Corte App. Ancona - sentenza n. 659/08 - Pres. Taglienti - Est. Miconi

Indennità ex L. 210/97 - legittimazione passiva - decorrenza prescrizione

18/12/2008

La sig. X conveniva dinanzi al Giudice del lavoro di Pesaro il Ministero della Salute e la Regione Marche; esponeva di aver subito una trasfusione di sangue durante un ricovero all’Ospedale nell’agosto 1986 e di aver contratto, a causa di tale trattamento, una epatite cronica HCV post trasfusionale diagnosticata come tale il 6.3.1998; di aver proposto domanda amministrativa di indennizzo alla AUSL nell’anno 2000, per ottenere i benefici ex L. 210/1992; segnalava che la Commissione Medica Ospedaliera nel giugno 2002 aveva riconosciuto l’esistenza della malattia e la sua derivazione dalle trasfusioni subite, ma aveva negato l’indennizzabilità sul presupposto della tardività della domanda in applicazione del termine triennale di decadenza introdotto dalla L. 238/1997, modificativa dell’art. 1 comma 3 l. 210/1992, termine decorrente dalla conoscenza del danno da parte dell’avente diritto; deduceva che il termine decadenziale ridotto poteva essere applicabile alle sole malattie contratte dopo l’entrata in vigore della L. 238/1997, valendo per il pregresso la sola prescrizione decennale e non essendo possibile, dato il carattere eccezione della decadenza, estenderne l’applicazione ai casi non espressamente previsti; sosteneva, sotto altro profilo, che la certezza della natura e delle cause della malattia si era verificato solo al momento del parere della CMO, e quindi nel giugno 2002, cosicché la domanda doveva ritenersi tempestiva anche sotto questo aspetto; chiedeva pertanto che fosse dichiarato il suo diritto alla liquidazione dell’indennizzo ai sensi della L. 210/1992, con la decorrenza di legge oltre interessi e rivalutazione. Il Tribunale respingeva il ricorso, ritenendo applicabile il termine triennale di decadenza introdotto dalla L. 238/1997, in quanto sia la conoscenza della causa della malattia e del danno, sia la domanda di indennizzo si erano determinate dopo l’entrata in vigore della legge citata. Avverso la sentenza proponeva appello X La Corte ha accolto il gravame queste le parti piu’ salienti della motivazione : A) Decadenza dalla proposizione della istanza amministrativa … L’art. 3, comma 1, legge n. 210/92, prevede, per quanto qui rileva, che “I soggetti interessati…”. …” Presentano alla USL competente le relative domande…” …”Nel termine perentorio di tre anni. …” I termini decorrono dal momento in cui, sulla basa della documentazione di cui ai commi 2 e 3, l’avente diritto risulti aver avuto conoscenza del danno”. La norma suddetta è risultato della modificazione introdotta dalla legge 25 luglio 1997, n. 238, mentre il testo originario disponeva che i soggetti interessati dovevano presentare domanda entro il termine perentorio di tre anni nel caso di vaccinazioni o di dieci anni nei casi di infezione da HIV, non contemplando alcun termine di decadenza per il caso di epatiti posto – trasfusionali. …” La questione dell’ambito temporale di applicabilità del termine decadenziale previsto dalla L. 238/1997 deve essere risolto, a parere della Corte, sulla base dei principi dettati dal Giudice Costituzionale e dalla Suprema Corte per analoghe fattispecie in materia di prestazioni previdenziali od assistenziali, di abbreviazione di termini a pena di decadenza (art. 4 dl 384/1992) : si è ritenuto, in proposito , che “il termine di decadenza non può prendere regola se non dalla legge in vigore nuova decadenza va dunque interpretata, in senso costituzionalmente orientato, nel senso che essa si applica soltanto ove tutti gli elementi della fattispecie siano venuti in essere dopo la sua entrata in vigore (Corte Costituzionale n. 20 del 1994 e n. 128.1996 nello stesso senso, Cass. 21.3.2005 n. 6018). Nel caso in esame sia il momento di decorrenza della decadenza (conoscenza del danno), sia il momento della istanza amministrativa si sono verificati – secondo la prospettazione di tutte le parti – dopo il 1997, e dunque sotto la