Studio legale Valentini
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6.9.2025 Cass. I Ord. 24701/2025 Pres. MERCOLINO – Rel. ROLFI.
10/09/2025
RITENUTO IN FATTO 1. Con sentenza n. 2565/2020, pubblicata il 30 settembre 2020, la Corte d’Appello di Bologna, nella regolare costituzione dell’appellata PROVINCIA DI X e nella contumacia dell’altra appellata AGENZIA REGIONALE, ha parzialmente accolto l’appello proposto dalla A s.a.s. avverso la sentenza del Tribunale di Rimini n. 750/2016. 2. A s.a.s. aveva presentato, in data omissis 2004, istanza per accedere ai contributi stanziati dal Programma Regionale di Sviluppo Rurale (Reg. CE 1257/99) - Programma Operativo di Misura 1.a "Investimenti nelle aziende agricole" - per finanziare, nella misura della metà, i costi relativi ad un Piano di Investimenti dell'impresa (ristrutturazione di un ovile e acquisto di dotazioni), adottato con Delibera della Giunta Regionale n. 305/2002. Il Programma Operativo di Misura 1.a prevedeva: - al punto 9.1 lett. e), che i beneficiari dei contributi avrebbero dovuto procedere alla realizzazione delle opere e alla consegna della documentazione consuntiva completa relativa agli investimenti effettuati entro e non oltre le ore 12 del 31 dicembre 2004, salva possibilità di presentare un'unica istanza di proroga entro il 31 dicembre 2004 purché gli investimenti venissero realizzati entro e non oltre i successivi 150 giorni, pena la revoca del contributo concesso ed il recupero dell'eventuale acconto erogato; - al successivo punto 9.6, che il beneficiario, una volta terminati gli investimenti previsti nel Piano Investimenti, avrebbe dovuto richiedere in forma scritta all'Amministrazione erogante l'accertamento finale sull'avvenuta esecuzione delle opere, degli acquisti e dell'eventuale installazione delle dotazioni aziendali, presentando lo stato finale dei lavori e fatture debitamente quietanzate, accompagnate da documentazione comprovante l'avvenuto pagamento, costituita da apposita dichiarazione liberatoria rilasciata dalla ditta fornitrice o da documentazione bancaria attestante l'avvenuto bonifico. 3. Sulla base di un verbale di contestazione redatto dalla Guardia di Finanza in data omissis 2010, era stata contestata alla società la violazione della Legge n. 898/1986 e successivamente – con nota della PROVINCIA DI X Servizio Agricoltura Attività Produttive e Tutela Faunistica, prot n. 33205, adottata il omissis 2011 e notificata il omissis 2011 – era stato comunicato il provvedimento n. 217 del omissis 2011 che disponeva: 1) la decadenza totale della società della domanda di aiuto n. omissis; 2) la revoca, ex art. 18 L.R. n. 15/1997, dei relativi contributi, erogati nell’anno 2005 a seguito di domanda nell’anno 2004, con obbligo di restituire quanto indebitamente percepito per un totale di Euro omissis, maggiorati degli interessi legali nella misura dell’l,5% e di ulteriori quattro punti a titolo di sanzione amministrativa ex art. 18, comma 3, L.R. n. 15/1997; 3) l’esclusione della società da ogni agevolazione in materia di agricoltura per 180 giorni; e contestualmente era stato ingiunto alla società il pagamento della somma di Euro omissis, maggiorata di interessi, nel termine di 30 giorni, a titolo di sanzione. All'esito delle contestazioni era stato aperto procedimento penale nei confronti del legale rappresentante della società, conclusosi con sentenza di assoluzione pronunciata dal Tribunale di Pesaro. 4. Proposta dalla società opposizione ex art. 3 r.d. n. 639/1910 e costituitesi le Amministrazioni convenute, il Tribunale di Rimini aveva respinto l'opposizione stessa, ritenendo che gli esiti del giudizio penale non potessero assumere rilevanza di giudicato nel giudizio civile. 