Studio legale Valentini
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3.6.2025 Consiglio di Stato Sez. Sesta Sent. n. 4766/2025 Pres. De Felice Est. Sattullo.
05/06/2025
(omissis) … “ Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue. FATTO e DIRITTO 1. Con la sentenza oggetto di revocazione, pronunciata in sede di ottemperanza, il Consiglio di Stato, ha definito il giudizio relativo alla determinazione del premio, ex art. 44 l. 1giugno 1039, n. 1089, per il ritrovamento nel Comune di A una rilevante quantità di reperti archeologici, immobili e mobili. Durante il medesimo giudizio erano state adottate anche sentenze non definitive con cui era stata liquidata una parte dei beni oggetto di ritrovamento. I ricorrenti hanno chiesto la revocazione della predetta sentenza definitiva deducendo i seguenti errori di fatto: 1) Per quanto riguarda i beni immobili i ricorrenti, pur prendendo atto delle precedenti sentenze non definitive che avevano già liquidato il relativo premio, hanno evidenziato che con ordinanza collegiale n. 2679/2019 il collegio aveva rappresentato che restavano ancora da computare le strutture murane successivamente interrate per motivi di sicurezza, passaggio rimasto privo di riscontro nella sentenza oggetto di revocazione; 2) Per quanto concerne la liquidazione del premio per le monete ed il cd. "tesoretto medievale" vi è stata una totale omissione di pronuncia, a fronte della sentenza non definitiva n. 709/2018 secondo cui restavano fuori dalla stima i reperti di B degli scavi 1984 – 1989 ed il cd. “tesoretto medievale”; 3) La liquidazione del premio per beni mobili è stata effettuata senza tenere conto degli interessi e della rivalutazione, avendo l'organo giudicante errato nel qualificare l'obbligazione come debito di valuta e non di valore in contrasto con la precedente sentenza n. 2612/2014, emessa nello stesso giudizio di ottemperanza e con le precedenti liquidazioni relative agli altri beni intervenute nel medesimo giudizio; 4) L'organo giudicante non si è mai pronunciato sulla domanda diretta ad ottenere gli interessi e la rivalutazione sulle somme precedentemente corrisposte dall'amministrazione a titolo di premio; 5) Vi è stata totale omissione nell'individuazione della parte processuale tenuta al pagamento delle spese della consulenza tecnica d'ufficio e delle consulenze di parte. I ricorrenti, quanto alla fase rescissoria, hanno quindi chiesto di accogliere la domanda di liquidazione del premio concernente il materiale numismatico descritto nella relazione del dott. C con un valore di euro omissis; la domanda avente ad oggetto gli interessi e la rivalutazione relativi ai premi liquidati, per euro omissis; la domanda di condanna dell’amministrazione resistente al pagamento delle spese di consulenza tecnica d’ufficio per euro omissis e di consulenza tecnica di parte per euro omissis. L'amministrazione non si è costituita in giudizio. Alla camera di consiglio del 10 aprile 2025 la causa è stata assunta in decisione. 2. SUI MOTIVI 1) E 4). Va preliminarmente rilevato che, secondo la costante giurisprudenza di questo Consiglio, "L'errore di fatto revocatorio, per esser dirimente ai sensi dell'art. 395, comma 1, n. 4, c.p.c., si ha solo quando: 1) a causa d'una svista sulla percezione delle risultanze materiali del processo, oggettivamente e immediatamente rilevabili, il giudice supponga l'esistenza di un fatto la cui verità sia esclusa in modo incontrovertibile o viceversa; 2) l'errore deve essere decisivo, nel senso che, se non vi fosse stato, la decisione sarebbe stata diversa; 3) non deve cadere su di un punto controverso, sul quale il giudice si sia pronunciato; 4) deve presentare i caratteri di evidenza e di obiettività, sì da non richiedere, per essere apprezzato, lo sviluppo di argomentazioni induttive e di indagini ermeneutiche; 5) non deve consistere in un vizio di assunzione del fatto, né tampoco in un errore nella scelta del criterio di valutazione del fatto medesimo." (v. di recente Cons. Stato, sez. VII, 15 novembre 2024, n. 9174). Quanto poi all'omessa pronuncia su una domanda, la stessa ridonda "in errore di fatto che giustifica la revocazione, solo qualora la ragione di siffatta omissione risulti causalmente riconducibile alla mancata percezione dell'esistenza e del contenuto di atti processuali (cfr. Cons. Stato, sez. V, 20 febbraio 2024, n. 1686). Si deve trattare, in altri termini, di una totale mancanza di esame o di valutazione del motivo e non di un difetto di motivazione della decisione (cfr. Cons. Stato, sez. V, 2 febbraio 2024, n. 1094)" (Cons. Stato, sez. VII, 10 luglio 2024, n. 6166). 