TAR Marche – Sent. n. 100/2010 – Pres. Passanisi – Est. Capitanio

PPAE-natura- artt.146 e 159 D.lgs 42/2004- regime transitorio- aree boscate L.R. 6/2005 e L.R. 71/1997- conferenza dei servizi ex. art. 13 L.R. 13/1997 -

04/03/2010

Il Comune di X ha impugnato gli atti con cui dapprima la Provincia esprimeva parere favorevole, anche con valenza di autorizzazione paesaggistica, in sede di valutazione di impatto ambientale sul progetto di coltivazione di una cava, e poi la Conferenza di Servizi, convocata dalla stessa Provincia ai sensi della L.R. Marche n. 71/1997, ha valutato positivamente il progetto medesimo. Si sono costituti nei due ricorsi le amministrazioni intimate e la controinteressata. Il TAR, riuniti i ricorsi, li ha respinti. Il Tar Marche ha premesso che il PPAE è un atto generale a valenza pianificatoria, che non deve essere notificato personalmente ad alcun soggetto o ente pubblico e che acquista efficacia con la pubblicazione. Le censure relative alla individuazione del sito non possono che considerarsi tanto premesso tardive e avrebbero dovute essere sollevate nel termine decorrente dalla pubblicazione della deliberazione del Consiglio Provinciale n. 109/2003, che ha approvato a suo tempo il Piano attuativo. Ha poi aggiunto che il PPAE, è stato sottoposto a positiva verifica di compatibilità da parte della Giunta Regionale con il PRAE, giusta deliberazione di G.R. n. 938/2004. Sulla problematica del presunto mancato coinvolgimento della Soprintendenza per i Beni Culturali e il Paesaggio, il TAR ha ritenuto che la competenza spetti al Ministero dei Beni Culturali e non al Ministero dell’Ambiente e che l’art. 17, comma 3, let. n.) del DPR n. 233/2007 (recante le norme di organizzazione del Ministero per i Beni Culturali) stabilisce che, laddove un procedimento coinvolga le competenze di due o più Soprintendenze, il potere di esprimere la volontà del Ministero compete alla Direzione Regionale per i Beni Culturali (il che avrebbe dovuto indurre la Direzione Regionale a informare dell’esistenza del procedimento anche la Soprintendenza per i Beni Culturali, visto che si tratta di articolazioni periferiche dello stesso Ministero). Il TAR ha altresì rilevato che la L.R. Marche n. 7/2004 non prevede che il procedimento di V.I.A. si articoli in una conferenza di servizi… ...”inoltre, come è noto, il profilo distintivo fra la disposizione dell’art. 146 e quella dell’art. 159 del D.Lgs. n. 42/2004 sta nel diverso momento in cui la competente Soprintendenza interviene nel procedimento finalizzato al rilascio dell’autorizzazione paesaggistica. In effetti, ai sensi dell’art. 146 (che modifica il tradizionale riparto di competenze in subiecta materia fra autorità locale preposta alla tutela del vincolo paesaggistico – alla quale era affidato il potere di rilasciare l’autorizzazione – e l’autorità statale che esercita il controllo – la quale poteva solo annullare le autorizzazioni rilasciate – introducendo in pratica un meccanismo di “co-gestione” del vincolo), la Soprintendenza deve rilasciare il parere prima che l’autorità competente adotti il provvedimento terminale (il che ovviamente, pur se il parere, a regime, viene qualificato dal Legislatore “obbligatorio non vincolante”, rafforza di molto la posizione dell’amministrazione statale, la quale viene in pratica a svolgere un esame di merito del progetto sottoposto a V.I.A. o a semplice valutazione di compatibilità paesaggistica)”…. …”L’art. 159 del D.Lgs. n. 42/2004 – che disciplina il periodo transitorio – stabilisce invece che la Soprintendenza può intervenire unicamente ex post, annullando eventualmente l’autorizzazione paesaggistica rilasciata dall’autorità competente, ma solo per motivi di legittimità, ivi incluso ovviamente l’eccesso di potere (per cui, attraverso le c.d. figure sintomatiche, la Soprintendenza ha la possibilità di riesaminare accuratamente l’istruttoria svolta nelle fasi precedenti della procedura). …” …” Nel caso de quo trovava applicazione proprio l’art. 159, come da D.Lgs. n. n. 63/2008 che stabilisce che “La disciplina dettata al Capo IV si applica anche ai procedimenti di rilascio dell’autorizzazione paesaggistica che alla data del 31 dicembre 2008 non si siano ancora conclusi con l’emanazione della relativa autorizzazione o approvazione [nel caso in esame il procedimento si era concluso a luglio 2008] …Resta salvo, in via transitoria, il potere del soprintendente di annullare, entro il termine di sessanta giorni dalla ricezione dei relativi atti, le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate prima della entrata in vigore delle presenti