Trib. Pesaro, Sent. n. 2851 – Est. Miscione

Inadempimento contrattuale

20/11/2006

La società X svolgente attività di internet provider conveniva in giudizio la società di telecomunicazioni y deducendo che, contrariamente a quanto pattuito con contratto, la convenuta inviava fatture con costi tariffari temporizzati per un servizio di Numero Verde in base al quale, a fronte delle prestazioni fornite, la società x avrebbe dovuto pagare solo un costo fisso mensile. La società convenuta, dopo aver inviato per oltre due anni e mezzo fatture per il corrispettivo fisso pattuito, inviava successivamente fatture per un importo ******* relativo a “costi chiamate”, addebitate alla società di internet provider, sostenendo che la tariffa fissa mensile costituiva una promozione contrattualmente prevista per i soli primi sei mesi, poi prorogata per circa due anni spontaneamente dalla società erogatrice stessa, che, a sua discrezione e senza preavviso, l’aveva unilateralmente sospesa, sostituendovi l’ordinario regime tariffario praticato alla generalità della utenza. L’attrice contestava le fatture relative ai “costi chiamate” facendo presente che il canone pattuito era quello forfettizzato regolarmente pagato per oltre due anni e mezzo e si vedeva costretta a disdire il servizio, e agiva in giudizio per la declaratoria di interesse di diritto di credito alcuno della convenuta nei suoi confronti. Il Tribunale ha accolto la domanda. Riprendendo quanto statuito nelle motivazioni della sentenza in esame “seppure si concorda con la società convenuta che non vi era a suo carico l’obbligo di una preventiva comunicazione riguardo alla cessazione dell’agevolazione pattuita, non pare dubbio che la parte contraente, giusta l’art. 1375 c.c., era tenuta ad eseguire il contratto secondo buona fede”. Il giudice, specificado come la società di telecomunicazioni non avesse neppure al momento della cessazione del periodo iniziale dei sei mesi fatta alcuna comunicazione ed avesse, unilateralmente, prorogato il regime beneficiato, afferma che questo comportamento “lasciava indurre nell’altra parte la persistenza continua del canone agevolato e determinava una legittima aspettativa in questo senso, che gli attribuiva in buona fede il diritto di una possibile eventuale revisione delle condizioni contrattuali o di una risoluzione del contratto”, si che “il comportamento della società y, che dopo due anni e mezzo di vigenza di un certo rapporto contrattuale, mutava i termini essenziali dell’esecuzione del contratto, sia pure riportandolo alle convenzioni originarie, costituisce un comportamento in violazione dell’obbligo di correttezza e di buona fede”. Alla luce di quanto premesso, il giudice, ha stabilito che “i pagamenti di cui alle fatture non sono quindi dovuti se non nei limiti del regime forfettario precedentemente pattuito”.

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