2.1. Ciò premesso, il motivo sub 1) è inammissibile. Al riguardo si rileva che, come affermato dagli stessi ricorrenti, il premio per i beni immobili ed i relativi accessori sono stati liquidati con le precedenti sentenze non definitive n. 709/2018 e n. 6165/2019, essendo proseguito il giudizio solo per la quantificazione del premio relativo al ritrovamento del cd. "tesoretto medievale" e dei beni mobili rinvenuti nel periodo 1984-1989. Ne consegue quindi che, a prescindere dalla dubbia qualificazione dell'errore dedotto come errore di fatto revocatorio, lo stesso avrebbe dovuto comunque essere fatto valere avverso le precedenti sentenze non definitive che hanno liquidato il premio avente ad oggetto i beni immobili. D'altronde, la stessa parte ricorrente non formula alcuna domanda per l'eventuale fase rescissoria. 2.2. Anche il motivo sul 4), con cui parte ricorrente ha censurato la sentenza impugnata per non avere pronunciato in ordine alla liquidazione degli interessi e della rivalutazione sulle somme già precedentemente corrisposte dall'amministrazione, è inammissibile. Si evidenzia al riguardo che l'organo giudicante ha preso in considerazione e si è pronunciato sia sugli accessori applicabili alle somme da esso liquidate a titolo di premio per i beni rinvenuti sia sulla detrazione da tale ammontare delle somme già precedentemente corrisposte dall'amministrazione e non risulta in modo palese dagli atti, anche in considerazione delle pregresse liquidazioni di premi comprendenti un rilevante numero di reperti, che i premi per i quali parte ricorrente ha chiesto la rivalutazione e gli interessi non siano stati oggetto di nuova valutazione e liquidazione, comprensiva degli accessori, da parte del giudice dell’ottemperanza. 3. SUL MOTIVO 3). Con il terzo motivo di revocazione parte ricorrente ha dedotto il contrasto tra la sentenza impugnata e le precedenti sentenze non definitive emesse nel medesimo giudizio di ottemperanza. In particolare, mentre le precedenti sentenze non definitive hanno qualificato il premio come debito di valore (con conseguente spettanza, oltre che degli interessi, anche della rivalutazione), la sentenza impugnata ha qualificato il premio come debito di valuta liquidando solamente gli interessi. Anche tale motivo è inammissibile. Va al riguardo premesso che per costante giurisprudenza "Perché una sentenza possa considerarsi contraria ad altra precedente avente tra le parti autorità di cosa giudicata, e, quindi, essere oggetto di revocazione, occorre che tra i due giudizi vi sia identità di soggetti e di oggetto, tale che tra le due vicende sussista una ontologica e strutturale concordanza degli estremi sui quali deve essere espresso il secondo giudizio, rispetto agli elementi distintivi della decisione emessa per prima, nel senso che la precedente sentenza deve avere ad oggetto il medesimo fatto o un fatto ad esso antitetico, non anche un fatto costituente un possibile antecedente logico, restando poi la contrarietà con la sentenza avente autorità di cosa giudicata ipotizzabile solo in relazione all'oggetto degli accertamenti in essa racchiusi" (v., tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 29 maggio 2023, n. 5259). Con specifico riferimento poi al contrasto tra diverse sentenze di ottemperanza emesse nel medesimo giudizio, l'Adunanza Plenaria ha affermato che "In terzo luogo - anche nel solco della tesi tradizionale che configura il giudizio di ottemperanza come giudizio misto di cognizione