Coniugi – Separazione giudiziale in corso – Donazione – Art. 801 c.c. – Revoca per ingratitudine – Decorrenza del termine di decadenza – Fattispecie – Sussistenza – Inammissibilità della domanda – Infondatezza nel merito della domanda – Sussiste.

17/10/2025 – Tribunale di Pesaro – Sent. 551/2025 – Est. Pietropaolo.

17/11/2025

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con atto di citazione notificato in data omissis.2024, A ha evocato in giudizio dinanzi all’intestato Tribunale B, chiedendo la revoca, ai sensi dell’art. 801 c.c., della donazione del co- usufrutto, per la quota della metà, di una serie di beni immobili siti in omissis, effettuata in favore della convenuta in costanza di matrimonio. A sostegno della domanda l’attore ha dedotto che, a seguito della crisi coniugale e dell’instaurazione di un procedimento di separazione personale, la convenuta aveva assunto condotte gravemente lesive della sua dignità, del suo onore e della sua figura genitoriale, tali da integrare gli estremi dell’ingratitudine rilevante ai fini della revoca della donazione. La convenuta si è ritualmente costituita in giudizio, contestando integralmente la ricostruzione attorea e sollevando eccezioni preliminari di inammissibilità della domanda per intervenuta decadenza dall’azione ex art. 802 c.c. (sulla base dell’assunto secondo cui l’attore aveva già maturato piena consapevolezza dei fatti ritenuti lesivi almeno dal marzo 2023, data del secondo ricorso possessorio), nonché di improcedibilità della stessa per omesso esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria, ex art. 5, comma 1-bis, D. Lgs. 28/2010, chiedendo, in ogni caso, il rigetto della domanda perché infondata. Esperito senza esito il tentativo di conciliazione, disattesa (con ordinanza del 7.3.2025) l’istanza di sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 295 c.p.c., avanzata da parte attrice in attesa della definizione del procedimento di separazione personale, e rigettata contestualmente la richiesta di prova testimoniale, stante la superfluità di ulteriori incombenti istruttori alla luce della documentazione già versata in atti, all’udienza del 22.9.2025 la causa è stata discussa oralmente ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. e, quindi, trattenuta in decisione ai sensi dell’art. 281-sexies, co. 3, c.p.c. Sull’eccezione di improcedibilità per mancato espletamento della mediazione obbligatoria. La difesa della convenuta ha rinunciato in sede di udienza di discussione all’eccezione di improcedibilità della domanda per mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria ex art. 5, comma 1-bis, D. Lgs. 28/2010, avendo riconosciuto l’avvenuto espletamento dello stesso nel corso del giudizio (come documentato da parte attrice). La condizione risulta, quindi, soddisfatta. Sulle richieste istruttorie avanzate da parte attrice. Va preliminarmente confermata l’ordinanza del 7.3.2025, con la quale sono state rigettate le richieste istruttorie formulate da parte attrice, atteso che le prove orali articolate appaiono superflue ai fini della decisione, in quanto non idonee ad incidere sugli elementi già acquisiti attraverso la copiosa produzione documentale versata in atti. Sull’ammissibilità della produzione della sentenza di separazione personale. Nel corso del giudizio la convenuta ha depositato la sentenza n. omissis/2025 del Tribunale di Pesaro, pubblicata il omissis.2025, con cui è stata pronunciata la separazione personale tra le parti, con addebito al A per condotte fedifraghe e gravemente offensive nei confronti della moglie. Tale pronuncia, sopravvenuta rispetto al deposito delle memorie istruttorie, è stata invocata dalla convenuta quale elemento utile ai fini del decidere, in quanto idonea a smentire la narrazione attorea e a confermare la legittimità delle iniziative difensive assunte dalla B. Parte attrice ha eccepito la tardività e l’irrilevanza della produzione della sentenza di separazione personale tra le parti, depositando l’atto di appello proposto avverso la suddetta sentenza. L’eccezione di tardività è infondata. In primo luogo, la produzione della sentenza di separazione non può ritenersi tardiva, trattandosi di documento sopravvenuto in corso di causa e, come tale, non conoscibile né producibile anteriormente dalla parte convenuta. La