Corte di Appello di Ancona- Sez. Lavoro n. 518/09 Pres. Est. Cetro

Trasfusione di emoderivati – Benefici ex Lege 210/92

29/12/2009

La Regione Marche proponeva appello avverso la sentenza in primo grado con la quale veniva accordato alla Sig.ra X che aveva contratto epatite HBV a seguito di trasfusioni subite nell’ospedale civile di Z durante un ricovero risalente al 1978, il diritto alle provvidenze ex lege 210/92. L’appello vedeva in qualità di appellati anche il Ministero del Lavoro della Salute e delle Politiche Sociali e la Commissione Medica Ospedaliera di Z. L’appellante affermava l’inesistenza o nullità della sentenza di primo grado per omesso esame della posizione della Commissione medica ospedaliera, per errata considerazione della contumacia del Ministero, in realtà costituito in giudizio nonché, infine, per difetto di legittimazione della Zona Territoriale, ritenuta soggetto estraneo al giudizio. Si ribadiva la carenza di legittimazione passiva della Regione Marche in quanto ex. art. 123 D.lgs n. 112 del 1998 le funzioni in materia dei ricorsi proposti per la corresponsione degli indennizzi in oggetto erano rimaste unicamente affidate allo Stato. Inoltre sosteneva la non tempestività della domanda della Sig.ra X, per superamento del termine triennale di decadenza previsto dall’art. 3, comma 1, della legge n. 210 del 1992 e, comunque per maturata prescrizione decennale. Infine veniva negata dall’appellante l’ascrivibilità tabellare del danno epatico diagnosticato alla Sig.ra X. Il Ministero ribadiva in lite la propria totale estraneità per essere la materia di competenza esclusiva della Regione. I motivi di censura sono stati integralmente disattesi e il gravame rigettato. La Corte d’appello ha ritenuto che la menzione della contumacia del Ministero ha dato luogo a “…mera imperfezione formale della sentenza.”. Con riferimento alla mancata menzione in sentenza della Commissione Medica Ospedaliera ha statuito che “si risolva nell’implicita reiezione della domanda svolta nei confronti di tale convenuta” e non nella invalidità della sentenza stessa “spettando al Giudice del gravame provvedere ad integrare la motivazione eventualmente carente.” La Corte ha dichiarato la piena legittimazione passiva della Regione Marche, con riferimento all’istanza di indennizzo presentata nel Novembre 2003 all’ASUR competente per territorio: “…in virtù della combinata disposizione dell’art. 114 della l. 112 del 1998 (conferimento alle Regioni delle funzioni in materia di salute ed, in particolare, conferimento- attuato nella forma del trasferimento – delle attribuzioni in materia di indennizzi di cui alla legge n.210 del 1992, con relativo trasferimento delle risorse) e dell’art. 3 del DCPM 8 Gennaio 2002 […] secondo cui: “ restano a carico dello Stato, ai sensi dell’art. 2, comma 4, del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 26 Maggio del 2000, gli oneri a qualsiasi titolo derivanti dal contenzioso riferito a qualsiasi ricorso giurisdizionale concernenti le istanze di indennizzo trasmesse sino al 21 Febbraio 2001 al Ministero della sanità, dalle aziende sanitarie locali.” Si realizza così un “…riparto cronologico della legittimazione passiva (in capo al ministero per il contenzioso “giurisdizionale” risalente ed in capo alle Regioni per quello recente)…”. La Corte non ha ritenuto in contrasto con tale interpretazione la disposizione richiamata dall’appellante di cui all’art. 123 comma 1 del D.lgs. n. 112 del 1998, in quanto “ le funzioni mantenute allo Stato […] non siano quelle di erogazione del beneficio, ma solo quelle, specificamente ivi indicate, relative ai ricorsi per la corresponsione degli indennizzi e, quindi, in sostanza, quelle relative ai ricorsi amministrativi. Infatti per le domande di indennizzo (ricadenti nel novero dei servizi trasferiti alla competenza delle Regioni) è indubbio che il soggetto obbligato al pagamento dell’indennizzo sia L’Azienda sanitaria regionale…” “Tale orientamento circa la sopravvenuta perdita della legittimazione passiva in capo al Ministero della Salute (limitatamente ai fatti successivi, da individuare nelle pratiche di indennizzo non trasmesse entro il discrimine cronologico del 21 Febbraio 2001) appare, allo stato, meritevole di conferma anche perché ha trovato sostanziale riscontro nel primo orientamento formatosi nella giurisprudenza di legittimità (in termini, Cass. sez.lav. n. 10431 del 2007, seguita da successive conformi.)”. Analizzando le successive censure la Corte ha asserito la manifesta infondatezza dell’eccezione di decadenza. Infatti in base all’art. 3, comma 1, legge n. 210 del 1992 “anche per i soggetti affetti da epatite contratta anteriormente sia applicabile il nuovo termine triennale di decadenza, da computarsi dal momento dell’entrata in vigore della modifica legislativa che tale termine ha introdotto.” Per le epatiti post-trasfusionali non menzionate nel testo originario tale termine ricorrerebbe poi solo in epoca successiva dall’entrata in vigore della legge n. 238 del 1997. “…tuttavia il dies a quo decorre non già dalla conoscenza della diagnosi ovvero dal mero sospetto di una origine trasfusionale ma dalla consapevolezza della correlazione eziologia tra il danno irreversibile (compresa l’ascrivibilità tabellare) e la causa trasfusionale (che dà titolo all’indennizzo), risulta evidente come nel caso in esame, in difetto di documentazione medica risalente, la Sig.ra X ha potuto raggiungere un sufficiente grado di consapevolezza ed affidamento soltanto all’esito degli esami ematologici del Novembre 2003[…] che evidenziavano il risultato “POSITIVO” all’Anti- Hbc. Soltanto a quel punto la Sig.ra X poteva collegare tale risultato alle due trasfusioni di emoderivati subite durante la degenza del 1978 all’ospedale di V”… “In definitiva , tenuto conto del dies a quo in forza dell’art. 3, comma 1, parte seconda, della legge n. 210 del 1992, nel testo sostituito dall’art. 1 della legge n. 238 del 1997, (secondo cui “ I termini decorrono dal momento in cui, sulla base della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”) deve essere individuato non tanto nel criterio obiettivo della manifestazione del danno quanto, piuttosto, nel momento, soggettivo, in cui l’avente diritto ha avuto effettiva e piena conoscenza del danno, si deve riconoscere che la domanda amministrativa sia stata presentata tempestivamente (all’interno dello stesso termine triennale) e tale ultima considerazione assorbe e supera le eccezioni di decadenza e prescrizione.” Con riferimento all’ascrivibilità tabellare del danno epatico riscontrato, la Corte ha dichiarato, rigettando anche tale censura, come tale ascrivibilità “…sia già stata riscontrata dalla stessa Commissione medica ospedaliera e non possa essere superata dal semplice rilievo della menomazione in fase temporaneamente silente ovvero attualmente improduttiva di limitazioni funzionali, stante l’obbiettività clinica e la irreversibilità della formazione angiomatosa al fegato.”…

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