Autorizzazione comunale per la costruzione di un manufatto destinato a struttura passiva a banda larga – concessione in comodato di area del demanio stradale al concessionario pubblico realizzatore – legittimità

20.11.2023 – TAR Marche - Sent. 749/2023 - Pres. Daniele Est. Capitanio

27/11/2023

… “1. La società ricorrente, nella spiegata qualità di proprietaria di un compendio immobiliare ricadente nel territorio di X e oggetto di una convenzione urbanistica stipulata con il Comune nel 1980 (e oggetto di successive varianti, l’ultima delle quali intervenuta nel 1999), impugna con il presente ricorso:

- la deliberazione di Giunta Comunale (omissis) marzo 2022, alla quale è allegato lo schema di contratto di comodato d’uso gratuito di cui si dirà infra;

- la nota del Comune di X (omissis) maggio 2022;

- la determinazione del responsabile del Settore Tecnico (omissis) aprile 2022, prot. (omissis), avente ad oggetto “Variante all’istanza di autorizzazione per la costruzione di una infrastruttura passiva a banda ultra larga (rete di telecomunicazione in fibra ottica) nelle aree bianche del territorio dei comuni di X, (e altri ndr) - installazione di un locale tecnico - approvazione progetto e contratto di comodato d’uso gratuito del terreno di proprietà comunale”;

- la determinazione del responsabile del Settore Tecnico (omissis) aprile 2020, prot. (omissis);

- nonché ogni atto, provvedimento e parere, anche di carattere istruttorio, ivi compreso il contratto di comodato d’uso gratuito, nonché la convenzione con W S.p.A., approvata con deliberazione di G.C. n. 104 del 28 luglio 2017, di cui si chiede l’eventuale disapplicazione.

2. In punto di fatto va premesso quanto segue.

2.1. La presente controversia si inserisce nell’ambito dell’attuazione della “Strategia nazionale per la banda ultra larga” (la quale, a sua volta, recepisce l’”Agenda Digitale Europea”), che, come noto, ha l’obiettivo di consentire una capillare diffusione delle tecnologie a banda ultra larga su tutto il territorio nazionale. Quanto allo specifico territorio regionale delle Marche, in attuazione delle predette politiche e al fine di consentire agli operatori l’installazione delle necessarie infrastrutture, la Regione stipulava un accordo di programma con il Ministero dello Sviluppo Economico, a sua volta comportante la formazione di singole convenzioni tra la società in house del M.I.S.E. a ciò delegata, W S.p.A., e i Comuni delle Marche.

Nel contempo W aveva indetto la gara per la costruzione e la gestione delle infrastrutture a banda ultra larga nelle c.d. “aree bianche”, di cui era risultata aggiudicataria la società B S.p.A. Va precisato che per “aree bianche” devono intendersi aree meno densamente popolate, dove la diffusione della banda larga non viene promossa da fondi privati e risulta viceversa necessario, al fine di garantire un’uniforme diffusione della tecnologia de qua, indire e aggiudicare una specifica gara pubblica. Limitatamente a dette aree bianche, dunque, B S.p.A. opera quale concessionario pubblico per la realizzazione, gestione e manutenzione dell’infrastruttura di rete per un periodo di venti anni, sì da ridurre il divario in diffusione della tecnologia tra aree più densamente e meno densamente popolate.

2.2. B, in esecuzione del tratteggiato progetto, il 10 agosto 2017 sottoscriveva apposita convenzione con il Comune di X per stabilire le modalità di realizzazione delle infrastrutture, con impegno da parte del Comune e della società alla successiva individuazione di siti idonei all’installazione dei locali tecnici necessari.

In esecuzione della predetta convenzione, B presentava richiesta di autorizzazione per la costruzione di un’infrastruttura passiva a banda ultra larga nelle aree bianche del territorio dei Comuni di X (e altri n.d.r).

Essendo il Comune di maggiore dimensione demografica, il Municipio di X era chiamato a indire una conferenza di servizi decisoria ai sensi dell’art. 88 del D.Lgs. n. 259/2003, avente ad oggetto la localizzazione dell’infrastruttura e l’esecuzione dei lavori. A conclusione della procedura, il Comune di X adottava la determinazione n. 161 del 4 ottobre 2019, con la quale prendeva atto delle risultanze della conferenza e autorizzava B all'installazione dell’infrastruttura.

