TAR Marche– Sent. N. 12/2010 - Presidente FF Ranalli – Estensore Tacchi

Tutela degli ambienti naturali (aree floristiche regionali) –– imposizione di vincolo - azione di risarcimento dei danni avanti l’A.G.O., – mancata proposizione di domanda specifica anche avanti il TAR – conseguenze.

25/01/2010

Il Tribunale Amministrativo Regionale per le Marche ha respinto in quanto ritenuto improcedibile il ricorso presentato dalla Società X, volto ad ottenere l’annullamento della deliberazione della Giunta della Regione Marche con la quale si approvava la ridelimitazione dell’area floristica che interessava alcuni terreni di proprietà della società X giusta art. 7 della L.R. 30.12.1974, n. 52 [“Provvedimenti per la tutela degli ambienti naturali”]. Il Collegio preliminarmente dava atto che “…..la sopravvenienza della deliberazione di G.R. n. 1467/1998 affrancando integralmente dal vincolo floristico i terreni di proprietà della società ricorrente, ha fatto venir meno l’interesse di questa a coltivare l’attuale gravame, diretto all’annullamento degli atti impugnati”. La valenza ex nunc dei provvedimenti non elide però secondo il Tribunale l’interesse ad una pronuncia sulla legittimità degli atti impugnati, anche al fine di determinare un eventuale pregiudizio risentito medio tempore, cioè nel periodo intercorso tra l’adozione degli atti stessi (le deliberazioni di G.R. n. 2393/1992 e n. 4019/1993) ed il loro venir meno insito nella deliberazione di G. R. n. 1467/1998. Premesso che nel 1997 “…… il criterio di riparto della giurisdizione era nel senso di attribuire all’A.G.O. la cognizione in tema di diritti soggettivi e che era vigente l’articolo 7 della legge T.A.R. nella sua formulazione originaria, a mente della quale, pur essendo attribuita ai Tribunali Amministrativi Regionali, nelle materie deferite alla loro giurisdizione esclusiva, la cognizione di “tutte le questioni relative ai diritti”, restavano tuttavia riservate all’autorità giudiziaria ordinaria “le questioni attinenti a diritti patrimoniali consequenziali alla pronuncia dell’atto o provvedimento” contro cui si ricorreva. Pertanto la domanda avente per oggetto il risarcimento dei danni patiti per effetto dei provvedimenti regionali, asseritamente illegittimi, inerenti l’imposizione del vincolo floristico, fu correttamente rivolta dalla Soc. al Tribunale Civile “……. Successivamente “…..l’articolo 35 del decreto legislativo 31.3.1998, n. 80 modificava l’attribuzione della giurisdizione nel senso che al giudice amministrativo era dato il potere di disporre il risarcimento del danno ingiusto, anche attraverso reintegrazione in forma specifica, nelle controversie in materia di pubblici servizi (ex art. 33) ed in materia urbanistica ed edilizia (ex art. 34), devolute dal decreto leg.vo 80/1998 alla sua giurisdizione esclusiva; e che il T.A.R., nelle materie deferite alla sua giurisdizione esclusiva, conosceva “anche di tutte le questioni relative a diritti”……” Da ultimo, l’articolo 7 della L. 21.7.2000, n. 205 ha devoluto alla cognizione del giudice amministrativo la cognizione non più solo delle azioni per il risarcimento dei danni nelle controversie devolute alla sua giurisdizione esclusiva, ma anche delle azioni per il risarcimento dei danni in tutte le controversie devolute alla sua giurisdizione (cioè anche nelle controversie aventi ad oggetto l’annullamento di atti amministrativi illegittimi, posti in essere in violazione sia di diritti soggettivi che di interessi legittimi)….”. Il T.A.R. delle Marche ha ritenuto la propria competenza a decidere anche in ordine al risarcimento di eventuali danni conseguenti all’illegittima adozione di tali provvedimenti davanti ad esso impugnati, non azionabile nel caso di specie in quanto non richiesto. “……. L’assenza di pretese risarcitorie azionate in questa sede fa sì che: - al T.A.R. sia preclusa la decisione di merito sulla fondatezza delle pretese risarcitorie stesse (ne eat judex ultra petita partium); - al T.A.R. resti preclusa anche la decisione circa la permanenza della spettanza in capo all’A.G.O. della decisione sulla domanda risarcitoria introdotta con la citazione proposta al Tribunale di….. notificata nel 1997 [c.d. perpetuatio jurisdictionis], malgrado lo jus superveniens costituito dall’art. 7, lettera c) della L. 21.7.2000, n. 205 nella parte in cui ha attribuito al Tribunale amministrativo regionale tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno e agli altri diritti patrimoniali consequenziali “nell’ambito della sua giurisdizione”. Ed invero l’interpretazione e l’applicazione dell’articolo 5 del cod. proc. civ. non possono trovare spazio d’ingresso nel presente giudizio e