30.9.2025 Corte di Appello di Ancona – Sent 1176/2025 – Pres. Federico Est Mureddu.

Separazione personale dei coniugi – Appello – Addebito al marito – Fattispecie – Sussiste obbligo del genitore collocatario di residenza con figli minori nella casa coniugale – Sussiste – Ragioni – Assegno di separazione – Patrimonio e redito del coniuge obbligato – Collegamento necessario.

24/11/2025

FATTI DI CAUSA

Con sentenza emessa in data omissis.2025 nel procedimento di separazione personale tra i coniugi A e B - iscritto al n. omissis/2022 R.G., cui era stato riunito il procedimento n. omissis/2022 R.G. - il Tribunale di Pesaro, preso atto dell’intollerabilità della convivenza, dichiarava la separazione personale dei coniugi; addebitava la separazione al marito, respingendo la richiesta di addebito avanzata dal medesimo nei confronti della moglie; affidava i figli minori C e d (nati in data omissis) ad entrambi i genitori, con collocazione prevalente presso la madre; regolamentava i tempi di permanenza e frequentazione dei figli presso il padre, disponendo che questi incontrasse i figli liberamente e, comunque, individuava un calendario ad hoc, da valere salvo diverso accordo delle parti; poneva a carico del padre - a titolo di contributo al mantenimento dei figli minori, a far data dalla domanda - la somma mensile complessiva di € omissis ciascuno, oltre all’80% delle spese straordinarie; poneva a carico del A - a titolo di contributo al mantenimento della moglie, a far data dalla domanda - la somma mensile di € omissis; disponeva che il nucleo familiare fosse preso in carico dai Servizi sociali del Comune di omissis per i compiti di monitoraggio e sostegno di competenza, relazionando all’Autorità giudiziaria ogni 6 mesi; disponeva l’avvio di un’educativa domiciliare e, al contempo, prescriveva ai due coniugi un percorso psicoterapeutico di sostegno alla genitorialità ed un percorso psicoterapeutico per i minori C e d, da eseguirsi presso un professionista a scelta dei due genitori. Avverso detta sentenza ha proposto appello A, il quale ha invocato - previa sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza relativamente agli arretrati di mantenimento per la moglie e figli e all’importo eccedente gli emolumenti disposti in via provvisoria ed urgente con l’ordinanza presidenziale del omissis/2022 - la riforma dei capi relativi all’addebito della separazione, al collocamento dei minori presso la sig.ra B, al calendario di frequentazione con i figli minori, alle statuizioni di ordine economico, lamentando altresì l’omessa pronuncia in ordine all’assegnazione della casa coniugale ed insistendo, infine, per l’ammissione di istanze istruttorie rigettate in primo grado, con vittoria delle spese di lite. B ha resistito al gravame, contestando la ricostruzione fattuale offerta dall’appellante ed ha chiesto il rigetto della sospensiva e dell’impugnazione - in quanto infondate in fatto e in diritto - anche con riferimento alle istanze istruttorie già rigettate, con dichiarazione di inammissibilità della produzione dei documenti. B ha proposto, poi, appello incidentale in ordine all’omessa assegnazione alla medesima dell’immobile (e relative pertinenze), sito in omissis, Strada omissis, nonché rispetto alle modalità di frequentazione tra il padre e i figli e alle statuizioni di ordine economico, invocandone l’aumento, con vittoria delle spese di lite. Il Procuratore Generale è intervenuto nel giudizio, chiedendo “il rigetto della sospensiva presentata e dell’appello”. Con ordinanza del omissis.2025, l’intestato Collegio ha rigettato l’istanza di sospensione della sentenza, accertando la mancata ricorrenza - nella fattispecie concreta - dei presupposti del fumus boni iuris e del periculum in mora.In data omissis.2025, la causa è stata trattenuta in decisione, nelle forme della camera di consiglio.