Successivamente, in data 3 dicembre 2020 B presentava istanza ex art. 88 del D.Lgs. n. 259/2003 per la realizzazione del P.C.N. (Punto di Consegna Neutro), individuando quale sito a ciò idoneo un frustolo di terreno di proprietà comunale ricadente in una traversa di Via V nel territorio di X. Per P.C.N. deve intendersi un punto della rete che rende possibile l’accesso alle infrastrutture realizzate da B agli operatori di telecomunicazioni, che possono a loro volta vendere i servizi/abbonamenti ai clienti finali, consentendo l’effettivo utilizzo della tecnologia a banda larga per tutto l’aggregato di Comuni interessati dall’intervento.

Nella specie, la realizzazione del manufatto in questione richiedeva la posa di uno shelter metallico, all’interno del quale installare gli apparati di fibra ottica, per cui era necessario individuare un lotto di terreno sufficientemente ampio e facilmente accessibile da parte degli operatori delle compagnie di telecomunicazioni.

2.3. Con determinazione del responsabile del Settore tecnico n. (omissis) aprile 2020 e deliberazione della Giunta Comunale n. (omissis) marzo 2022, il Comune approvava lo schema di contratto d’uso gratuito con il quale comodava l’area a B per la realizzazione del P.C.N., mentre con la determinazione del responsabile del Settore Tecnico n. (omissis) aprile 2022 venivano approvate alcune varianti progettuali.

L’area individuata per l’installazione del manufatto è costituita da un frustolo di terreno oggetto di donazione da parte della società ricorrente al Comune di X con atto pubblico del (omissis) 2002, in esecuzione di una convenzione urbanistica del (omissis) 1980, il quale terreno, secondo la ricostruzione comunale, sarebbe un’area priva di toponomastica stradale e accatastata come “Qualità Semin Arbor classe 2”, mentre, secondo la ricostruzione della ditta (ricorrente n.d.r.), sarebbe una strada denominata Via V e appartenente dunque demanio stradale comunale.

2.4. Avverso le determinazioni dell’amministrazione, la ditta odierna ricorrente insorgeva in data 26 aprile 2022, diffidando il Comune dal procedere alla costruzione del P.C.N., allegando i fatti sopra esposti, chiedendo di poter conoscere i dati relativi alle emissioni elettromagnetiche prodotte dall’infrastruttura e, da ultimo, allegando l’aggravio per la proprietà privata confinante derivante dalla installazione dello shelter e degli impianti in esso ospitati.

Il Comune riscontrava detta comunicazione con nota del 25 maggio 2022, nella quale confermava le determinazioni assunte e osservava che la progettazione e l’esecuzione del P.C.N. erano da ritenersi di competenza regionale.

Per l’effetto, la ditta S inoltrava comunicazione del medesimo tenore alla Regione Marche con pec del 27 maggio 2022, che secondo la ricorrente sarebbe rimasta inevasa, ma che la Regione ha invece riscontrata con nota del 10 giugno 2022, in cui si precisava che in capo all’amministrazione regionale non erano individuabili le funzioni di stazione appaltante e di ente attuatore, funzioni svolte rispettivamente da W S.p.A. e da B S.p.A.

3. Non ritenendo legittimo l’operato del Comune di X (ed eventualmente della Regione Marche), la ditta S ha dunque proposto il presente ricorso, affidato ai seguenti motivi:

a) violazione degli artt. 822, 823 e 824 c.c., anche in relazione all’art. 1418 c.c. in tema di nullità. Violazione degli artt. 42, 48 e 107 del D.Lgs. n. 267/2000 in tema di attribuzione affidate al Consiglio Comunale, anche in relazione allo Statuto. Violazione del regolamento di contabilità e del regolamento per la disciplina dei contratti di lavori, servizi e forniture per l’alienazione dei beni del Comune di X. Eccesso di potere per difetto di competenza della Giunta comunale. Illegittimità derivata;

b) violazione dei principi fondamentali di cui alla L. n. 241 del 1990 in relazione alla omessa motivazione ed istruttoria in relazione alla scelta del posizionamento della struttura, con conseguente individuazione dell’area. Violazione di legge in relazione ai principi di precauzione, proporzionalità e adeguatezza, anche in termini economici. Eccesso di potere per difetto di motivazione e omessa istruttoria. Eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità della scelta compiuta. Illegittimità derivata.

