applicazione degli artt. 1965 e 41 sexies L. 1250/42 con riferimento all’art. 360 n. 3”. In sostanza viene prospettata la nullità della transazione inter partes per il passaggio in quanto la stessa avrebbe statuito in relazione ad un’area urbanisticamente vincolata. Il motivo presenta vari motivi di inammissibilità. La censura svolta non viene corredata dall’indicazione della precedente sede in cui la questione è stata sollevata. Il regime vincolistico preteso dalla ricorrente, al fine della prospettata nullità della transazione, si applicava comunque – come ben rilevato dalla Corte Distrettuale – alle nuove costruzioni e non, come nell’ipotesi in giudizio, agli ampliamenti. Il motivo è, dunque, infondato e va respinto. 5) Con il quinto motivo del ricorso si lamenta “omessa ed insufficiente motivazione … con riferimenti alla valutazione delle risultanze istruttorie concordi nel ritenere l’esistenza di un progetto unitario”. Il motivo è inammissibile in quanto tende alla rivalutazione, in questa sede non più possibile, delle risultanze istruttorie già correttamente valutate nella competente sede dal Giudice del merito. 6) Con il sesto motivo di denuncia la “violazione e falsa applicazione degli artt. 244 ss., 191 ss., 115 ss. C.p.c. e 2697 c.c. ai sensi dell’art. 360, n. 3 (nonché) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in relazione alla pronuncia di rigetto delle istanze di prova per testi e per CTU”. Il motivo è del tutto inammissibile. Con riguardo alla pretesa censura di violazione di legge la stessa, formulata ai sensi dell’art. 360, n. 3 c.p.c., va evidenziato che “le violazioni degli artt. 115 e 116 c.p.c. sono apprezzabili nei limiti del vizio di motivazione descritto nell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 e devono pertanto emergere direttamente dalla lettura della sentenza e non già del riesame degli atti” (Cass. n.ri 2707/2004 e 14267/2006). In ogni caso le prove di cui oggi parte ricorrente lamenta la non ammissione risultano non ammesse sulla base di ordinanza, poi confermata in sentenza, che con motivazione priva di vizi logici e giuridici ha adeguatamente già dato conto della ragione di legge della non ammissibilità di dette prove. 7) Alla stregua di quanto innanzi affermato il ricorso deve essere rigettato. “…

© Artistiko Web Agency