vigenza della L. 238/1997; né ai fini dell’indennizzo rileva il tempo, eventualmente anche di molto precedente, in cui la malattia è insorta, poiché tale insorgenza è del tutto neutra rispetto al regime del tempo in cui il diritto all’indennizzo deve essere fatto valere. Ritenuta, dunque conformemente alla sentenza di primo grado – la applicabilità al caso della decadenza triennale prevista dall’art. 1 comma 3 L. 210/1992, come modificato dalla L. 238/1997, la decisione impugnata non può essere condivisa in ordine alla individuazione del momento di decorrenza del relativo termine”… …” Osserva infatti la Corte che se è vero che nel ricorso introduttivo la istante ha espressamente affermato di aver contratto “epatite cronica da HCV post trasfusionale, diagnosticata il 6.3.1998”, è altrettanto vero che nel medesimo atto la predetta ha anche affermato di aver avuto esatta contezza della causa della sua malattia (la trasfusione subita molti anni addietro) solo successivamente, con il parere della Commissione Medica del 2002; ed anche vero – e la circostanza assume valore decisivo a proposito della “conoscenza del danno” – che la lettura del referto medico 6.3.1998 non consentiva, e non consente, di comprendere alcun dato circa la causa della riscontrata positività dei marcatori di epatite tipo C esso infatti recita soltanto “Marcatori Epatite Tipo C, HCV – Ab Positivo”, senza contenere alcuna diagnosi di epatite da trasfusione. Quest’ultima circostanza, unita all’altra – segnalata dalla ricorrente e non contestata – che fin dal novembre 1986 era stata diagnosticata una epatite virale NANB, con conseguente pratica di controlli periodici del sangue, rende assai dubbio che il momento di “conoscenza del danno” si sia compiutamente verificato, in capo alla malata, in occasione del referto di HCV positivo del marzo 1998. Deve poi tenersi presente che per “conoscenza del danno” deve necessariamente intendersi – essendosi in presenza di fatti rilevanti ai fini della successiva impossibilità di far valere un diritto – piena consapevolezza di tutti gli elementi costitutivi, e significativi dal punto di vista giuridico, e del danno stesso, da intendersi quest’ultimo come “pregiudizio rilevante nella particolare fattispecie giuridica” : e quindi, nel caso dell’indennizzo per epatite da trasfusione, come “danno derivato da una epatite da virus HCV ricevuto con una trasfusione di sangue”, e non semplicemente come “presenza di una malattia”. La documentazione acquisita agli atti non consente di individuare con certezza in quale momento, necessariamente anteriore alla presentazione della istanza amministrativa (giugno 2001), la ricorrente abbia avuto piena conoscenza del danno. Certamente questo momento non è ragionevolmente identificabile con la data del referto delle analisi del sangue (marzo 1998), che rivela esclusivamente la positività al virus HCV ma non contiene la diagnosi di epatite da trasfusione. La predetta situazione di mancanza di prova di una “conoscenza anteriore di oltre tre anni alla domanda amministrativa non consente di ritenenre maturata la decadenza.”…… B) INDENNIZZAZIONE DELLA MALATTIA In corso di lite è stata espletata CTU, questa ha affermato che “affermare che nella ricorrente non esiste malattia perché ha transaminasi normali appare assolutamente riduttivo e soprattutto non scientificamente approvabile tanto che ormai come visto si trattano anche soggetti con transaminasi normali Non a caso le varie CMO, già da molti anni, sono solite attribuire comunque, anche a tali stadi di malattia, la ottava categoria della tabella A, proprio perché è nota la patogenicità crescente e certa del virus C nel tempo. Sicuramente più le transaminasi sono elevate maggiore può essere in quel momento l’intensità della flogosi, ma si ribadisce che la loro normalità non significa assenza di flogisi anatomo patologica e quindi sintomi e quindi progressione del danno…” . …” Più in generale piace ricordare in questa sede come per malattia si debba intendere ogni alterazione dello stato psicofisico. Forse sapere