Corte di Appello di Ancona - Sez. Lavoro - n. 470/2010 - Cons. Est. Mazzagreco - Pres. Cetro

19/10/2010

La sig.ra X promuoveva appello avanti alla Corte di Appello di Ancona avverso la sent. n. 87/06 del Tribunale di Urbino in data 27.4.2006 per sentirsi accolte le seguenti conclusioni: “dichiarare tenuta l’appellata a pagare a parte ricorrente a titolo di risarcimento danni, la somma di € 200.000,00 o di quella minore o maggiore che risulterà di giustizia;…a titolo di danno esistenziale, biologico, psicologico e morale la somma che risulterà di giustizia, liquidata anche in via equitativa. Il tutto oltre interessi legali e rivalutazione fino all’effettivo pagamento. Con vittoria di spese, funzioni ed onorari del doppio grado di giudizio.” Si costituiva l’appellata società Y chiedendo il rigetto dell’appello proposto. L’appellante deduceva che il rigetto del proprio ricorso fosse stato determinato sulla base della presunta tardività della produzione documentale e delle altre richieste istruttorie argomentata dal giudice di prime cure sull’erroneo presupposto che il ricorso in primo grado iscritto al n. 274/03, il quale conteneva domande identiche a quello già proposto avanti lo stesso Tribunale e iscritto al n. 388/02, fosse da qualificarsi come atto di riassunzione di quest’ultimo giudizio. La Corte di Appello ha rilevato come fosse pienamente fondata la censura circa l’indebita qualificazione data al secondo ricorso dal giudice di prime cure, il quale chiaramente doveva esser inteso come autonomamente proposto. Il giudice di primo grado non ha proceduto alla cancellazione della causa più recente dal ruolo e ha deciso la stessa mediante sentenza da considerarsi nulla. In merito la Corte di Appello ha motivato richiamandosi alla giurisprudenza di Cassazione in merito e così affermando che il “…il principio del “ne bis in idem”, posto dall’art. 39 c.p.c., […] determina l’improcedibilità del processo che nasca dalla indebita reiterazione di controversia già in corso, imponendo la cancellazione dal ruolo della causa che risulti posteriormente iscritta. La omessa cancellazione è emendabile anche in fase di impugnazione, inficiando radicalmente la sentenza, mentre non incide sulla validità della causa prioritariamente iscritta ( e della decisione che l’abbia conclusa), in relazione alla quale non sussisteva obbligo di riunione con quella successiva, atteso il carattere solo formale ed apparente della duplicità di procedimenti.” ( Cass.Civ. Sez. I 2064/99) E ancora: “Nel caso di contemporanea pendenza davanti ai giudici diversi di due controversie promosse dallo stesso soggetto al fine del riconoscimento della pensione di invalidità […], si configura, per l’identità degli elementi dei rispettivi rapporti processuali, una situazione di litispendenza, […], che è rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del processo e, quindi, pure in Sede di legittimità, sicché, ove il giudice del merito successivamente adito non si sia pronunziato sul punto, alla relativa declaratoria, ai sensi dell’art. 39 c.p.c., deve provvedere la suprema Corte, disponendo altresì – in luogo della cancellazione della causa dal ruolo prescritta dall’art. 39 citato, provvedimento tipico dei giudizi di merito postulante un’anteriore iscrizione a ruolo – la Cassazione senza rinvio, a norma dell’art. 382, secondo comma, c.p.c., della sentenza emessa da tale giudice, la cui omissione in ordine all’indicata declaratoria si risolve in un’ipotesi di impromovibilità o, comunque, di improseguibilità della causa per ragioni di ordine pubblico processuale (“ne bis in idem”).” (Cass. Sez. Lav. N. 5187/1981). Infine la Corte d’appello ha precisato come “…la sentenza stessa non potrebbe essere ritenuta validamente emessa in relazione al primo giudizio, la cui domanda il primo giudice ha inteso decidere, posto che, in assenza di idonea riassunzione, difetterebbe il potere di decidere la causa quiescente per effetto della disposta cancellazione dal ruolo ai sensi dell’art. 309 c.p.c..” Per i motivi suesposti la stessa Corte “…definitivamente decidendo su appello proposto dalla Sig.ra X nei confronti della società Y, dichiara la nullità della sentenza del Tribunale di Urbino n. 87/2006…” e “Condanna X alla rifusione, in favore dell’altra parte, delle spese di entrambi i gradi di giudizio…”.

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