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo - articolato - motivo di gravame, l’appellante censura la sentenza impugnata nella parte in cui ha accolto la domanda di addebito al marito della separazione per violazione dell’obbligo di fedeltà avanzata nei suoi confronti dalla consorte. In particolare, l’appellante lamenta una motivazione scarna e lacunosa, errori e omissioni nella ricostruzione delle circostanze fattuali, nonché la mancata e/o errata valutazione dei mezzi di prova addotti che, se correttamente esaminati, avrebbero dovuto condurre il Tribunale a rigettare la domanda di addebito; infine, deduce l’inconsistenza dei mezzi di prova offerti dalla B sulle presunte violazioni dei doveri coniugali da parte del marito. L’appellante, nello specifico, sostiene che l’unico episodio di tradimento (del omissis.2016) - coinciso con una serie di manifestazioni violente non collegate a tale episodio - non sarebbe stato la causa del venir meno dell’affectio coniugalis, né causa della separazione. A tal fine, contesta l’attendibilità della teste E - rinviata a giudizio immediato per falsa testimonianza (processo tuttora in corso) - contraddetta dalle dichiarazioni rese all’udienza del omissis.2024 dal teste F, nonché dalle dichiarazioni rese alla medesima udienza dalla teste G, che ha negato di aver avuto una relazione sentimentale con il A nel 2019 ed, infine, dalle dichiarazioni rese dalla teste H alla medesima udienza. La difesa dell’appellante sottolinea l’assoluta irrilevanza - ai fini del presente giudizio - del video rivolto alla G, privo di riferimenti perspicui, “rubato” (ovvero di provenienza illecita e neppure utilizzabile) dal telefonino del A, che non può rappresentare prova del tradimento del A con la G, da ritenersi una semplice conoscente. Per quanto, poi, riguarda la frequentazione del A con la medesima G dopo il marzo del 2022, le testimonianze del I e L sarebbero irrilevanti, dal momento che - al tempo - i coniugi erano già separati di fatto. In relazione alla frequentazione del A con la sig.ra V, la difesa contesta la dichiarazione del teste M - resa all’udienza del omissis.2024 - perché in palese contrasto con quanto riferito dalla stessa V all’udienza del omissis.2025, sottolineando che il Giudice di prime cure avrebbe equivocato le risposte date dalla teste V sulla sua presunta frequentazione del A con lei, con altre donne e con transessuali. Secondo la tesi, non risulterebbe neppure provata la frequentazione del A con la sig.ra Z. La difesa, poi, evidenzia che il A ha espressamente contestato la presenza nella sua macchina di una scatola di viagra e di preservativi e, comunque, ha eccepito l’irrilevanza del ritrovamento, potendo gli stessi essere utilizzati anche nel rapporto con la moglie ed ha disconosciuto espressamente (nella memoria integrativa del omissis.2022 e nell’interrogatorio formale del omissis.2023) che il numero telefonico della Z fosse stato scritto di suo pugno nell’annotazione indicata. Secondo l’assunto, dopo l’episodio - isolato - di tradimento del 2016, nel periodo successivo - dal giugno del 2016 al marzo 2022 - l’unione familiare sarebbe proseguita in perfetta armonia, in quanto la coppia era impegnata nel progetto dell’acquisto, ristrutturazione e arredamento della Villa omissis e relative pertinenze sul omissis, da destinarsi a futura residenza familiare, come dimostrano i ricorsi congiunti dei coniugi al Giudice Tutelare per ottenere l’autorizzazione all’intestazione - ai figli - della nuda proprietà dell’intero complesso immobiliare e il fatto che il A avesse donato alla B il 50% dell’usufrutto dell’intero compendio. Secondo la difesa dell’appellante, l’accettazione della donazione da parte della B - per sé e per i propri figli - dimostrava l’avvenuto superamento della crisi coniugale e la ripresa del normale ménage familiare e dell’affectio coniugalis. Secondo la tesi, il Tribunale avrebbe completamente ignorato i gravi comportamenti lesivi dell’unione familiare precedenti (vessazioni e maltrattamenti) e concomitanti l’ingiustificato abbandono della casa familiare della B con i figli - avvenuto nel marzo del 2022 - l’invasione unilaterale della proprietà di omissis, la forzata immissione dei figli in una realtà estranea al loro ambiente di vita, da individuarsi nella casa coniugale di via omissis. Con il secondo - articolato - motivo di appello, la difesa dell’appellante pone a confronto la figura della B con quella del A, descritto come sottomesso alla moglie e amorevole nei confronti dei figli. In particolare, l’appellante mette in evidenza l’asserita personalità prevaricatrice, iraconda, minacciosa, possessiva, inquisitoria e violenta della moglie (richiamando il video del omissis marzo 2022, agli atti) che ha reciso ogni contatto con la propria famiglia; sottolinea il comportamento processuale ed extra-processuale della B, caratterizzato da plurime denunce-querele