Studio legale Valentini
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31/10/2025 Corte di Appello di Ancona Sent. 1319/2025 Pres. Federico Est. Giusti. Oggetto: appello avverso la sentenza del Tribunale di Pesaro n. omissis/2025, pubblicata il omissis.2025
13/11/2025
Conclusioni: Per le appellanti: “…..in via preliminare, dichiarare inammissibile il ricorso ex adverso, non sussistendo i presupposti di legge ovvero circostanze nuove sopravvenute che giustifichino un mutamento delle condizioni circa il mantenimento ed il collocamento di A così statuite nel decreto del Tribunale dei Minorenni delle Marche del omissis.2011 – R.G.VG omissis e successivo decreto del Tribunale di Pesaro omissis e confermate dal Tribunale di Pesaro con decreto del omissis 2022 e con sentenza Tribunale di Pesaro del omissis 2024 in seno al procedimento civile individuato al RG omissis. nel merito, rigettare ogni domanda ex adverso formulata in quanto infondata in fatto ed in diritto per quanto dedotto ed eccepito con il presente ricorso in appello; Con vittoria di spese di entrambi i gradi di giudizio” per l’appellato: Voglia l'Ecc.ma Corte di Appello adita, per le causali di cui in narrativa, dichiarare inammissibile il ricorso in appello formulato dalle appellanti e rigettarlo nel merito e, per l'effetto, confermare la sentenza n. omissis/2025 emessa dal Tribunale di Pesaro il omissis.2025. Con vittoria di spese ed onorari del presente grado di giudizio". Per il Procuratore generale intervenuto: rigetto dell’appello FATTI DI CAUSA Il Tribunale di Pesaro, con la sentenza indicata in epigrafe, in accoglimento della domanda proposta da C revocava, a far data dalla domanda, l’obbligo di mantenimento della figlia A, a carico del padre e nonché l’assegnazione dell’ex casa familiare a B (madre collocataria di A N.d.R) a far data dal omissis.2025. Avverso detta sentenza proponevano appello B e A chiedendone la riforma per i motivi sottoindicati, ritenendo che la ragazza, seppure maggiorenne, non era ancora economicamente indipendente. Si costituiva l'appellato, che chiedeva il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata. Il Procuratore Generale intervenuto parimenti concludeva per il rigetto dell'appello. Dopo la pronuncia sull'istanza di sospensione, preso atto delle note di trattazione scritta e delle conclusioni rassegnate dalle parti, la Corte tratteneva la causa in decisione. MOTIVI DELLA DECISIONE Preliminarmente le appellanti censurano la sentenza di primo grado nella parte in cui non ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dal C per la modifica delle condizioni di divorzio, nonostante l'insussistenza di elementi nuovi rispetto a quanto statuito con decreto del Tribunale dei Minorenni delle Marche del omissis e successivo decreto del Tribunale di Pesaro con decreto del omissis, provvedimenti con i quali veniva stabilita l’assegnazione della casa familiare alla B stante la convivenza con la stessa della figlia A maggiorenne ma non economicamente autosufficiente e l’obbligo per il padre di contribuire al mantenimento della figlia mediante versamento di un assegno mensile di euro omissis. Detta doglianza è infondata, avendo il B allegato a fondamento della domanda circostanze nuove (occupazione lavorativa della figlia iniziata nel 2024) rispetto a quelle dedotte in occasione della causa definita con decreto del Tribunale di Pesaro del omissis.2022. Nel merito, con un unico articolato motivo, le appellanti censurano la sentenza di primo grado nella parte in cui, valutando, a loro dire, erroneamente il compendio probatorio in atti, ha ritenuto che A abbia raggiunto l’indipendenza economica, nonostante la stessa sia stata impegnata solo in lavori occasionali e precari nella città di omissis, occupazioni che, allo stato, ha perso, facendo definitivo ritorno presso la casa familiare in omissis. Orbene, la norma centrale sui diritti del figlio, che correlativamente definisce anche i doveri dei genitori, è l'art. 315 bis c.c. introdotto dalla legge di riforma della filiazione 10 dicembre 2012 n. 219, che non distingue tra i diritti del figlio maggiorenne e del figlio minorenne se non al