giurisprudenza di legittimità è costante nell’affermare che la produzione di documenti formatisi successivamente all’introduzione del giudizio sia sempre ammissibile, purché avvenga prima della chiusura della fase istruttoria e sia tempestivamente comunicata alle altre parti (cfr. Cass. civ., sez. III, 13/01/2017, n. 747; Cass. civ., sez. II, 21/06/2018, n. 16346), aggiungendo che la produzione è ammissibile anche dopo la scadenza dei termini istruttori, purché avvenga nella prima difesa utile successiva alla formazione del documento stesso (Cass. Civ., Sez. III, ord. 13/06/2019 n. 15879; Cass. Civ., Sez. II, ord. 23/04/2025 n. 10557). Nel caso di specie, la sentenza di separazione è stata depositata dalla convenuta non appena resa disponibile, nel rispetto del principio del contraddittorio. Quanto alla rilevanza, la sentenza di separazione personale tra le parti, con addebito a carico dell’attore, costituisce elemento istruttorio di indubbio rilievo ai fini della valutazione complessiva delle condotte reciproche e del contesto familiare in cui si inseriscono i fatti oggetto di causa. In essa è, infatti, contenuto l’accertamento giudiziale di comportamenti dell’attore che hanno determinato la crisi coniugale e fornisce elementi circostanziali utili per la ricostruzione del contesto familiare, nel cui ambito si colloca la donazione oggetto della domanda di revoca. Sull’eccezione di decadenza ex art. 802 c.c. Va premesso che il compendio immobiliare oggetto di donazione è stato acquisito in più fasi, come da atti notarili allegati da parte attrice: (omissis) In tutti gli atti, la provvista è stata dichiarata come frutto di liberalità da parte del A; l’usufrutto è stato riservato ai genitori pro quota con diritto di accrescimento, mentre la nuda proprietà è stata attribuita ai figli minori. Dalla documentazione prodotta in giudizio risulta che la donazione del co- usufrutto si inseriva in un progetto familiare condiviso, volto a garantire ai figli un ambiente adeguato alla crescita, come risulta dalle autorizzazioni del Giudice Tutelare (v. doc. n. 1 fasc. att. e n. 33 fasc. conv.). L’attore ha chiesto la revoca della donazione in favore della convenuta, dolendosi, in particolare, del fatto che quest’ultima avesse deciso unilateralmente di trasferirsi insieme ai figli minori nell’immobile oggetto di donazione, contestualmente rifiutandosi di ottemperare ai provvedimenti dell’autorità giudiziaria, che disponevano, invece, la collocazione dei minori presso la casa familiare di via omissis. L’attore ha, altresì, allegato di aver dovuto adire il Tribunale civile, per ottenere il ripristino del compossesso dell’immobile, ottenuto solo a seguito di due distinte ordinanze (del omissis.2022 e dell’omissis.2023), eseguite con difficoltà e solo mediante l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario. Ha, infine, evidenziato la pendenza di procedimenti penali a carico della convenuta, tra cui due decreti penali di condanna ai sensi dell’art. 388 c.p. A fronte di tali allegazioni, la convenuta ha eccepito l’intervenuta decadenza dall’azione, sostenendo che l’attore aveva già maturato piena consapevolezza dei fatti ritenuti lesivi almeno dal marzo 2023, data del secondo ricorso possessorio (doc. 33 parte attrice), e comunque ben prima della notifica dell’atto di citazione, avvenuta nel maggio 2024 (doc. 1 fasc. conv.). La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che il termine annuale di cui all’art. 802 c.c. decorra dal momento in cui il donante acquisisce piena consapevolezza del fatto che consente la revoca (Cass. civ., sez. II, 18 gennaio 2007, n. 1090; Cass. civ., sez. II, 31 ottobre 2016, n. 22013; Cass. civ., sez. II, 10 ottobre 2018, n. 24965; Cass. civ., Sez. II, ordinanza n. 10490 del 22 aprile 2025). In particolare, “in tema di revocazione della donazione per ingratitudine, determinata da una pluralità di atti ingiuriosi rivolti verso il donante e tra loro strettamente connessi, il termine annuale di decadenza per la proposizione della domanda, ex art. 802 c.c., decorre dal momento in cui l'offesa raggiunge un livello tale da non poter essere più ragionevolmente tollerata, secondo una valutazione di normalità” (Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21010). Con riferimento specifico all’ipotesi di spoglio dell’usufrutto