4. Si sono costituiti in giudizio la Regione Marche, B e il Comune di X, i quali hanno controdedotto rispetto a tutte le censure avversarie, eccependo preliminarmente la tardività del ricorso. La Regione ha anche reclamato la propria estraneità al giudizio, per le medesime ragioni già rese note alla ricorrente in sede amministrativa.

Con ordinanza n. 283/2022 il Tribunale fissava per il 25 ottobre 2023 l’udienza di trattazione del merito. In vista di tale udienza le parti depositavano documenti e memorie conclusionali.

5. Il ricorso va respinto nel merito, il che esonera il Collegio dall’esame delle eccezioni preliminari sollevate in particolare dalla difesa comunale e dal patrocinio di B.

Quanto alla posizione della Regione, il Collegio non ritiene di dover disporre l’estromissione dal giudizio dell’ente, in quanto, seppure gli atti impugnati non le siano direttamente imputabili, la Regione è comunque parte della complessa macchina amministrativa incaricata di dare attuazione alla “Strategia nazionale per la banda ultra larga”.

6. Passando dunque a trattare il merito della vicenda, è necessario anzitutto osservare che, come è noto, il fatto che una determinata area sia individuata dal P.R.G. o da un piano attuativo come destinata alla viabilità o ad un altro uso similare non preclude che in quell’area possano essere installati impianti di vario tipo, e questo sia in relazione agli aspetti più propriamente tecnici, sia con riguardo al profilo fisico. Si vuol dire, cioè, che il P.R.G. deve necessariamente individuare aree molto più estese di quelle necessarie per ospitare la carreggiata stradale vera e propria, essendo noto che le strade devono disporre anche di spazi accessori destinati a fascia di rispetto e/o ad ospitare tutte quelle pertinenze tecnologiche che, a seconda della categoria di strada di cui si parla, debbono essere necessariamente presenti.

Ma, una volta realizzata la strada e le sue pertinenze tecnologiche, nulla vieta che gli spazi residui (che dal punto di vista urbanistico conservano pur sempre la destinazione a viabilità/parcheggi) possano essere utilizzati per ospitare impianti tecnologici compatibili con lo stato dei luoghi. Le antenne per la telefonia e, in genere, le infrastrutture per le comunicazioni costituiscono al riguardo una delle tipologie di impianti che meglio si collocano in tali contesti, viste le loro caratteristiche costruttive (le antenne per la telefonia, in effetti, sono molto simili ai pali dell’illuminazione pubblica).

Nella specie, come si può facilmente osservare esaminando la documentazione fotografica versata in atti, il sito prescelto dal Comune in accordo con B è la parte terminale di una traversa di Via V che termina al confine di un lotto edificato, per cui non ha via di uscita e può al massimo essere utilizzata come spazio di sosta. Si tratta dunque di area che, sebbene dal punto di vista urbanistica sia destinata alla viabilità, di fatto non lo è mai stata e mai lo sarà.

Questo è tanto vero che, al di là della formale intestazione dei motivi di ricorso, la ditta S appunta i suoi rilievi su due aspetti:

- da un lato, l’asserita incidenza (in termini negativi) dell’opera de qua sul valore commerciale delle abitazioni che la stessa ricorrente deve realizzare sui lotti contermini in esecuzione della convenzione urbanistica stipulata con il Comune nel 1980 (operazione nell’ambito della quale è avvenuta la cessione gratuita all’amministrazione del frustolo di terreno per cui è causa);

- dall’altro lato, i rischi per salute umana derivanti dalle emissioni elettromagnetiche prodotte dall’impianto B.

Rispetto a tali profili si possono svolgere le seguenti considerazioni.

6.1. Per quanto concerne il primo aspetto, la ricorrente non ha in alcun modo provato che la presenza del manufatto per cui è giudizio le impedisce lo sfruttamento edificatorio dei lotti inseriti nella convenzione urbanistica a suo tempo stipulata con il Comune e negli stessi termini di cui alla convenzione. Al riguardo va infatti osservato che la relazione a firma dell’ing. A allegata al ricorso non indica le specifiche ragioni tecniche per le quali la presenza del manufatto installato da B limita le potenzialità edificatorie della lottizzazione. Non sono stati infatti prodotti gli elaborati progettuali della lottizzazione dai quali si dovrebbe evincere, ad esempio, che la presenza dello shelter costringerebbe i progettisti a rivedere la collocazione sul terreno dei corpi di fabbrica e/o delle strade della lottizzazione e/o degli accessi al quartiere.