5. La Corte d’Appello di Bologna, decidendo sul gravame della A s.a.s., ha, in primo luogo, evidenziato che il giudizio penale aveva avuto come esito l’assoluzione dall'imputazione per il reato ex art. 640-bis c.p. con la formula “perché il fatto non costituisce reato”, evidenziando che le condotte contestate nel giudizio penale erano le medesime contestate anche in sede amministrativa. La Corte territoriale, quindi, pur escludendo che la decisione potesse avere efficacia di giudicato nel giudizio civile, ha ritenuto che dalla decisione stessa potessero trarsi elementi di giudizio. La sentenza impugnata, poi, ha evidenziato in fatto: - che la società, avendo chiesto – ed ottenuto dalla PROVINCIA DI X - proroga del termine di fine dei lavori, era tenuta a completare i lavori previsti nel Piano di Investimenti nel termine del 30 maggio 2005 mentre, nell'ulteriore termine dei 30 giorni successivi, era tenuta a consegnare la documentazione consuntiva completa relativa agli investimenti realizzati di cui al punto 9.6, primo paragrafo, lettera b) del POM; - che la società non aveva contestato che - come rilevato dalla Guardia di Finanza - le dichiarazioni liberatorie dei pagamenti erano state rilasciate in data antecedente al pagamento degli importi fatturati, ma che gli interventi finanziati erano stati tutti ultimati nei termini previsti. - che solo in relazione a due forniture si doveva rilevare che, dopo il rilascio della dichiarazione liberatoria, era avvenuta la parziale restituzione con emissione di note di credito. Richiamata la disciplina applicabile ed evidenziato che, avendo agito ex art. 2033 e.e., era onere dell'Amministrazione fornire prova dell'indebito, la Corte d'appello ha escluso che detta prova fosse stata raggiunta, osservando che gli interventi programmati erano stati realizzati e negando che assumesse rilevanza il fatto che i pagamenti erano stati effettuati con assegni consegnati ai fornitori prima della scadenza fissata - per produrre nei termini previsti le quietanze di pagamento ma incassati in data posteriore, trattandosi di assegni postdatati. La Corte territoriale, infatti, ha fatto proprie le considerazioni del giudice penale, che aveva ritenuto corretto il rilascio della quietanza al momento della consegna del titolo al fornitore, “posto che in tale momento, trattandosi di assegno bancario, che immediatamente poteva essere posto all'incasso, è avvenuto lo spossessamento del patrimonio dell'imprenditore, restando non rilevante che il materiale incasso per scelta del fornitore, sia avvenuto solo successivamente”. La Corte d'Appello ha quindi escluso che la società avesse prodotto dichiarazioni non veritiere tali da indurre in grave errore le Amministrazioni, ritenendo fondate le contestazioni solo in ordine alle due forniture in relazione alle quali era avvenuta la parziale restituzione dei pagamenti. Conseguentemente, la Corte felsinea ha: affermato l’obbligo della società di restituire solamente la metà delle somme per le quali l’opera finanziata non era stata eseguita, pari ad Euro omissis: rideterminato la sanzione da irrogare nella misura del 30% di quanto indebitamente percepito, essendo l'indebito inferiore al 10% di quanto finanziato ex art. 3, comma 1, lett. a), Legge n. 898/1986; dichiarato sospesa fino all’avvenuto pagamento la corresponsione di qualsiasi aiuto, premio, indennità, restituzione, contributo o altra erogazione ex art. 3, comma 5, Legge n. 898/1986. 6. Per la Cassazione della sentenza della Corte d’Appello di Bologna ricorre la PROVINCIA DI X. Resiste con controricorso A s.a.s. È rimasta intimata l’AGENZIA REGIONALE. 7. La trattazione del ricorso è stata fissata in camera di consiglio, a norma degli artt. 375, secondo comma, e 380-bis.1 c.p.c. Le parti hanno depositato memorie. CONSIDERATO IN DIRITTO 1. Il ricorso è affidato a due motivi. 1.1. Con il primo motivo il ricorso deduce, - in relazione all’art. 360, n. 4, c.p.c., la contraddittorietà della motivazione; - in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione “delle norme per l'erogazione dei contributi in parola, e specificamente della delibera Giunta regionale Emilia Romagna n. 1914 del 7.11.2000 recante “piano regionale di sviluppo rurale 2000-2006. Misura 1.1 “Investimenti nelle Aziende agricole - Programma operativo di misura” punti 9.1 e 9.6, come integrato con delibera Giunta regionale Emilia Romagna n. 1459 del 17.7.2001 recante “Piano regionale di sviluppo rurale Misura 1.a. Modifica ed integrazione della delibera di Giunta Regionale 1914/00”. Come sintetizzato dalla ricorrente, “si esamina la sentenza impugnata in relazione alla effettiva dimostrazione, da parte di A dell'avvenuto pagamento, entro i termini decadenziali fissati, degli investimenti oggetto dei contributi erogati. In particolare evidenzia la contraddittorietà della sentenza laddove pur affermando che il pagamento