di avere contratto ingiustamente una infezione che può essere anche mortale, non altera in modo permanente lo stato psicologico di un soggetto? Dunque la infezione da virus C contratta dalla ricorrente ha prodotto dapprima una epatite acuta e quindi, tramite una incapacità dimostrata all’eliminazione del virus, una epatite cronica che per ora è ad uno stadio di scarsa aggressività laboratoristica per quanto attiene il potere necrotico epatocitario. L’epatite cronica da virus C è una malattia nosograficamente riconosciuta ed ha un decorso progressivamente ingravescente, lungo negli anni, potendo evolvere, come abbiamo più volte detto alla cirrosi e/o al cancro”… …” In riforma della sentenza gravata, va pertanto affermato il diritto della ricorrente all’indennizzo per danno da epatite postrasfusionale”…… C) LEGITTIMAZIONE PASSIVA DELLA REGIONE …”L’eccezione della Regione non è fondata. L’art. 114 D. Lgs. 112/98 ha previsto il conferimento alle regioni di tutte le funzioni e i compiti amministrativi in tema di salute e sanità veterinaria, salvo quelli espressamente mantenuti allo Stato; il successivo art. 123, sotto la rubrica “contenzioso” ha previsto che “sono conservate allo Stato le funzioni in materia di ricorsi per la corresponsione degli indennizzi a favore di soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazione di emoderivati”. Le funzioni mantenute allo Stato contemplate da tale articolo non sono, quindi quelle di erogazione del beneficio ma solo quelle, specificatamente ivi indicate, relative ai ricorsi per la corresponsione degli indennizzi, quindi, quelle relative ai ricorsi amministrativi. Poiché la legittimazione passiva ricade sul soggetto tenuto all’erogazione della prestazione richiesta, non può trarsi dalla previsione di cui al ricordato art. 123, l’affermazione della legittimazione passiva dello Stato nelle procedure giudiziarie. Deve tenersi altresì conto che, a mente dell’art. 7, comma 1, D. Lgs. n. 112/98, “i provvedimenti di cui all’art. 7 della legge 15 marzo 1997, n. 59 (cioè i decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, adottati previa audizione dei Ministri interessati e del Ministro del Tesoro), determinano la decorrenza dell’esercizio da parte delle regioni e degli enti locali delle funzioni conferite ai sensi del presente decreto legislativo, contestualmente all’effettivo trasferimento dei beni e delle risorse finanziarie, umane strumentali e organizzative. Con la medesima decorrenza ha altresì efficacia l’abrogazione delle corrispondenti norme previste dal presente decreto legislativo”. In tal modo detta norma ha attribuito valore esterno – e non di meri regolamenti dei rapporti interni fra Stato e regioni – alle previsioni degli emanandi decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri delegati a disciplinare il disposto passaggio di funzioni. Quindi con il DPCM 26.5.2000 si è innanzi tutto indicata la decorrenza del trasferimento delle funzioni all’1.1.2001 e si è altresì stabilito il permanere in capo allo Stato degli oneri e dell’eventuale contenzioso sorto in riferimento a fatti verificatesi anteriormente al trasferimento stesso. Con l’ulteriore decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22.12.2000 si è completato il trasferimento dei beni e risorse, differendo il passaggio delle funzioni dallo Stato alla Regione al 21.2.2001, giorno di pubblicazione del decreto stesso. Attraverso l’accordo della conferenza unificata Stato Regioni dell’8.8.2001 si è stabilito di mantenere in capo al Ministero della Salute la competenza per gli indennizzi riconosciuti a tutto il 21.2.2001. Con l’art. 3 del DPCM 8.1.2002 si è prevista la permanenza a carico dello Stato degli oneri a qualsiasi titolo derivanti dal contenzioso riferito a tutti i ricorsi giurisdizionali riguardanti le istanze di indennizzo trasmesso sino alla data del 21.2.2001 a Ministero della Sanità per il tramite delle Aziende Sanitarie. Il che è stato confermato anche dall’art. 3 del DPCM 24.7.2007” … .

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