comma terzo, per il diritto di ascolto, al pari degli artt. 316 c.c. (responsabilità genitoriale) e 316 bis c.c. (concorso nel mantenimento), di talché l'adempimento degli obblighi corrispondenti ai diritti previsti dall'art. 315 bis c.c., costituisce l'oggetto principale della responsabilità genitoriale, che non viene meno con la maggiore età, ma perdura, quantomeno nella sua componente economica, sino a che il figlio non abbia raggiunto l'indipendenza. A questi principi si giustappone il principio di autoresponsabilità, cui richiamare il figlio per impedirgli di abusare del suo diritto, poiché il diritto del figlio si giustifica, come emerge anche dal dettato costituzionale, all'interno e nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso formativo, tenendo conto delle sue capacità, inclinazioni ed aspirazioni, ma anche del dovere del medesimo di ricercare un lavoro, contemperando, fra di loro, le sue aspirazioni astratte con il concreto mercato del lavoro, non essendo giustificabile nel figlio adulto l'attesa ad ogni costo di un'occupazione necessariamente equivalente a quella desiderata (si vedano Cass. 12952/2016; Cass. n. 5088/2018; Cass. n. 29264/2022; Cass. 26875/2023; Cass. n. 12123/2024). Le sezioni unite della Suprema Corte, pronunciandosi in tema di assegnazione della casa familiare in comodato, hanno fatto riferimento a questo principio, affermando che il figlio, in forza dei doveri di autoresponsabilità che su di lui incombono, non può pretendere la protrazione degli obblighi parentali oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, perché "l'obbligo dei genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e di un percorso di formazione" (Cass. s.u. n.20448/2014). Pertanto, pur se l'obbligo di mantenimento non cessa ipso facto con il raggiungimento della maggiore età da parte dei figli (Cass. n. 19589/2011), "può essere accertato il venir meno del diritto al mantenimento, qualora il figlio, abusando di quel diritto, tenga un comportamento di inerzia o di rifiuto ingiustificato di occasioni di lavoro (ovvero di colpevole negligenza nel compimento del corso di studi intrapreso) e, quindi, di disinteresse nella ricerca dell'indipendenza economica" (v. Cass. n. 18076/2014, in parte motiva) Muovendo da queste considerazioni, compete al giudice di merito: a) verificare la sussistenza del prerequisito della non autosufficienza economica, con opportuno bilanciamento rispetto ai doveri di autoresponsabilità che incombono sul figlio; b) modulare e calibrare la protezione in relazione alle peculiarità del caso concreto, nel rispetto del principio della proporzionalità; c) stabilire il contenuto e la durata dell'obbligo di mantenimento. In particolare, l'età è un importante parametro di riferimento e la valutazione deve essere condotta con rigore proporzionalmente crescente, in rapporto all'età dei beneficiari, in modo da escludere che tale obbligo assistenziale, sul piano giuridico, possa essere protratto oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura, benché non possa ritenersi automaticamente cessato con il raggiungimento della maggiore età (Cass., n. 2252/2024, in parte motiva). Ciò premesso, in ipotesi quale quella in esame, in cui la domanda di revoca dell'assegno di mantenimento è stata proposta dal genitore, grava sull'attore la prova dei fatti costituitivi del diritto, prova che può essere fornita anche in via presuntiva(anche con riferimento all'età del figlio destinata a rilevare in un rapporto di proporzionalità inversa per il quale, all'età progressivamente più elevata dell'avente diritto si accompagna, tendenzialmente e nel concorso degli altri presupposti, il venir meno del diritto al conseguimento del mantenimento; all'effettivo raggiungimento di un livello di competenza professionale e tecnica e dal suo impegno rivolto al reperimento di una occupazione nel mercato del lavoro (Cass. n. 38366/2021), mentre il fatto estintivo dell'obbligazione legale che grava sui genitori non è la maggiore età, ma il conseguimento dell’indipendenza economica, che, come tutti i fatti estintivi del credito deve essere provato dal debitore. In altri termini, se è