disposizioni”. Prima ancora, ossia nel vigore della norma modificata dal D.Lgs. n. 157/2006, il periodo transitorio era determinato con riferimento alla scadenza del termine previsto dall’art. 156 o, se anteriore, all’approvazione o adeguamento dei piani paesistici regionali alle norme del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, mentre, a seguito dell’emanazione del D.L. n. 97/2008, il termine del periodo transitorio veniva fissato al 31/12/2009. Tra l’altro, il comma 9 dell’art. 159, come modificato dal D.L. n. 97/2008, stabilisce che le autorizzazioni paesaggistiche rilasciate dopo l’entrata in vigore del D.Lgs. n. 63/2008 e prima dell’entrata in vigore dello stesso D.L. (o meglio della legge di conversione, la n. 129/2008, visto che la norma in commento non era contenuta nel decreto legge) – fra le quali anche quella oggetto del presente ricorso, risalente al 25 luglio 2008 – avrebbero potuto essere annullate dalla competente Soprintendenza entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della disposizione, e ciò anche laddove l’Ufficio fosse decaduto dal potere di annullamento previsto dal D.Lgs. n. 63/2008. Come si vede (facendo anche applicazione del noto broccardo in claris non fit interpretatio), in base alle varie versioni dell’art. 159 che si sono succedute nell’arco temporale che qui interessa, la vicenda per cui è causa è ricompresa nel periodo transitorio, con le conseguenze che si sono dette in precedenza. “… Secondo il TAR Marche la procedura di VAS non si applicava al caso di specie ai sensi dell’art. 5, let. a), del D.Lgs. n. 152/2006 che stabilisce che la Valutazione Ambientale Strategica riguarda solo i piani e i programmi e non i singoli progetti. Sul merito delle valutazioni compiute dalla Provincia sul progetto il TAR ha statuito che l’esame del giudice doveva verificare la correttezza dell’istruttoria e la non manifesta illogicità delle valutazioni espressa nel procedimento, concludendo che nella specie le allegazioni della Provincia erano esenti da vizi. La sentenza ha poi esaminato la censurata compatibilità con le attività estrattive di aree boscate: “… - la L.R. n. 6/2005, stabilisce il principio secondo cui il bosco può essere sacrificato all’attività estrattiva in presenza di talune circostanze ed a certe condizioni: in particolare l’art. 10 della citata L.R. - emanata in epoca successiva al D.Lgs. n. 42/2004 - stabilisce che “Salvo quanto disposto all’articolo 12, è vietata la riduzione di superficie dei boschi esistenti…..”, mentre l’art. 12 stabilisce che “Fermo restando quanto stabilito dall’articolo 6 della L.R. 1° dicembre 1997, n. 71 (Disciplina delle attività estrattive), la riduzione di superficie del bosco e la trasformazione dei boschi in altra qualità di coltura sono autorizzate dalla Provincia,…., esclusivamente nei seguenti casi: a) realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità; b) la realizzazione di strade e piste forestali connesse all’attività selvicolturale, alla protezione dei boschi dagli incendi e alla realizzazione di opere pubbliche. La riduzione di superficie boscata è soggetta a misure di compensazione ambientale, consistenti in rimboschimenti compensativi su terreni nudi, di accertata disponibilità, da realizzarsi prioritariamente con specie autoctone, sulla base di uno specifico progetto esecutivo e per una superficie calcolata secondo quanto disposto dall’articolo 6, comma 4, e dall’allegato A della L.R. n. 71/1997. I terreni da destinare a rimboschimento compensativo devono essere individuati prioritariamente all’interno del medesimo bacino idrografico nel quale ricadono le superfici boscate da compensare”. Infine, l’art. 6 della L.R. n. 71/1997 e s.m.i. stabilisce che: - l’attività di cava è vietata radicalmente in presenza di determinate emergenze geologiche, ambientali, paesaggistiche e culturali (comma 3, lettere a), b), c), d), e), f), g), h), i), nessuna delle quali interessa direttamente il sito in argomento; - in particolare, il divieto riguarda i boschi di alto fusto originari e quelli con prevalenza superiore al 50% di faggio e castagno e con l’80% di leccio; - la coltivazione di cave è invece possibile in tutti i boschi governati a ceduo o in quelli costituiti da essenze non autoctone, a condizione che siano previsti interventi di compensazione ambientale (ossia il rimboschimento con essenze autoctone – che in parte può essere anche “monetizzato”, ma ciò non si è verificato nel caso di specie – di terreni aventi superficie uguale o maggiore a quella “sacrificata”). Come è agevole comprendere, la normativa regionale pone