successive al marzo 2022 nei confronti del marito - nonché nei confronti della sua stessa sorella (W) - peraltro tutte archiviate; denuncia la “strategia” messa in atto per privare il A del compossesso omissis; infine, censura il comportamento pregiudizievole della B, diretto ad allontanare i minori dalla casa familiare. Nella seconda parte del motivo, la difesa chiede la totale riforma della sentenza nella parte in cui ha rigettato la domanda - avanzata dal A - di addebito della separazione alla moglie per violazione dei doveri coniugali, censurando la motivazione (definita “scarna, apparente, perplessa e contraddittoria”), con la quale il primo Giudice ha - da un lato - riconosciuto che le condotte della Giuliani sono state “in parte certamente illecite” e - dall’altro - non vi ha attribuito nemmeno in parte la genesi della crisi del rapporto coniugale, travisando completamente le risultanze istruttorie e documentali e giustificando - erroneamente - le condotte della B, in quanto reazione lecita alle inadempienze del marito. Secondo l’appellante, invece, la causa della rottura del matrimonio andrebbe addebitata esclusivamente alla B la quale nei primi mesi del 2022 manifestò sbalzi di umore e attacchi di collera più frequenti, rinfacciando all’appellante con toni accesi, parole crude e scurrili - anche in presenza dei bambini - la presunta (remota) frequentazione extraconiugale, risalente a oltre sei anni prima, nonostante la crisi fosse stata ampiamente superata, così violando i doveri coniugali di rispetto e collaborazione, rifiutando di intrattenere con il marito e con i figli rapporti improntati alla serenità e, da ultimo, allontanandosi arbitrariamente dalla casa coniugale. L’allontanamento ingiustificato della moglie (insieme ai figli minori) dalla casa familiare con la violazione dell’obbligo di coabitazione nel marzo del 2022, sarebbe stato, ad avviso dell’appellante, la causa della irreversibile crisi coniugale, con conseguente addebito della separazione alla moglie e perdita del diritto della stessa ad un assegno di mantenimento. Il primo e il secondo motivo di appello - da esaminare congiuntamente, in quanto fra loro connessi - sono infondati. Nella fattispecie in esame, va innanzitutto evidenziato che il Giudice non ha obbligo di prendere in dettagliato esame tutti gli elementi addotti dalle parti, essendo sufficiente che egli dia adeguata ragione del proprio convincimento in base a quelli ritenuti attendibili e rispetto ai quali gli altri devono intendersi superati e disattesi. Secondo il consolidato orientamento della Cassazione, l’inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale rappresenta una violazione particolarmente grave, la quale, determinando normalmente l'intollerabilità della prosecuzione della convivenza, costituisce - di regola - circostanza di per sé sufficiente a giustificare l'addebito al coniuge responsabile, sempreché non si constati - attraverso un accertamento rigoroso e una valutazione complessiva del comportamento di entrambi i coniugi - la mancanza di nesso causale tra infedeltà e crisi coniugale, tale che ne risulti la preesistenza di una crisi già irrimediabilmente in atto, in un contesto caratterizzato da una convivenza meramente formale (cfr., fra le più recenti, in tal senso, Cass. n. 977/2017; Cass. n. 16859/2015). Pertanto, sul coniuge che richieda l'addebito della separazione all'altro incombe l'onere di provare sia la contrarietà del comportamento di questi ai doveri che derivano dal matrimonio, sia l'efficacia causale della sua condotta nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, con la precisazione che, laddove la ragione dell'addebito sia costituita dall'inosservanza dell'obbligo di fedeltà coniugale, essa, se provata, fa presumere che abbia reso la convivenza intollerabile. Ne deriva che la parte che l’ha allegata - e dimostrata - assolve pienamente l'onere della prova su di lei gravante, mentre incombe su chi eccepisce l'inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda nella determinazione dell'intollerabilità della convivenza, l’onere di dimostrare le circostanze su cui l'eccezione si fonda, vale a dire l'anteriorità della crisi matrimoniale (cfr., in termini, Cass. n. 16691/2020; Cass. n. 3923/2018; Cass. n. 16172/2014). La S.C. ha ribadito che - per rendere addebitabile la separazione ai sensi dell’articolo 151 c.c. - non