ed esecuzione che dà luogo a un giudicato a formazione progressiva, anziché come giudizio di sola esecuzione, sia pure speciale, con poteri di merito del giudice di ottemperanza limitati alla sostituzione dell'amministrazione entro i limiti del giudicato formatosi sulla sentenza ottemperanda, con possibilità di proporre in esso esclusivamente azioni esecutive e con preclusione all'ingresso di aspetti cognitori non esaminati nel giudizio ordinario di cognizione definito con la sentenza ottemperanda (il che escluderebbe ab imis che le sentenze emesse nel giudizio di ottemperanza siano idonee ad assurgere ad autorità di cosa giudicata sostanziale), sotto un profilo strettamente logico, pena la violazione del principio di identità, mai sarebbe configurabile un contrasto di giudicati ai sensi dell'art. 395, n. 5), c.p.c. nell'ambito di un medesimo giudizio di ottemperanza teso ad attuare una medesima sentenza cognitoria, non trattandosi di giudicati tra di loro autonomi, ma di un medesimo giudicato unitario originato dalle sentenze di ottemperanza che, in tesi, viene ad essere completato progressivamente." (Cons. Stato, ad. pl., 6 aprile 2017, n. 1). Ciò premesso, anche volendo prescindere dalla dubbia ammissibilità della revocazione di una sentenza di ottemperanza per contrasto con altra sentenza di ottemperanza emessa nel medesimo giudizio, in ogni caso non può ritenersi sussistente nella specie né l'identità di oggetto né un reale contrasto tra le pronunce. Sotto il primo profilo, va rilevato che le precedenti liquidazioni avevano ad oggetto beni diversi da quelli definitivamente liquidati con la presente pronuncia; sotto il secondo profilo va invece evidenziato che, pur non essendo stata espressamente disposta la rivalutazione, il valore dei beni liquidato con la sentenza oggetto di revocazione è stato già stimato all'attualità e non alla data del ritrovamento, con la conseguenza che l'applicazione anche della rivalutazione avrebbe determinato una iper compensazione. 4. SUL MOTIVO 2) In applicazione dei principi di diritto già enunciati al superiore punto 2. della motivazione, il collegio ritiene invece parzialmente ammissibile il secondo motivo di revocazione per errore di fatto, sub specie di omessa pronuncia. 4.1. Al riguardo si osserva che parte ricorrente ha chiesto la liquidazione del premio per tutti i beni rinvenuti nel sito archeologico tra l' 1 gennaio 1962 ed il 12 dicembre 1999. Tra questi rientra anche il cd. "tesoretto medievale" recuperato nel 1965 (un insieme di 148 monete, di cui 147 quarti di dinaro o tarì ed una moneta bizantina). Tale circostanza è confermata sia dal reclamo depositato in data 16 dicembre 2014, sia dalle sentenze non definitive pronunciate nel corso del giudizio di ottemperanza nelle quali l'organo giudicante ha espressamente disposto la prosecuzione del giudizio per la liquidazione del premio relativo ai reperti ritrovati nel periodo 1984-1989 ed al cd. "tesoretto medievale" (v. in particolare sentenza n. 709/2018 e sentenza n. 2601/2020). Inoltre, come richiesto con ordinanza n. 624/2024 in considerazione del ritenuto inadempimento del collegio di verificazione, parte ricorrente ha depositato una relazione di parte a firma del consulente d, avente ad oggetto reperti archeologici, e una relazione di parte a firma del consulente C, avente ad oggetto le monete rinvenute durante gli scavi e il cd. “tesoretto medievale”. Ciò premesso, nella sentenza impugnata l'organo giudicante ha quantificato il premio residuo facendo riferimento solamente ai beni mobili ( ed al relativo valore di stima) indicati nella relazione del consulente di parte d (v. n particolare fine pag. 12 e pag. 13 nelle quali si riporta la stima di parte dei beni mobili del periodo 84/89, delle tombe 1962-1972, delle tombe 1979-1983, della statua e della testa di Artemide e della testa di Arpocrate). Nella quantificazione del premio il giudicante non ha invece tenuto in considerazione il contenuto della relazione di parte a firma del dott. C avente ad oggetto la stima del cd "tesoretto medievale", il cui premio non è stato conseguentemente liquidato. Alla luce di ciò, deve ritenersi sussistente l'errore revocatorio essendo il giudicante incorso in una svista immediatamente percepibile sul contenuto di un documento di parte che ha comportato l'omessa pronuncia su parte della domanda. 