Né al riguardo è sufficiente invocare l’impatto visivo dello shelter, perché questo elemento non ha alcun rilievo dal punto di vista urbanistico, mentre non risultano analoghe doglianze da parte dei soggetti che già risiedono nella zona.

6.2. Per quanto concerne il secondo aspetto, si tratta di argomento del tutto pretestuoso, visto che l’impianto per cui è causa non è una stazione radio base per telefonia (rispetto alla quale varrebbero comunque i valori di emissione stabiliti dal D.P.C.M. 8 luglio 2003, il cui rispetto deve essere attestato dall’A.R.P.A.M.). Nella specie, infatti, si tratta di infrastruttura necessaria per lo sviluppo della fibra ottica e dunque di un impianto che non produce alcuna emissione elettromagnetica degna di attenzione.

7. Ciò detto, e passando ad esaminare i motivi di ricorso per come essi sono stati esposti, il Tribunale osserva quanto segue.

7.1. E’ abbastanza singolare l’assunto per cui i beni demaniali non potrebbero essere oggetto di diritti da parte di terzi se non previa sdemanializzazione. Se così fosse, infatti, sarebbe abbastanza difficile spiegare la vicenda delle concessioni demaniali marittime. In realtà, l’ordinamento vieta solo che sui beni demaniali possano sorgere diritti dei privati tali per cui l’ente pubblico proprietario perda in sostanza la titolarità del bene. E infatti nelle concessioni demaniali è sempre apposta la clausola in base alla quale l’ente concedente può in ogni momento riappropriarsi del bene laddove sussistano comprovate ragioni di pubblico interesse (fermo restando, se previsto, l’indennizzo in favore del concessionario).

E’ vero che nella specie il Comune ha costituito in favore di B un comodato gratuito e non un diritto di concessione, ma questo è dipeso solo dal fatto che la normativa di settore vieta alle amministrazioni pubbliche di addossare ai soggetti attuatori della Strategia costi ulteriori (quali, per l’appunto, canoni di concessione o analoghi pesi). In questo senso il comodato gratuito, per una durata di venti anni, rappresentava lo strumento giuridico ad hoc. Peraltro nel contratto è stata inserita una clausola che consente al Comune di rientrare in possesso del bene in caso lo stesso sia da utilizzare per scopi di pubblico interesse.

Va in ogni caso considerato che, come correttamente eccepito in particolare da B, gli interventi de quibus sono qualificabili come opere di pubblica utilità, assimilate alle opere di urbanizzazione primaria. Per l’effetto il P.C.N. potrebbe essere collocato in qualsivoglia zona del territorio comunale a prescindere dalla sua destinazione funzionale, comprese dunque anche le aree appartenenti al demanio stradale.

La mera natura demaniale dell’area non può dunque essere opposta come elemento di per sé ostativo al posizionamento del P.C.N.

Al riguardo vanno altresì ricordate le disposizioni specifiche relative ai procedimenti autorizzatori contemplate dal D.Lgs. n. 259/2003, recentemente novellato dal D.Lgs. n. 207/2021, ed in particolare l’art. 43. Dal testo dell’articolo risulta di tutta chiarezza come le operazioni volte alla posa di infrastrutture in fibra ottica godano di una disciplina del tutto specifica e vengano non solo equiparate a tutti gli effetti a opere di urbanizzazione primaria, ma altresì sottratte alla disciplina edilizia e urbanistica ordinariamente vigente, ivi ricompresa quella concernente l’attività edilizia dei privati su aree demaniali (pacificamente disciplinata proprio dal testo unico sull’edilizia D.P.R. 380/2001, art. 8). Viceversa per la medesima fibra ottica, in quanto classificabile rete di comunicazione elettronica, trova applicazione l’art. 49 del D.Lgs. n. 259/2003, il quale prevede un apposito procedimento, tra l’altro disponendo che “Il rilascio dell'autorizzazione comporta l'autorizzazione alla effettuazione degli scavi e delle eventuali opere civili indicati nel progetto, nonché la concessione del suolo o sottosuolo pubblico necessario all'installazione delle infrastrutture. Il comune può mettere a disposizione, direttamente o per il tramite di una società controllata, infrastrutture a condizioni eque, trasparenti e non discriminatorie”.