riservato su un immobile donato, la giurisprudenza di legittimità ha affermato che il termine per la domanda di revoca può farsi decorrere dal deposito del ricorso per la reintegra nel possesso, anziché dal perpetrato spoglio (v. Cass. II, 17.6.1998, n. 6025). Nel caso in esame, ai fini della valutazione della tempestività dell’azione di revoca della donazione ex art. 802 c.c., è necessario preliminarmente individuare i fatti allegati da parte attrice nell’atto introduttivo, che, secondo la sua prospettazione, integrerebbero gli estremi dell’ingiuria grave e dell’ingratitudine di cui all’art. 801 c.c. Poiché nel caso in esame l’attore ha fatto riferimento a più episodi, occorre previamente individuare ed analizzare nel loro contenuto, oggettivo e soggettivo, i comportamenti censurati, per poi collocarli temporalmente, onde verificare, in particolare, trattandosi di condotte anche reiterate, quando il donante abbia acquisito piena consapevolezza della loro gravità ed intollerabilità, ai fini del decorso del termine annuale previsto dalla legge. Tra i molteplici episodi allegati dall’attore assume indubbio rilievo lo spoglio violento asseritamente subito in data omissis marzo 2022, allorché la convenuta, senza alcun preavviso ed in assenza del marito, abbandonava la casa coniugale di via omissis e si trasferiva con i figli minori ad omissis, sottraendo le chiavi ed il telecomando di accesso, impedendo così all’attore ogni possibilità di ingresso. Tale condotta, qualificata dallo stesso attore come “violenta e clandestina”, ha dato origine al primo ricorso possessorio (RG omissis/2022) e costituisce il primo atto formale con cui l’attore ha reagito giudizialmente alla condotta della moglie. Si è trattato di un episodio particolarmente significativo, non solo per la sua oggettiva gravità, ma anche per il contesto in cui si è inserito: la villa di omissis era stata acquistata e ristrutturata con risorse esclusivamente dell’attore e la donazione dell’usufrutto alla convenuta era avvenuta nell’ambito di un progetto familiare condiviso, come risulta dagli atti notarili e dall’autorizzazione del Giudice Tutelare.  L’estromissione unilaterale del donante da tale immobile, verosimilmente destinato a futura residenza familiare, rappresenta dunque – nella prospettazione attorea – un atto di ingratitudine manifesta, in quanto lesivo non solo del diritto reale dell’attore, ma anche del vincolo affettivo e fiduciario che aveva motivato la liberalità. A tale episodio, già di per sé rilevante ai fini che qui interessano, ha poi fatto seguito un nuovo atto di spoglio, perpetrato in data omissis.2023, quando la convenuta ha nuovamente cambiato tutte le serrature della omissis e modificato i codici di accesso, sì da indurre il A alla presentazione, in data omissis marzo 2023, di un secondo ricorso possessorio (RG 665/2023). Non pare possa negarsi che, entro il primo trimestre del 2023, l’attore avesse maturato piena consapevolezza della reiterazione delle condotte lesive dei suoi diritti e della loro intollerabilità. Il nuovo spoglio, infatti, non costituisce fatto nuovo, ma si inserisce in una progressione di comportamenti noti, già censurati ed oggetto di provvedimenti giudiziari (v. ordinanza del omissis ottobre 2022), che hanno, evidentemente, raggiunto la soglia della intollerabilità, spingendo il A a promuovere un nuovo ricorso possessorio. Se si qualifica questo ulteriore episodio come integrante un contegno di ingratitudine grave da parte della donataria, il termine annuale previsto dall’art. 802 c.c. deve ritenersi già decorso alla data di proposizione della domanda di revoca. La difesa attorea ha sostenuto che il culmine della condotta ingiuriosa si sarebbe, in realtà, verificato solo tra l’estate 2023 ed il gennaio 2024, individuando come momento decisivo l’ordinanza del GIP presso il Tribunale di Pesaro del omissis.2024 (doc. n. 27 fasc. att.) - che ha ordinato l’archiviazione di vari procedimenti scaturiti da denunce reciproche e contestualmente disposto l’imputazione coatta della convenuta per il reato di cui all’art. omissis, nonché l’emissione dei decreti penali di condanna del omissis 2023 e del omissis 2024 nei confronti della convenuta. La predetta ordinanza del GIP ha, in particolare, disposto l’archiviazione, tra gli altri, di procedimenti