il genitore già gravato di un assegno di mantenimento ad agire per far accertare l’estinzione dell’obbligo, la “prova” che il figlio maggiorenne (o il genitore con lui convivente) è tenuto a dare è la prova contraria rispetto all’operatore delle presunzioni di cui si è detto (cfr da ultimo Cassazione civile sez. I, 08/05/2025, n. 12121). Orbene, nel caso in esame, emerge dagli atti che A ha l’età di 28 anni e si è laureata presso la Università di omissis in “omissis” il omissis (doc. 5 allegato al fascicolo di parte ricorrente in primo grado); emerge, altresì, dagli atti (cfr estratto contributivo allegato sub 6) che la stessa ha lavorato con lavori a tempo determinato in omissis e, da ultimo, è stata impiegata presso lo Studio omissis, occupazione che ha volontariamente abbandonato a fine anno 2024 (cfr Doc. 2 bis memoria B ex art. 473 bis 17 c.p.c.).Risulta, altresì, che la stessa, dopo aver lasciato il posto di lavoro, ha trascorso un mese di vacanza a omissis e, come si evince dal messaggio del omissis 2025, allegato alla comparsa di costituzione per la fase cautelare, ha manifestato il desiderio di frequentare un corso di omissis in omissis per poi trasferirsi in omissis presso persone che la ospitano e l’appellato ha allegato, nella memoria ex art. 473 bis 32 cpc, che , di fatto, la figlia è partita per omissis ed ancora non ha fatto ritorno in Italia (circostanza non contestata neppure nelle note scritte per l’udienza del 27.10.2025). Risulta evidente, allora, che la sig.ra A non si è impegnata responsabilmente nella ricerca di un’attività lavorativa stabile, preferendo, al contrario, viaggiare senza avere una concreta prospettiva lavorativa, come peraltro dimostrato dal viaggio in omissis e omissis, della durata di oltre due mesi; dall’altro canto lo svolgimento di plurime attività lavorative seppure a tempo determinato, costituisce un elemento oggettivamente dimostrativo di una astrattamente idonea autosufficienza economica, escludente la permanenza dell’obbligo di mantenimento da parte del genitore anche qualora, come nel caso di specie, vi sia stata, in pendenza di giudizio, la cessazione del rapporto di lavoro (cfr Cassazione civile sez. I, 04/04/2024, n. 8892). Ciò posto, ritiene il Collegio che data l’età della ragazza, la conclusione da svariati anni, del percorso di studio, l’inserimento nel mondo del lavoro sin dall’anno 2018 escludono il mantenimento dell’obbligo di mantenimento a carico del padre, non sussistendo la prova del fatto che la dimostrazione vi sia stato un vano impegno della figlia A per la ricerca di occupazione lavorativa, residuando, qualora ne ricorrano i presupposti, la possibilità per la stessa di formulare iure proprio richiesta di alimenti e ferma la possibilità per i genitori di contribuire per autonoma e libera determinazione alle esigenze della figlia. Quanto alla casa familiare, non fi sono dubbi che la stessa sia di proprietà della famiglia dell’appellato e sul fatto che possa essere assegnata al coniuge soltanto se ed in quanto sia diretta a conservare l’Habitat domestico del figlio minorenne o maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente (Cass. n. 33610 del 11/11/2021; Cass. n. 6706 del 23/05/2000; Cass. n. 3015/2018; Cass. n. 20452/2022), sicché, accertata la capacità della figlia maggiorenne di procurarsi un’adeguata fonte di reddito e, quindi, la raggiunta autosufficienza economica, è estranea alla decisione sulla casa coniugale ogni valutazione relativa alla ponderazione tra interessi di natura solo economica dei coniugi o dei figli, ove in tali valutazioni non entrino in gioco le esigenze della prole di rimanere nel quotidiano ambiente domestico, e ciò sia ai sensi dell’art. 337 sexies c.c. (Cass. n. 25604/2018). Ne discende, in ipotesi quale quella in esame, viene meno il potere di disporre l’assegnazione dell’immobile in deroga alle regole ordinarie della proprietà, dovendosi escludere che la casa possa ancora rappresentare quell’”habitat” domestico da salvaguardare. (Cassazione civile sez. I, 20/11/2023, n. 321). Ne consegue che l’appello andrà rigettato con conseguente conferma della sentenza di primo grado (omissis)