restano attribuiti unicamente all’apprezzamento dell’adito Giudice civile dal momento che al T.A.R., non essendo stato investito della domanda di risarcimento dei danni, non può competere nemmeno lo stabilire se lo jus superveniens – costituito dall’art. 7, lettera c) della L. n. 205/2000, nella parte in cui ha attribuito al T.A.R. tutte le questioni relative all’eventuale risarcimento del danno nell’ambito della sua giurisdizione – abbia determinato il trapasso della giurisdizione dell’A.G.O. al Giudice Amministrativo……..” …..” In altri termini, ogni questione riferibile all’art. 5 del cod. proc. civ. sulla perpetuatio jurisdictionis ricade unicamente nei poteri di apprezzamento dell’adito Tribunale civile e non di questo T.A.R., alla cognizione del primo la domanda risarcitoria essendo stata unicamente sottoposta; - che questo Tribunale Amministrativo abbia il potere-dovere di valutare la legittimità degli atti davanti ad esso impugnati non allo scopo di procedere alla loro eliminazione giuridica – alla quale, in sé e per sé, la parte ricorrente ha perso interesse – ma al fine di verificare se sussista o no il presupposto fondamentale (anche se non l’unico) da cui si originerebbe il diritto al risarcimento del danno, cioè l’iniuria, id est l’esercizio illegittimo dell’azione amministrativa……” “…….. Tale giudizio compete al Giudice Amministrativo e, ad esso la società ricorrente non avendo perso interesse, non procedervi costituirebbe denegata giustizia……..” Il Collegio ha però nel merito ritenuto la domanda infondata, in quanto “….. Vero essendo che la ridelimitazione dell’area in precedenza vincolata attraverso una rappresentazione cartografica parzialmente erronea e/o imperfetta rispondeva alle finalità di tutela delle specie vegetali di cui all’art. 7 della legge regionale n. 52/1974 in quanto correggeva un evidente errore circa la mancata inclusione di un sito di spiccato pregio botanico; e che, se pure comportava un ampliamento, esso era minimo (520 m.l. rispetto a 500 m.l.) e tale da non incidere significativamente sul complesso dell’area quale precedentemente vincolato per effetto dei decreti del Presidente della Giunta Regionale, non impugnati nei termini e perciò intrattabili……..” Il collegio ha ritenuto altresì infondata la questione di illegittimità costituzionale dell’articolo 7 della legge della Regione Marche n. 52 del 30.12.1974 per violazione degli articolo 3 e 42 della Costituzione dove vengono posti dei vincoli alla proprietà privata a tutela delle specie floristiche rare o in via di estinzione (art. 7). ……”Tali vincoli imposti ai proprietari delle aree non configurano un’espropriazione del diritto di proprietà sul piano formale, né, sul piano economico, sono ad un’espropriazione equivalenti: trattasi di limitazioni dello sfruttamento agricolo o pastorale di terreni per definizione inedificati e per definizione conservanti uno stato ancora naturale, tant’è che vi allignano specie botaniche rare o in via di estinzione; e di limitazioni che non comprimono, fino a sopprimerle, le potenzialità di produttività agraria delle aree, ma le riducono unicamente nel senso che vada comunque salvaguardata la sopravvivenza delle specie floristiche spontanee………….La circostanza che tali vincoli di salvaguardia delle specie botaniche di particolare pregio comportino l’impossibilità pratica e giuridica di uno sfruttamento edilizio dei suoli ricompresi nelle aree protette non é certo sufficiente a configurare l’obbligo costituzionale di indennizzo.” “……….. E’ infatti pacifico che ai proprietari dei terreni che hanno ricevuto destinazione agricola (e che, perciò, non possono trasformarli con opere edilizie né abitative, né produttive) per effetto dei vincoli imposti dagli strumenti urbanistici comunali o sopraordinati previsti da tutta la legislazione urbanistica non compete alcun indennizzo per tale limitazione delle potenzialità di utilizzazione dei terreni……”. “……… Venendo allo specifico, si osserva che i vincoli analogamente derivanti dalla legislazione pubblicistica a tutela delle zone di particolare interesse ambientale e/o delle bellezze naturali (già la L. 29.6.1939, n. 1497; poi la L. 8.8.1985, n. 431 e, perciò, i piani paesistici ed ambientali adottati dalle Regioni in attuazione di quest’ultima), i quali importino il divieto di alterazioni edificatorie non danno, di per ciò, titolo a ristoro o indennizzo a favore dei proprietari; e che le disposizioni relative, in quanto non equivalgono ad un’espropriazione, non sono state considerate tali da inverare la previsione normativa di cui all’art. 42, 3° comma della Costituzione…..”.

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