è necessario che la relazione di un coniuge con estranei si sostanzi in un adulterio quando - per gli aspetti esteriori con cui è coltivata - comporti offesa alla dignità e all’onore dell’altro coniuge. La S.C. ha, poi, affermato che “In tema di separazione personale con richiesta di addebito, proposta da uno dei coniugi e basata sulla infedeltà dell'altro, la successiva generica manifestazione di una volontà riconciliativa da parte del coniuge non infedele, poiché di per sé non elide la gravità del "vulnus" subito ed, in ogni caso, costituisce un "posterius" rispetto alla proposizione della domanda di separazione con richiesta di addebito, in tanto può assumere valore ai fini della esclusione di una efficienza causale dell'infedeltà in ordine alla crisi dell'unione familiare in quanto ad essa corrisponda un positivo riscontro da parte del coniuge infedele (…). Il perdono di un coniuge deve essere accompagnato da una sincera determinazione dell’altro a riprendere la vita matrimoniale, perché se alla volontà di riconciliazione di un coniuge non corrisponde un sincero riscontro da parte dell’altro è evidente che il comportamento fedifrago accertato mantiene intatta la sua capacità di disgregazione del consorzio coniugale (Cassazione civile sez. VI, 27/06/2013, n.16270). Ciò posto, questa Corte condivide la valutazione operata dal giudice di prime cure circa la presenza di elementi idonei a dimostrare che il A abbia tenuto una condotta in palese contrasto con il dovere coniugale di fedeltà nascente dal matrimonio, sostanziandosi nell’intrattenimento di relazioni extraconiugali la cui esistenza è stata riconosciuta correttamente dalla deposizione della teste V- da ritenersi pienamente attendibile - che non ha espressamente negato i plurimi incontri con il A, il quale peraltro ha ammesso nel corso dell’udienza presidenziale di avere avuto una relazione extraconiugale. In particolare, la teste, rispondendo alla domanda se era vero che il A in sua presenza avesse contattato un transessuale per un rapporto a tre, ha risposto testualmente che “era vero (…) e che (...) il A ha un brutto vizio, che gli piacciono le donne (…) e gli piace i trans”. Risulta, poi, provata la relazione sentimentale con G - risalente al 2019 - come emerge dal video prodotto dalla B (risalente proprio al 2019), in cui il A - con modi allusivi e confidenziali, indicando la camera da letto - invitava omissis, cui il video era indirizzato, a raggiungerlo nella sua casa di campagna di omissis, evidenziando un palese coinvolgimento sentimentale e una corrispondenza da parte della destinataria. L’eccezione di inutilizzabilità della chat in oggetto, in quanto illecitamente procurata, va rigettata, dovendosi ritenere prevalenti le esigenze di tutela del diritto alla prova sulle esigenze di protezione dell’interesse privato alla segretezza dei dati personali. Risulta, quindi, altamente probabile che la relazione iniziata nel 2019 sia continuata nel tempo e proseguita oltre il marzo 2022, come ampiamente provato dalla B attraverso la relazione investigativa, redatta e sottoscritta dall’investigatore sig. M - che ha confermato l’accertamento e il contenuto della relazione all’udienza del omissis/2024 - e dalle deposizioni dei testi I e L, rese all’udienza del omissis/2024. La consapevolezza dei plurimi tradimenti, reali e/o virtuali, del marito da parte della B dal 2016 fino al 2022 - unita alla mancanza di una reale resipiscenza del A - manifesta chiaramente l’esclusione di un vero ripristino di un rapporto armonico all’interno della coppia in tale periodo. Nell’audio del 20 marzo 2022 prodotto dal A all’insaputa della moglie - che, proprio per questo, risulta maggiormente spontanea – la B, con toni esasperati, “grida” di aver perso ogni illusione di un progetto di vita con il marito, a causa dei plurimi tradimenti della fiducia e delle umiliazioni subite in tutto il corso della loro relazione e, infine, gli ribadisce di non avere altra scelta che separarsi per vivere con i suoi figli - secondo il suo modo di intendere la vita, opposto a quello del A - nella omissis, intestata ai minori. Il Tribunale ha, poi, esaminato gli addebiti mossi dal A alla B (eccessi d’ira, improvvisi cambi d’umore, vessazioni, allontanamento dalla casa coniugale e comportamenti ostativi alla frequentazione con i figli) ritenendo - del tutto correttamente, ad avviso di