Trib. Sup. acque pubbliche, Sent. n. 121/2010, Pres. Paolini – Est. Lamberti.

21/04/2010

La società X presentava alla Provincia di Y varie domande di concessione di derivazione idrica per uso idroelettrico; alcune istanze venivano rigettate. La società interessata proponeva unico ricorso contro tali provvedimenti di diniego e avverso due delibere della Giunta provinciale, ovvero la delibera G.P. n. 384/2009, recante i primi criteri per l’istruttoria dei procedimenti inerenti la richiesta di nuove derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico, e la delibera G.P. n. 42/2009, riguardante i criteri per lo svolgimento dei procedimenti relativi alle richieste di nuove derivazioni d’acqua ad uso idroelettrico, al fine di ottenerne l’annullamento. Il Tribunale superiore delle acque pubbliche, dopo aver pregiudizialmente esaminato le eccezioni di rito proposte dalla Provincia di Y, respingendole integralmente, analizza il merito della questione. In primis, prende in considerazione le censure dirette avverso i provvedimenti n. 384/2008 e n. 42/2008, disattendendole integralmente. In particolare, circa la supposta incompetenza della Provincia ad adottare un atto normativo programmatico in materia di risorse idriche, in quanto i progetti proposti fanno riferimento al piano di tutela, o comunque rientrerebbero nelle concessioni di derivazioni ad uso idroelettrico di spettanza della Regione, si è rilevato come l’art. 2 della l.r. Marche n. 65/2006 ha attribuito alla Provincia l’esercizio delle funzioni amministrative di cui all’art 52 della l.r. Marche 10/1999 e all’art. 16 della l.r. Marche 13/1999. Si sottolinea inoltre come, con i provvedimenti n. 384/2008 e n. 42/2009, la Provincia abbia dettato in via generale i criteri sui procedimenti di rilascio delle nuove derivazioni, così disciplinando l’esercizio della potestà di regolare con atti generali la gestione del proprio demanio idrico con riferimento alle derivazioni di acque pubbliche ed alla gestione delle opere idrauliche, secondo i limiti previsti dalle leggi regionali. Sono inconferenti oltre che infondati i rilievi della ricorrente di difetto di attribuzioni della Provincia a disciplinare la materia perché connessa al piano di tutela delle acque, attribuito dall’art. 121 D.lgs. n. 152/2006 alle Regioni nei cui riguardi le Province possono esercitare potestà di assentimento e non deliberante in via primaria”. “E’, invero, evidente il diverso piano programmatorio in cui opera il piano di tutela delle acque, come strumento di carattere generale rimesso al potere delle Regioni e quello in cui si muovono le deliberazioni in esame, dirette più semplicemente alla disciplina dei provvedimenti autorizzatori dell’utilizzo delle risorse”. Il Tribunale disattende anche l’ulteriore censura di violazione dell’art. 8 del r.d. n. 1775/1933 e dell’art. 13 della l.r. Marche n. 5/2006, per avere la Provincia rigettato le quattro istanze della ricorrente sulla base del solo richiamo ai criteri della deliberazione n. 348/2008. “Sulla scorta dei precetti costituzionali contenuti negli artt. 117, co. 3, e 118, circa la competenza ripartita in materia di governo del territorio (arg. Corte Cost., 30.7.2009, n. 254), ben può la Regione integrare con autonomi provvedimenti a carattere generale le prescrizioni del r.d. n. 1775/1933, altrettanto possono fare nell’esercizio dei poteri delegati le Province”. Si afferma, altresì, che vanno respinte le ulteriori censure di illogicità del comportamento della Provincia e di incompletezza e di irrazionalità dei relativi provvedimenti. “Invero le deliberazioni n. 384/2008 e n. 42/2009 costituiscono un sistema compiuto e definito di criteri per il rilascio delle autorizzazioni: sono perciò infondati i rilievi di provvisorietà e di indeterminatezza del loro contenuto”. “E’ irrilevante, ai fini del buon andamento, che nella Regione Marche le Province siano titolari della disciplina in materia di derivazioni sin dal 1999 (l.r. 10/1999 e l.r. 13/1999) ed abbiano provveduto sulle istanze dei privati dopo nove anni: solo con la legge del 2006 n. 65 (e pertanto dopo sei anni dalla formale attribuzione della competenza) alle Province è stato conferito l’esercizio delle funzioni amministrative ed esse hanno avuto la potestà e gli strumenti di provvedere nel merito”. “Sono, inoltre, da scrivere a discrezionalità tecnica dell’amministrazione i criteri per il rilascio delle autorizzazioni contenuti nelle deliberazioni impugnate …..”