T.a.r. Umbria, Sent. n. 715 Pres. Lignani

Lottizzazione convenzionata – Istanza di variante

10/11/2008

In fatto, la ricorrente comproprietaria di terreni edificabili in X, costituenti un unico comparto, unitamente agli altri comproprietari presentava un piano attuattivo d’iniziativa privata, adottato dal Consiglio Comunale di X con delibera 81/2004. Tale P.A. prevedeva l’edificazione del comparto per mc. 16.3000, in conformità con le previsioni del P.R.G. vigente al momento dell’adozione. Il giorno successivo all’adozione del P.A., il Consiglio Comunale adottava una variante di PRG che per il comparto in questione prevedeva una cubatura edificabile più ridotta. Stante le “misure di salvaguardia”, il P.A. adottato con delibera n. 81/2004 non poteva più avere corso, si che i proprietari proponevano al Comune una nuova versione del P.A. con la cubatura ridotta in conformità alle disposizioni del PRG adottato, significando al Comune che la riformulazione del piano attuativo non voleva costituire acquiescenza e che si riservavano ogni azione opportuna per recuperare la volumetria originaria. Approvato tale P.A. dal Comune, stipulata la relativa convenzione e cedute gratuitamente al Comune le aree destinate a “standard”, è sopravvenuta la decadenza dell’efficacia triennale delle “misure di salvaguardia” relative alla variante di P.R.G. ed i lottizzanti presentavano una variante del P.A., rivolta a recuperare l’originaria volumetria conforme alle previsioni del P.R.G. vigente. Questa proposta è stata respinta con delibera di Giunta impugnata unitamente agli atti presupposti. Il TAR ha accolto il ricorso. Queste le motivazioni più salienti: “Il Comune eccepisce preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per difetto d’interesse, con l’argomento che la ricorrente non ha impugnato, a tempo debito, la variante di p.r.g. del 2004 che ha ridotto la volumetria edificabile nel comparto. L’eccezione è infondata e non pertinente”... La ricorrente …“deduce che con il ricorso di tre anni dalla sua adozione, senza che sia intervenuta la definitiva approvazione, l’efficacia della variante è decaduta e che pertanto, allo stato, la disciplina urbanistica dei suoli è data dal p.r.g. originario, e non dalla variante. In questa luce, il fatto che la variante non sia stata impugnata è irrilevante”... …“Il proprietario di un terreno edificabile ha la legittima aspettativa di sfruttare interamente la capacità edificatoria assegnatagli dal p.r.g.”. A questa legittima aspettativa fa fronte il dovere del Comune di rilasciare il titolo abilitativo richiesto dall’interessato, salvo che non vi siano legittime ragioni ostative, quali ad esempio la non conformità del progetto alle previsioni del piano regolatore. Ma se il progetto prevede una determinata cubatura, e questa corrisponde a quella prevista dal P.R.G., il titolo abilitativo non può essere rifiutato adducendo l’opportunità di mantenere ridotta la densità edilizia della zona. Le valutazioni discrezionali in merito alla densità edilizia debbono essere fatte, e sono state fatte, in sede di formazione del P.R.G. In sede di esame dei singoli progetti edilizi l’autorità comunale non può sostituire la propria discrezionalità a quella espressa nel piano regolatore. …“Il fatto che il proprietario abbia il diritto (alle condizioni di legge e di P.R.G.) di sfruttare interamente la cubatura edificabile assegnata al fondo non esclude, ovviamente, che egli possa liberamente decidere di presentare un progetto che prevede una cubatura più ridotta. Se lo fa, tuttavia, ciò non significa che egli abbia rinunciato definitivamente a sfruttare l’intera capacità edificatoria…” …“Nella fattispecie, dunque, non si può dire che gli interessati, accettando un piano attuativo di dimensioni ridotte, e stipulando la relativa convenzione, abbiano rinunciato alla facoltà di proporre una variante per sfruttare le maggiori potenzialità edificatorie sopravvenute”... “Invero – qui sta la singolarità della vicenda – negando il proprio assenso alla variante il Comune non ha inteso esercitare i suoi poteri di autorità urbanistica, bensì esercitare “uti privatus” il diritto di proprietà su una parte delle aree interessate dal piano attuativo; quelle aree che gli sono state cedute per effetto della convenzione di lottizzazione”... …“La cessione gratuita delle aree destinate ad opere di urbanizzazione non ha avuto l’effetto di rendere il Comune contitolare del piano di lottizzazione, vale a dire compartecipe della relativa iniziativa economica e del progetto. Tanto meno è divenuto contitolalare “pro quota” della volumetria edificabile del comparto, sino a godere di un potere dispositivo “uti dominius” che gli consenta di porre un veto al completamento del progetto. Il diritto di proprietà del Comune ha la sola funzione di dotare il comparto delle necessarie aree “a standard” ed i poteri che il Comune può esercitare quale proprietario sono solo quelli inerenti al conseguimento di quella finalità. Esso potrebbe dunque opporsi a una modifica del progetto che incidesse sulla destinazione delle aree di sua proprietà; ma non è questo il caso”... …“Supponendo che in futuro diventi impossibile, per cause sopravvenute (ad es. un vincolo d’inedificabilità o un mutamento radicale del p.r.g.) realizzare il progetto di lottizzazione, in tale evenienza non sarebbe forse manifestatamene infondata la pretesa dei lottizzatori di chiedere la risoluzione della convenzione o comunque la retrocessione delle aree (se non altro in applicazione analogica delle norme in materia di terreni espropriati per p.u.)”... …“Si vogliono prospettare queste ipotesi non irragionevoli per dimostrare che la posizione del Comune, quale proprietario delle aree a standard, è del tutto peculiare e non è ammissibile – per quanto attiene alla potestà di intervenire nelle scelte relative allo sfruttamento della cubatura pertinente al comparto – a quella di un proprietario privato. Concludendo sul punto, la delibera 16 aprile 2007 è viziata in quanto con essa il Comune ha inteso esercitare poteri che non gli spettano”...

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