derivanti da tre denunce sporte dalla convenuta nei confronti del A: la prima, in data omissis.2022, per il reato di maltrattamenti in famiglia, la seconda, in data omissis.2022, per abbandono di minori e lesioni colpose e la terza, in data omissis.2023, per interferenze illecite nella vita privata. La difesa attorea ha sottolineato come tali denunce fossero strumentali e calunniose, in quanto finalizzate a screditare il A nel contesto del giudizio di separazione, sostenendo che l’ordinanza del GIP del omissis.2024 avrebbe ulteriormente confermato la strumentalità delle denunce. Ritiene il giudicante che, in realtà, il dies a quo cui ancorare la decorrenza del termine ex art. 802 c.c. non possa identificarsi nel citato provvedimento del GIP, in quanto i fatti in esso analizzati sono stati opportunamente riqualificati nell’ambito della “aspra ed accesa conflittualità” (in questi termini l’ordinanza di archiviazione parziale), che connotava la situazione venutasi a creare tra i coniugi a seguito della crisi del rapporto coniugale, situazione che, pur avendo assunto anche risvolti penali a causa delle reciproche e svariate denunce- querele presentate dai coniugi, è stata correttamente definita dal GIP come vicenda di natura prettamente civilistica, con conseguente necessità di ricomposizione in ambito civilistico. Ne deriva che, ai fini della individuazione del momento in cui il A ha acquisito la necessaria certezza del comportamento gravemente ingiurioso da parte della B, alcuna rilevanza può assumere la predetta ordinanza del GIP, perché tale provvedimento si limita a confermare l’accesa conflittualità che caratterizzava il rapporto coniugale, di cui il A era, tra l’altro, pienamente consapevole da tempo, avendo l’attore già nei precedenti atti processuali - ed in particolare nel ricorso per separazione datato omissis.2022 - qualificato come grave ed intollerabile la condotta della convenuta. La successiva archiviazione o l’imputazione coatta non costituiscono fatti nuovi, ma conferme postume di una situazione già nota e giudicata insostenibile dall’attore. Come chiarito dalla giurisprudenza, il termine di cui all’art. 802 c.c. decorre dal momento in cui l’offesa raggiunge un livello tale da non poter essere più ragionevolmente tollerata, secondo una valutazione di normalità, e non necessariamente dal momento in cui interviene una pronuncia giudiziaria (Cass. civ., sez. II, 18 ottobre 2016, n. 21010). Allo stesso modo, devono considerarsi privi di rilevanza sia il decreto penale emesso nei confronti della convenuta per il reato di cui all’art. omissis, sia la denuncia sporta dalla sorella della convenuta nei di lei confronti (collocati temporalmente nel 2023 e nel 2024), non integrando fatti lesivi o ingiuriosi nei confronti del donante A, trattandosi di condotte tenute dalla convenuta verso terzi o elusive di provvedimenti giudiziari. Pertanto, anche tali circostanze non possono essere valorizzate come fatti impeditivi della decadenza dall’azione di revoca. In conclusiva sintesi, il momento in cui il A ha acquisito la piena ed integrale acquisizione della certezza del comportamento ingrato posto in essere dalla convenuta deve individuarsi nella data di proposizione del secondo ricorso possessorio (omissis.3.2023), momento in cui può ritenersi raggiunto, a parere del giudicante, il culmine della tollerabilità “secondo un sentire ed una valutazione di normalità” (v. Cass. civ., ordinanza n. 13544 del 29 aprile 2022), trattandosi del secondo atto di spoglio subito dall’attore e perpetrato, non solo, a distanza di pochi mesi dal precedente spoglio (cui era seguito il primo ricorso possessorio del omissis.5.2022), ma proprio in relazione all’immobile oggetto della donazione di cui si discute. Alla luce di quanto sopra, la domanda deve essere dichiarata inammissibile per intervenuta decadenza ai sensi dell’art. 802 c.c. Nel merito. La declaratoria di inammissibilità della domanda rende superflua la valutazione nel merito della domanda. Tuttavia, per completezza argomentativa, va evidenziata anche l’infondatezza della domanda. L’art. 801 c.c. prevede che la revoca della donazione possa essere disposta in caso di ingiuria grave o ingratitudine del donatario. La giurisprudenza ha chiarito che l’ingiuria grave deve consistere in comportamenti esteriorizzati, pubblicamente