questa Corte - che tali agiti costituiscono la conseguenza del comportamento infedele del A; che gli stessi si sono realizzati quando - ormai - si era prodotta la totale intollerabilità della convivenza e che - come tali - sono irrilevanti ai fini dell’addebito, non costituendo una violazione dei doveri coniugali sì grave da determinare la crisi del rapporto matrimoniale. Proprio l’audio del omissis.2022 - quasi contemporaneo all’allontanamento della B con i figli dalla casa di via omissis - dimostra che la violazione della coabitazione, da parte della moglie, fu determinata dal comportamento fedifrago del A e intervenne nel momento in cui la prosecuzione della convivenza era ormai divenuta insostenibile per la B (cfr. Cass. ord. 3426/2022). Alla stregua delle considerazioni che precedono va, quindi, confermato il rigetto della domanda di addebito della separazione alla moglie e va, parimenti, confermata la statuizione di addebito della separazione al A, per infedeltà. Il terzo e il quarto motivo dell’appello principale devono essere esaminati congiuntamente con il primo motivo dell’appello incidentale, in quanto afferenti all’individuazione - e assegnazione - della casa familiare e alla collocazione dei minori. Con il terzo motivo, l’appellante censura la sentenza nella parte motiva - in cui è stabilito che “nessuna statuizione va presa sull’assegnazione della ex casa famigliare” - e nella parte dispositiva, in cui si stabilisce la collocazione prevalente dei minori presso l’abitazione della madre, ovvero presso la omissis, ove la B si è istallata, privando il A del compossesso dell’immobile. La difesa evidenzia il vizio di omessa pronuncia sulla domanda di assegnazione della casa familiare ex art. 112 c.p.c. e la violazione dell’art. 337 sexies c.c., in contrasto con l’interesse dei minori, che - secondo l’assunto - hanno il diritto di dimorare nella casa coniugale - che sarebbe quella sita in omissis, come riconosciuto dallo stesso giudice di prime cure - e da cui sarebbero stati illegittimamente “strappati” dalla B (anche ricorrendo ad un illegittimo cambio di residenza, eliminato con un provvedimento di annullamento in autotutela dell’Ufficio anagrafe del Comune di omissis), contraddicendo tutti i provvedimenti che si sono susseguiti nel corso del procedimento di primo grado (Decreto del 21/7/2022 del Tribunale di Pesaro, confermato dalla Corte di appello di Ancona con ordinanza del 2/11/2022; ordinanza Presidenziale del 30/11/2022, confermata dalla Corte di Appello di Ancona con ordinanza del 20/03/2023; ordinanza del Tribunale di Pesaro 9/6/2023). Secondo l’appellante, la B se intende mantenere la qualità di genitore collocatario deve continuare a risiedere nella casa familiare che non è omissis - come riconosciuto dal Tribunale - sottolineando, peraltro, l’apoditticità della motivazione della sentenza nella parte in cui si legge: “non spetta a questo Tribunale prendere qui decisioni sul godimento della casa, sita sempre in omissis, alla Via omissis, dove attualmente la B abita con i minori e le questioni circa il legittimo utilizzo dell’immobile andranno risolte secondo i titoli che ciascuno può in merito vantare ed in un eventuale ordinario giudizio”. La difesa dell’appellante chiede la riforma della sentenza in parte qua, con la statuizione della collocazione dei minori presso la casa familiare, ove - del resto - i minori sono sempre vissuti. La parte appellata, sul punto, obietta che non sussisterebbe alcun vizio di omessa pronuncia, in quanto il giudice avrebbe rigettato la domanda avversaria di assegnazione dell’immobile di via omissis, fornendo una motivazione adeguata, benché non condivisibile e, per tale ragione, fatta oggetto di censura con il primo motivo di appello incidentale. Infatti, la sig.ra B ribadisce di non aver mai chiesto l’assegnazione dell’immobile di via omissis e di avervi rinunciato; pertanto, la stessa non può essere costretta al trasferimento forzoso, in spregio alla libertà di scelta della propria residenza sancita dall’art. 16 Cost., come riconosciuto dall’ordinanza del 9/06/2023 del Tribunale, confermata dall’ordinanza del 17/04/2024. Con il quarto motivo, il A censura la sentenza nella parte in cui ha previsto la collocazione dei minori presso l’abitazione della madre - omissis, come da certificato di residenza - e chiede il collocamento prevalente dei minori presso