Dal coacervo di disposizioni menzionate si evince chiaramente che anche le aree demaniali possono essere oggetto di interventi per l’installazione della banda ultra larga, dal che consegue l’infondatezza di tutte le censure svolte dalla ricorrente in merito a tale supposta incompatibilità.

7.2. Quanto alla questione di competenza, va anzitutto evidenziato che la difesa comunale sostiene che, non essendo mai stato destinato ad un uso pubblico, il frustolo di terreno in questione, quand’anche avesse in origine natura di bene demaniale, ha perso tale qualità per effetto di sdemanializzazione tacita (istituto pacificamente ammesso in dottrina e in giurisprudenza), di talché non era necessario nella specie avviare il procedimento di sdemanializzazione espressa, questo sì di competenza del Consiglio Comunale.

La questione non è dirimente, alla luce delle considerazioni espresse in precedenza circa la possibilità di realizzare gli impianti de quibus anche in aree demaniali.

Ne consegue l’infondatezza della censura relativa all’incompetenza della Giunta Comunale, organo al quale spetta l’indicazione ai dirigenti delle linee di indirizzo gestionali dei beni comunali.

Naturalmente questo discorso non implica che ogni bene demaniale sia liberamente sottraibile al suo naturale utilizzo da parte della collettività in assenza della sua preventiva sdemanializzazione, ma è del tutto evidente che a tal riguardo rilevano in senso dirimente le caratteristiche fisiche e la collocazione di ogni singolo bene. E infatti, mentre per le spiagge demaniali la sottrazione all’uso pubblico avviene all’esito di procedure comparative (le quali, a loro volta, sono legittimate dal c.d. Piano spiaggia, il quale deve individuare anche le aree destinate all’uso indistinto e gratuito della collettività - le c.d. spiagge libere), i frustoli di terreno che fiancheggiano le strade pubbliche o altre infrastrutture di pubblica utilità (ossia beni che non si prestano fisicamente ad un utilizzo da parte della collettività) ben possono essere concessi senza eccessive formalità ai soggetti che ne fanno richiesta, salvo che non si dimostri che l’utilizzo di quel bene da parte di un privato incide su uno specifico interesse della collettività.

7.3. Con riguardo, invece, all’asserito difetto di istruttoria e di motivazione, è da evidenziare che la scelta del sito è stata evidentemente il frutto di valutazioni operative svolte di concerto fra il Comune e B, le quali non dovevano necessariamente tradursi in atti formali. Non si è infatti in presenza di atti di pianificazione del territorio che implicano scelte strategiche o che comunque incidono su un’area vasta, ma della individuazione di un sito puntuale destinato all’installazione di un manufatto di piccole dimensioni. In questo senso non si poteva pretendere che il Comune procedesse ad una valutazione comparativa fra più siti dando conto del rapporto costo/benefici rispetto a ciascuno di essi, dovendosi sempre tenere conto, in questo caso a favore del proponente, dei principi di proporzionalità e adeguatezza. In effetti, non si poteva chiedere a B di effettuare una ricerca estesa a tutto il territorio comunale e di dimostrare che quello in oggetto era il sito migliore. Né in questa sede si può contestare il merito della scelta del sito, la quale è maturata anche nell’ambito della conferenza di servizi decisoria svoltasi nel 2019.

Ma, del resto, la presente censura va letta alla luce dell’assunto (non dimostrato, come si è osservato al precedente § 6.1.) secondo cui la presenza del manufatto in questione incide sul valore delle aree adiacenti su cui la ditta ricorrente deve realizzare il piano di lottizzazione. Non essendo stata comprovata tale incidenza, la presente censura assume valore meramente strumentale, e come tale va dichiarata infondata. Ne discende che nella specie non dovevano essere coinvolti nel procedimento di scelta del sito i proprietari dei terreni adiacenti, fra cui la ditta S.

Da tutto ciò consegue, ulteriormente, il rigetto dell’istanza istruttoria articolata dalla ricorrente, finalizzata ad ottenere dal T.A.R. l’effettuazione di una c.t.u. o verificazione.

8. In conclusione, il ricorso va respinto.

Le spese del giudizio si possono eccezionalmente compensare, stante la parziale novità di alcune delle questioni trattate. (omissis)

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