lesivi dell’onore e del decoro del donante, ed indicativi di un radicato sentimento di disistima (Cass. civ., sez. II, 12 febbraio 2024, n. 3811; Cass. civ., sez. II, 24 giugno 2008, n. 17188; Cass. civ., Sez. II, ordinanza n. 13544 del 29 aprile 2022: “l’ingiuria grave richiesta ex art. 801 c.c. si caratterizza per manifestazione esteriore del comportamento del donatario, manifestazione palesemente lesiva dell’onore/decoro del donante, atteggiamento durevole di disistima, mancanza di rispetto della dignità”). Non ogni violazione dei doveri coniugali o comportamento censurabile integra automaticamente una “ingiuria grave” ai sensi dell’art. 801 c.c.; occorre un quid pluris, vale a dire una condotta connotata da peculiare offensività e idonea a ledere l’onore e il decoro del donante (Trib. Bari, sez. I, 29.11.2024, n. 4861). Nel caso di specie, le condotte attribuite alla convenuta si collocano in un contesto di profonda crisi coniugale, già sfociata in un procedimento di separazione personale, e devono essere valutate alla luce di tale cornice relazionale. La convenuta ha contestato integralmente le accuse mosse dall’attore, producendo il certificato del casellario giudiziale negativo (doc. 155 parte convenuta), dimostrando che le iniziative giudiziarie da lei intraprese erano finalizzate alla tutela dei propri diritti e di quelli dei figli minori. A conferma di ciò, è stata depositata la sentenza n. omissis/2025 del Tribunale di Pesaro, pubblicata il omissis 2025 (doc. A parte convenuta), con cui è stata pronunciata la separazione personale dei coniugi, con addebito al A, per violazione dell’obbligo di fedeltà coniugale. Tale pronuncia, sopravvenuta rispetto al deposito delle memorie istruttorie, attesta l’accertamento giudiziale di condotte dell’attore, che hanno determinato la rottura del vincolo matrimoniale. Il Tribunale, nel rigettare la speculare domanda di addebito proposta dal A nei confronti della moglie, ha ritenuto che le condotte contestate alla B fossero reazioni legittime alla scoperta dei plurimi tradimenti del coniuge e non già espressione di ingiuria grave o animosità gratuita. La giurisprudenza ha escluso che iniziative giudiziarie, anche penali, possano integrare l’ingiuria grave, ove siano dirette alla tutela di diritti legittimi; inoltre, è necessaria una valutazione complessiva della condotta del donatario, considerando il contesto e le modalità con cui sono state attuate le iniziative giudiziarie (Cass. civ., sez. II, 5 novembre 2001, n. 13632; Corte App. Torino, 11 maggio 2020, n. 492; Trib. Savona, 21 aprile 2022, n. 378; Cassazione civile, ordinanza n. 13544 del 29 aprile 2022; Cassazione civile, ordinanza n. 32682 del 16 dicembre 2024). Al riguardo, va evidenziato che l’attore ha, a propria volta, promosso numerose azioni penali e civili contro la moglie, in un contesto di reciproca conflittualità, il che induce ad escludere la sussistenza di un atteggiamento unilaterale di disistima o di ingratitudine. Infine, non può trascurarsi il fatto che la donazione del co-usufrutto si inseriva in un progetto familiare condiviso, volto a garantire ai figli un ambiente adeguato alla crescita, così come dichiarato dalle odierne parti in causa in sede di richiesta congiunta di autorizzazione all’acquisto della nuda proprietà del compendio immobiliare in capo ai figli minori, presentata al Giudice Tutelare (doc. 33 parte convenuta). In tale particolare contesto va, dunque, valutata la condotta della convenuta, che, seppur censurata nei provvedimenti giurisdizionali relativi all’assegnazione della casa familiare, quantomeno sotto il profilo soggettivo, rivela l’intento di individuare il contesto ritenuto più adeguato e confacente alle esigenze dei minori, piuttosto che la volontà di offendere l’onore ed il decoro del donante. Alla  luce di  quanto  sopra,  la  domanda  dell’attore  risulta,  oltre  che inammissibile per intervenuta decadenza ex art. 802 c.c., anche infondata nel merito, in quanto le condotte attribuite alla convenuta non risultano idonee ad integrare i presupposti richiesti dall’art. 801 c.c., secondo l’interpretazione offerta dalla giurisprudenza sopra richiamata. Il regolamento delle spese di lite segue l’ordinario criterio della soccombenza. (omissis)

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