4.2. Quanto appena esposto non vale invece con riferimento all'asserita mancata considerazione, ai fini della liquidazione del premio, delle altre monete parimenti indicate nella relazione del dott. C (nucleo di monete rinvenute nel corso degli anni in modo sporadico e monete in bronzo del V secolo d.C.). Si osserva al riguardo che, come sopra esposto, il giudizio è proseguito esclusivamente per la liquidazione del premio relativo ai beni mobili rinvenuti nel periodo 1984-1989 ed al cd. "tesoretto medievale" e non risulta palese che le monete indicate nella relazione del dott. C siano state rinvenute nell’arco temporale 1984 – 1989. 4.3. A seguito del parziale accoglimento del ricorso di revocazione per la ragione di cui al punto 4.1. deve ora procedersi, nella fase rescissoria, alla liquidazione del premio per il cd. "tesoretto medievale". Tenuto conto della domanda di parte e della relazione estimativa prodotta, la liquidazione di tale premio può avvenire in base a criteri analoghi a quelli utilizzati dalla sentenza oggetto di revocazione con riguardo alla quantificazione del premio per gli altri beni mobili. Occorre considerare che il consulente di parte ha quantificato il valore del cd. "tesoretto medievale" nella somma di omissis, alla quale ha aggiunto un ulteriore 50% del valore stimato m ragione dell'importanza storica artistica ed archeologica e dell'eccezionale valore dell'insieme, per un totale di euro omissis. Il collegio ritiene che tale ultima somma vada equitativamente ridotta in una proporzione pari a due quinti, considerata la provenienza di parte della valutazione, l'elevata percentuale di aumento applicata dal consulente di parte e la circostanza che la stima di ogni singola moneta è già stata portata dal consulente dal valore di euro omissis cadauna nella relazione del 2015 al valore di euro omissis cadauna nella relazione del 2024. Pertanto deve considerarsi un valore stimato del tesoretto di euro omissis, in relazione al quale può essere assegnato un premio del 25%, analogamente a quanto effettuato dalla sentenza oggetto di revocazione in relazione agli altri beni mobili. Sulla predetta somma, che viene già liquidata secondo valori attuali, vanno liquidati gli interessi al tasso legale dalla data del ritrovamento fino al soddisfo. 5. SUL MOTIVO 5). Per quanto riguarda p01 le spese relative al compenso dei consulenti tecnici d'ufficio e dei consulenti tecnici di parte, va rilevato che la sentenza oggetto di revocazione nella parte motiva si è pronunciata sulle spese, disponendo che le stesse seguissero la soccombenza, ma nel dispositivo non ha specificamente liquidato le spese sostenute da parte ricorrente per il compenso spettante ai consulenti. Secondo la giurisprudenza, quando l'organo giudicante indica in parte motiva che le spese sono poste a carico della parte soccombente senza tuttavia liquidarle in dispositivo, ricorre un errore materiale suscettibile di mera correzione e non di revocazione (v. Cass., SS. UU., n. 16415/2018). Tuttavia, nel caso in esame, avendo parte ricorrente esperito per altre ragioni il ricorso di revocazione, il rimedio minore della correzione di errore materiale può ritenersi compreso nel più ampio rimedio della revocazione. Pertanto previa riqualificazione della domanda di revocazione m domanda di correzione di errore materiale, va liquidata in favore di parte ricorrente, a titolo di spese processuali, anche la somma complessiva di euro omissis, in relazione ai compensi corrisposti ai consulenti tecnici d'ufficio e di parte, da distrarre in favore dei difensori antistatari. 6. In ragione della natura del giudizio e della condotta non oppositiva dell'amministrazione le spese del presente giudizio vanno integralmente compensate. (omissis)