dei principi che appaiono rispettosi dell’esigenza di realizzare un equo contemperamento fra esigenze contrapposte, ferma restando la valutazione sulla compatibilità del singolo intervento. Bisogna infatti evidenziare in primo luogo che non esiste un divieto assoluto di riduzione delle superfici boscate (altrimenti non si spiegherebbe l’inciso dell’art. 10 e la norma dell’art. 12 della L.R. n. 6/2005, nonché la disposizione di cui all’art. 4, comma 2, D.Lgs. n. 227/2001) e che la disciplina delle attività estrattive presenta aspetti peculiari, tali da giustificare una deroga al principio generale secondo cui è vietata la riduzione dei boschi esistenti. Questo però non vuol dire che i boschi debbono essere necessariamente sacrificati alle attività di cava, in primo luogo perché i bacini estrattivi possono essere individuati solo dove esistono litotipi pregiati in quantità tali da giustificare il dispendio di risorse finanziarie necessarie per la coltivazione di una cava, in secondo luogo perché molto spesso esistono altre emergenze ambientali e/o paesaggistiche che, unitamente alla presenza del bosco, ostano all’apertura di una cava……” Relativamente alle censure mosse al procedimento di V.I.A. il TAR ha ritenuto: “… che lo spirito della V.I.A. non è quello di vietare tout court interventi che incidano sull’ambiente (essendo all’uopo sufficiente l’apposizione di vincoli inderogabili che vietino, ad esempio, l’edificazione o altre attività similari, bensì quello di valutare la “sostenibilità” di interventi che sicuramente interferiscono con l’ambiente). ….. Del resto, l’art. 146 del D.Lgs. n. 42/2004, dopo aver posto al primo comma la regola generale secondo cui i proprietari di beni sottoposti a tutela secondo le norme dello stesso Testo Unico e/o dei piani paesistici non possono distruggerli o modificarli in modo da alterarne l’identità, al secondo comma stabilisce che i soggetti summenzionati debbono sottoporre alle autorità competenti i progetti di opere che intendano realizzare sui beni tutelati, e ciò ai fini della valutazione della compatibilità paesaggistica (il che vuol dire che non è vietato in assoluto intervenire su questi beni). Analogo discorso è a farsi per gli aspetti – spesso sovrapposti con quelli paesaggistici – concernenti la compatibilità ambientale… Peraltro, come già detto, in materia di cave non sono possibili interventi “indolori”, visto che l’attività estrattiva implica ex se la consumazione di porzioni del territorio, la quale è mitigata dagli interventi di recupero e ricomposizione ambientale che debbono essere imposti alle imprese operanti nel settore …… . La V.I.A. ha esito negativo quando il costo ambientale dell’intervento è superiore ai benefici che se ne possono ricavare. Se un intervento non incide in alcun modo con l’ambiente non c’è ovviamente bisogno della V.I.A……” Per quanto concerne la composizione e le competenze della Conferenza di Servizi ex art. 13 L.R. 71/1997 il TAR ha così statuito: “…. con decisione n. 7216/2006, il Consiglio di Stato si è pronunciato sulle questioni relative alla composizione soggettiva e numerica della Conferenza istituita ai sensi della citata L.R. n. 71/1997 ed alla prevalenza del voto del presidente in caso di parità dei voti, pervenendo alla conclusione che la L.R. n. 71/1997 autorizza le Province ad adottare il regolamento sul funzionamento della Conferenza di Servizi e che la regola sulla prevalenza del voto del presidente è frutto di un’autolimitazione consensuale degli enti che prendono parte alla Conferenza e non appare irragionevole, visto che nella Regione Marche la provincia è l’ente che dispone della maggior parte delle competenze in materia di attività estrattive. …; - nella conferenza di servizi (per il cui funzionamento si applicano in generale le disposizioni di cui alla L. n. 241/1990 e s.m.i., come affermato dal Consiglio di Stato nella citata decisione n. 7216/2006) non è richiesta, ai fini della validità della deliberazione finale, la presenza di tutti i soggetti che debbono prendervi parte, avendo la legge previsto la possibilità di inviare per iscritto il parere (purché lo stesso pervenga in tempo utile al responsabile del procedimento) ed avendo sanzionato con la nullità l’eventuale parere contrario che sia rilasciato successivamente. Né è prevista l’unanimità dei consensi; - neppure è imposto che la conferenza si articoli necessariamente in più sedute, essendo questo aspetto rimesso alla valutazione dei partecipanti e/o alla necessità di effettuate ulteriori approfondimenti istruttori. …”

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