effettivo e l'incasso delle somme dovute dall'imprenditore ai propri fornitori sono intervenuti in data successiva al termine fissato (30.5.2005), ha ritenuto tuttavia che la presentazione, entro la medesima data della dichiarazione liberatoria da parte dei fornitori unitamente alle fatture quietanzate sia stato sufficiente per far ritenere provato ed avverato l'avvenuto pagamento dei fornitori, rimanendo irrilevante ed ininfluente la circostanza della emissione di assegni post datati in favore dei fornitori medesimi. Inoltre si contesta la violazione delle vincolanti previsioni di cui alla Delibera n. 1914/2000 in ordine alla dimostrazione de/l'effettivo avvenuto pagamento degli investimenti effettuati pur in presenza di assegni bancari post datati, pacificamente incassati in data successiva alla improrogabile e perentoria scadenza del 30.5.2005”. 1.2. Con il secondo motivo il ricorso deduce, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell'art. 18, comma 1, lett. c, e comma 2, L.R. Emilia-Romagna n. 15/1997. Come sintetizzato dalla ricorrente, “si contesta la ritenuta insussistenza dell’errore grave, richiesto dalla norma regionale per revocare il finanziamento ed irrogare le sanzioni conseguenti. In particolare si evidenzia la erroneità della sentenza che, pur accertando che il pagamento delle somme dall'imprenditore ai fornitori è intervenuto in data successiva al 30.5.2005, nega la circostanza dell'errore grave, senza considerare che se la Provincia, al momento della presentazione della documentazione fosse stata messa nella condizione di conoscere il reale stato economico e finanziario degli investimenti non avrebbe potuto erogare il contribuito. Inoltre si evidenzia la violazione e falsa applicazione dell'art. 18, comma 2 L.R. Emilia Romagna n. 15/1997. Infine, si evidenzia che la sentenza, in violazione delle norme richiamate (art. 18, co, 1 lett. c) e Del. n. 1914/2000 punto 9.6), pur dando per accertata la circostanza che il flusso di denaro dall’imprenditore al fornitore è intervenuto in data successiva al 30.5.2005, ha ritenuto tuttavia non sussistente il grave errore, posto a fondamento della revoca del finanziamento e della irrogazione delle sanzioni”. 2. I due motivi di ricorso devono essere esaminati congiuntamente, considerata la stretta correlazione, e sono infondati. Nel ritenere sia che la presentazione entro il termine della dichiarazione liberatoria da parte dei fornitori, unitamente alle fatture quietanzate, valesse ad escludere la fondatezza della pretesa azionata dall’odierna ricorrente, sia che, a fronte del rilascio della quietanza da parte dei fornitori, risultasse irrilevante il fatto che tale pagamento era avvenuto con emissione di assegni post datati, incassati in data successiva al termine fissato per la rendicontazione, la decisione impugnata non è incorsa né nella dedotta contraddittorietà della motivazione né, tampoco, nella violazione delle previsioni invocate nel motivo di ricorso. La decisione della Corte felsinea, invece, nel suo percorso argomentativo si è espressa in modo convergente rispetto al recente orientamento espresso da questa Corte in fattispecie significativamente affine, allorquando è stato chiarito che, in tema di liquidazione delle spese sostenute per l'attuazione di un progetto finanziato con fondi comunitari, per il rimborso delle sole spese sostenute è sufficiente che il pagamento, avvenuto mediante assegno bancario saldato dopo la scadenza del termine di rendicontazione, sia stato quietanzato dalla controparte, sicché, in presenza di tali presupposti, non è possibile chiedere la ripetizione, non potendo essere messa in discussione l'effettività del pagamento debitamente quietanzato dalla controparte (Cass., Sez. 1, Sentenza n. 31970 del 17/11/2023). Si è infatti chiarito, in quella sede, che - al di là di ogni riserva sull’immediato effetto solutorio-liberatorio del pagamento a mezzo assegni - ad assumere concreta rilevanza era la considerazione che il rimborso ottenuto dal soggetto finanziato documentando le spese sostenute nei confronti dei terzi a mezzo degli assegni e fatture quietanzate, valeva di per sé a far ritenere assolto l'insieme di oneri posti a carico del soggetto finanziato medesimo, atteso che il rilascio della quietanza ad opera della controparte vale