di sé, ove la B insista nel non volersi (ri)trasferire con gli stessi nell’abitazione familiare di via omissis. La difesa sottolinea la nullità della sentenza per carenza di motivazione in ordine alla capacità genitoriale della B e al collocamento presso la medesima: ed invero, l’attività istruttoria avrebbe evidenziato che la B non permette ai figli di vedere i familiari paterni e materni; esprime un atteggiamento possessivo e patologico; impedisce ai bambini la frequentazione di attività ludiche/sportive e la socializzazione con altri bambini. Inoltre, la difesa lamenta il fatto che il Tribunale non ha affatto considerato né le osservazioni del Consulente di parte del A - dedicate al profilo patologico della personalità e del comportamento della B - né le valutazioni della C.T.U. Dr. FF in ordine alle criticità della madre e all’importanza della presenza del padre per i figli, tanto da consigliare un aumento dei tempi di frequentazione. Infine, rappresenta di essersi attivato presso i Servizi Sociali per dare attuazione alle misure di garanzia imposte dal Tribunale su indicazione della C.T.U. medesima. Con il primo motivo di appello incidentale, l’appellata censura il capo della sentenza nella parte in cui esclude che l’immobile (con relative pertinenze) sito in omissis sia la casa familiare ed individua – invece - come tale l’abitazione sita in omissis, lamentando l’omessa pronuncia, l’errata interpretazione dell’art. 337 sexies c.c., la violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., per l’erronea e/o omessa valutazione delle numerose prove documentali in atti. Chiede, pertanto, l’assegnazione di detto immobile con relative pertinenze nella sua qualità di genitore collocatario prevalente. In proposito, la difesa evidenzia che: -         la sig.ra B ha sempre invocato l’assegnazione dell’immobile sito in omissis con relative pertinenze, escludendo espressamente l’immobile di via omissis in cui il marito voleva (e vuole) “confinarla” coi figli; -         l’appartamento di via omissis, a suo dire, è stato sempre inidoneo ad ospitare una famiglia con figli, tate e domestici; -        i coniugi individuarono come nuova dimora coniugale la storica omissis, situata in una zona prestigiosa del Comune di omissis -         abitata, vicina al centro e munita di esercizi pubblici e strutture - proprio per l’inidoneità rispetto alle esigenze dei figli - dell’immobile sito in omissis Via omissis, come sostenuto da entrambi i coniugi nei quattro ricorsi al Giudice Tutelare per ottenere l’autorizzazione di legge ai fini dell’intestazione ai figli della nuda proprietà del compendio immobiliare - corrispondenti ai quattro atti notarili; -         le motivazioni addotte dalle parti nelle istanze al Giudice Tutelare comprovano che l’acquisto di omissis avvenne non come progetto futuro, ma come nuova residenza dei figli per trasferirsi il prima possibile; -          l’idoneità di omissis è oggettiva e fuori discussione, a differenza della casa di via omissis(che da tempo non è più casa familiare; non è abitata dal A; non ospita nemmeno i figli nei giorni di pertinenza del padre; versa in pessime condizioni ed è stata teatro di litigi e tradimenti del A) e ormai la B e i figli vi dimorano dal marzo 2022; i figli godono di ogni confort, vi svolgono le ordinarie attività - anche ludiche, ricreative e sociali - e secondo la tesi la fruizione è iniziata prima del 2022 con l’avanzare dei lavori di ristrutturazione, a partire dal mese di ottobre 2019; -         l’interesse dei figli - prevalente sull’interesse del padre, alla luce dell’art. 337 sexies c.c. e dell’interpretazione data dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale (sentenza del 30/07/2008 n. 308) della migliore dottrina e della giurisprudenza di merito - è di vivere nel compendio di Villa omissis (pensato, progettato e costruito per loro e di cui i due minori sono stati resi nudi proprietari ed attualmente centro della loro consuetudine di vita), poiché la casa familiare non è esclusivamente l’abitazione in cui i coniugi hanno fissato la stabile dimora della famiglia, ma anche quella destinata all’abitazione, in cui la famiglia avrebbe dovuto trasferirsi. Il terzo motivo dell’appello principale è fondato, mentre risulta infondato il primo motivo dell’appello incidentale. Secondo l’interpretazione della giurisprudenza della Cassazione, la casa