Cass.pen, sez. II, Sent. n. 31485 Pres. De Maio

Reato di danneggiamento

29/07/2008

Veniva gravata la Sentenza Corte di Appello di Ancona che, confermando la sentenza di condanna di primo grado del Tribunale Penale di Urbino, aveva ritenuto colpevole l’imputato Direttore di discarica in ordine ai reati: a) artt. 81 cpv c.p. 51 n. 3 e 4 del D. legs n. 22/97; b) artt. 81 cpv c.p., 14 n. 2 o 51 n. 2 del D. Lgs n. 22/97; c) artt. 81 cpv e 635, comma secondo n. 3), c.p. per non avere osservato le prescrizioni contenute nell’autorizzazione amministrativa alla gestione di discarica di R.S.U. La Corte di Cassazione ha dichiarato la prescrizione dei reati contestati al capo A e B, cassando la sentenza gravata senza rinvio, ed accolto il gravame afferente la condanna al capo c), con invio ad altra Corte di Appello. Questa la motivazione : “il quarto motivo di gravame afferente al reato di cui all’art. 635 c.p. è fondato nei limiti di seguito precisati. Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Suprema Corte per integrare l’elemento materiale del reato di danneggiamento deve verificarsi la distruzione di un bene ovvero il deterioramento dello stesso, che abbia cagionato un danno strutturale o funzionale, tale da rendere necessario un intervento ripristinatorio della essenza e funzionalità della cosa . Inoltre, ai fini della ravvisabilità del dolo nel delitto di danneggiamento, pur non essendo necessaria l’esistenza del fine di nuocere, occorre tuttavia la coscienza e volontà di distruggere, deteriorare o rendere inservibile in tutto o in parte la cosa altrui. Si deve, quindi, rilevare che con l’atto di appello l’imputato aveva contestato diffusamente sia l’esistenza dell’elemento oggettivo del reato di danneggiamento, deducendo che il fenomeno di occasionale inquinamento dei due corsi d’acqua provato dalla fuoriuscita del percolato non aveva determinato alcun danno strutturale degli stessi, sia del dolo necessario per ravvisare la sussistenza del delitto, non essendovi alcuna prova della volontà dell’imputato di danneggiate i due torrenti, avendo egli, al contrario, messo in atto tutte le misure per evitare versamenti di percolato nelle acque. Orbene, la sentenza impugnata ha rigettato le deduzioni dell’appellante sul punto con motivazione assolutamente carente, con la quale ci si limita a richiamare il risultato delle analisi microbiologiche effettuate, attestanti un grave inquinamento biologico, mentre nulla viene affermato a proposito dell’esistenza di un danno strutturale dei torrenti e soprattutto con riferimento alle contestazioni circa l’inesistenza dell’elemento psicologico del reato. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, annullata con rinvio in ordine al delitto per un nuovo giudizio di merito”.

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