a far ritenere effettuato il pagamento, sicché l'effettività di quest'ultimo non poteva più ritenersi discutibile. Il principio appena sintetizzato risulta applicabile anche al caso in esame: rammentato che il punto 9.6 del Piano Regionale di sviluppo rurale 2000-2006. Misura 1.a. Investimenti nelle aziende agricole gravava il beneficiario del finanziamento di un onere di rendicontazione mediante la produzione di fatture debitamente quietanzate e della dichiarazione liberatoria rilasciata dalla ditta fornitrice oppure - si badi bene: solo in alternativa - da documentazione bancaria attestante il pagamento, si deve affermare che, nel momento in cui l'odierna controricorrente aveva assolto a tale onere, producendo le dichiarazioni liberatorie delle ditte fornitrici - come accertato in fatto dal giudice del merito, senza che tale accertamento sia stato censurato - la circostanza dell'avvenuto pagamento doveva ritenersi non più contestabile, risultando in tal modo esclusa la fondatezza della successiva pretesa restitutoria dell'Ente finanziatore. Né poteva assumere rilevanza il fatto che l’effettivo incasso degli assegni fosse avvenuto in epoca successiva alla scadenza dell'obbligo di rendicontazione, tenuto anche conto del fatto che la post-datazione dei titoli - comportando la nullità del patto concluso tra le parti - non avrebbe comunque impedito ai creditori di esigere immediatamente il pagamento dei titoli medesimi, con la conseguenza che - come correttamente rammentato anche dalla decisione impugnata – l’assegno bancario postdatato, non diversamente da quello regolarmente datato, era da considerarsi venuto ad esistenza come titolo di credito e mezzo di pagamento al momento stesso della sua emissione, da identificarsi con il distacco dalla sfera giuridica del traente ed il passaggio nella disponibilità del prenditore (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 2160 del 31/01/ 2006). Emerge, in tal modo, la infondatezza anche del secondo mezzo di gravame - dipendente dal primo per ammissione della stessa ricorrente - atteso che la ricostruzione sin qui operata vale ad evidenziare che altrettanto correttamente il giudice del merito non ha ravvisato la sussistenza di un “errore grave” ai sensi della L.R. Emilia-Romagna n. 15/1997, dal momento che l'esclusione in radice del carattere "non veritiero" dell'informazione veniva di per sé ad escludere anche la sussistenza del suddetto errore. Ratio decidendi che - a ben vedere - vale a rendere irrilevante l’ulteriore questione in ordine alla operatività o meno di una proroga del termine per la rendicontazione, essendo la prima ratio espressa dalla Corte d'appello già di per sé sufficiente a sorreggere la sentenza impugnata. 3. Priva di pregio - con i riflessi che si avrà modo di esporre in punto di spese del giudizio di legittimità - è la deduzione, da parte della controricorrente, dell’operatività della preclusione derivante dall'applicazione del principio del ne bis in idem. Infatti, anche a voler obliterare le indicazioni desumibili dal principio - enunciato da questa Corte - per cui la sanzione amministrativa di cui all'art. 3 della Legge n. 898/1986 non è equiparabile, alla luce della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell'uomo, a quella penale, sicché la doppia punibilità prevista dagli artt. 2 e 3 della stessa Legge n. 898/1986 non integra una violazione del principio del ne bis in idem (Cass., Sez. 2 Ordinanza n. 10459 del 15/04/2019), si deve in ogni caso osservare che a venire in rilievo nel caso in esame era, in primo luogo, il profilo della ripetizione delle somme che l'odierna ricorrente assumeva essere state indebitamente erogate, e cioè un profilo che - ricondotto anche dal giudice di merito all'art. 2033 c.c.. - ha carattere squisitamente restitutorio ed esula da qualsivoglia funzione sanzionatoria. 4. Il ricorso deve quindi essere rigettato. In ordine alle spese del giudizio di legittimità, questa Corte ritiene - in considerazione sia della peculiarità della vicenda, sia del fatto che l'orientamento di questa Corte poc'anzi richiamato si è formato in data posteriore alla proposizione del ricorso, sia della infondatezza dell'eccezione di parte controricorrente riferita al ne bis in idem - che si debba disporne l’integrale compensazione. (omissis)