. Infine il Giudice afferma come “non sia ravvisabile alcun contrasto con l’art. 13 della l.r. n. 5/2006 e con l’art. 7 del r.d. 1775/1933 nella convocazione della conferenza dei servizi nei trenta giorni dalla domanda rispetto alla successiva comunicazione al richiedente dell’avvio del procedimento: in quanto le osservazioni possono comunque essere esaminate alla conferenza nel corso dei lavori successivi all’avvio e pertanto il precedente avvio della conferenza non priva gli interessati della facoltà di presentare osservazioni”. Si esaminano, poi, i motivi dedotti nei confronti dei provvedimenti di rigetto delle autorizzazioni. La Provincia nei propri scritti difensivi, chiariva che l’area interessata dalle quattro richieste di autorizzazione era già oggetto di concessione di grande derivazione a favore di un Consorzio di Bonifica Integrale utilizzata anche come riserva idropotabile per l’approvvigionamento di alcuni comuni: la concessione in atto rendeva impossibile la realizzazione delle opere di deviazione proposte dalla ricorrente. Il Tribunale, innanzitutto, disattende la censura di difetto di motivazione e di istruttoria, “considerato il precipuo, ancorché sintetico, riferimento nei provvedimenti impugnati ai motivi del rigetto che trovano comune causa negli oneri di materia di sicurezza e protezione civile che fanno capo agli enti locali in occasione degli eventi di piena, in caso di collasso a livello strutturale e in situazioni di emergenza idrica che potrebbero essere compromessi da un diverso uso delle opere idrauliche e dell’acqua concessa”. Con riferimento alla seconda censura avanzata, ovvero la supposta irregolarità del procedimento seguito dalla Provincia che non avrebbe dato corso alla pubblicazione delle domande della ricorrente e non avrebbe dato luogo all’emanazione dell’avviso di avvio del procedimento, ne viene dichiarata l’inammissibilità in quanto gli adempimenti procedimentali, la cui carenza la ricorrente denuncia, sono posti a tutela dei terzi rispetto al richiedente, vale a dire dei soggetti estranei alla persona o all’ente che propone la domanda di definizione e sono diretti ad introdurre nel procedimento loro interessi e non quelli di chi propone l’istanza. Che l’istruttoria venga avviata prima o dopo la pubblicazione delle domande, nuoce potenzialmente ad altri soggetti, diversi dal proponente che non può pertanto lamentare l’irregolarità dell’istruttoria, semprechè essa sia esistente”. Si rileva, inoltre, come la società ricorrente “è sempre stata posta in grado da parte dell’autorità decidente di conoscere lo svolgersi delle fasi procedimentali: non è conseguentemente rilevabile alcuna irregolarità per mancanza dell’avviso di rigetto”. Infine, inammissibile perché immotivata viene ritenuta la censura di abnormità dei provvedimenti derivanti, secondo la società ricorrente, dal fatto che i provvedimenti medesimi avrebbero dovuto sospendere e non respingere la domanda di derivazione. Il Tribunale afferma, infatti, che “al momento dell’adozione dei dinieghi, la delibera n. 178 del 2008 di sospensione temporanea dell’esame delle domande aveva già esaurito i suoi effetti, sicché l’autorità decidente doveva provvedere in modo definitivo e non adottare atti soprassessori”.

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