familiare è l’immobile in concreto adibito a residenza familiare e si identifica con quello in cui i coniugi - secondo la loro determinazione convenzionale, assunta in base alle esigenze di entrambi - vivevano insieme stabilmente, organizzandovi la vita domestica del nucleo familiare (Cass. 12.06.2014 n. 13407). L’assegnazione della casa familiare - rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare - è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità e che - comunque - usassero in via temporanea o saltuaria (così: Cass. 4.07.2001 n. 14553). La casa è familiare se abbia avuto concreta funzionalizzazione alle esigenze del nucleo attraverso la coabitazione in essa di genitori e prole, con la conseguenza che, in termini generali, per funzionalizzare l’immobile allo scopo, la progettualità della destinazione - sfociata nell’acquisto del bene - deve essere seguita dall’effettivo utilizzo mediante abitazione da parte della famiglia per un ragionevole arco temporale (c.d. preventiva convivenza e comune destinazione impressa). Va, poi, sottolineata l’irrilevanza della rinuncia della B all’assegnazione della casa familiare sita in omissis, Via omissis, in considerazione dell’indisponibilità e dell'irrinunciabilità - da parte del genitore collocatario - del diritto al godimento della casa familiare spettante ai figli minori. Secondo l’indirizzo della Cassazione, ove vengono in rilievo minori, l’art. 337 ter, comma 2, c.c., impone al giudice di adottare i relativi provvedimenti (dei quali l’assegnazione della casa familiare costituisce una componente essenziale), con esclusivo riferimento all’interesse morale e materiale della prole. Pertanto, il giudice, ove sia identificabile un immobile destinato al nucleo familiare e si ponga, concretamente, la questione dell’assegnazione in funzione dell’interesse dei minori, è tenuto a sollevare d’ufficio la questione relativa al provvedimento da adottare (Cassazione civile sez. I, 11/04/2019, n.10204). Sulla base dei criteri sopra richiamati e alla luce dell’istruttoria compiuta e dei provvedimenti interinali già emanati in corso di causa, risulta incontestato che nella fattispecie al vaglio del Collegio l’unico immobile che può definirsi casa familiare è l’appartamento sito in omissis, via omissis, con la conseguenza che tale immobile deve essere assegnato alla B in quanto genitore collocatario prevalente dei figli minori. Emerge chiaramente dagli atti dell’istruttoria che la famiglia non ha mai risieduto nella omissis prima che la B vi si trasferisse con i bambini in data omissis.03.2022. L’appartamento di via omissis - sito in pieno centro storico, in un prestigioso palazzo d’epoca, completamente ristrutturato, della superficie di mq. omissis, oltre ad un ampio terrazzo - è perfettamente agibile, del tutto rispondente alle esigenze abitative, scolastiche, ludiche e sociali dei minori e, pertanto, anche della B. Dagli atti con cui le parti richiedevano al Giudice Tutelare l’autorizzazione di intestare ai minori la nuda proprietà del complesso immobiliare Villa omissis non si può arguire né - come vorrebbe la B - che la Villa dovesse essere la reale casa familiare né - come vorrebbe il A - che il progetto di ristrutturazione della Villa avesse risolto tutti i problemi coniugali. L’accoglimento del terzo motivo comporta il rigetto del primo motivo dell’appello incidentale. Infondato è anche il quarto motivo di impugnazione principale: il A, per la sua attività lavorativa che richiede continue trasferte anche all’estero - attività che prosegue tutt’ora, a differenza di quanto dallo stesso affermato (e non provato) - non è in grado di porsi come genitore collocatario; la soluzione prospettata dall’appellante, inoltre, stravolgerebbe la consuetudine di vita dei bambini, la cui figura di riferimento è sempre stata quella materna (come peraltro riconosciuto dallo stesso A) e, pertanto, deve rimanere ferma la collocazione dei minori presso la madre, nella casa familiare di omissis. Il quinto motivo dell’appello principale e il terzo motivo dell’appello incidentale vanno esaminati congiuntamente in quanto entrambi afferenti alle statuizioni economiche. Con il quinto motivo, il A lamenta l’erronea determinazione della capacità reddituale dei coniugi; il mancato assolvimento - da parte della moglie - della prova in ordine al tenore di vita del nucleo familiare in costanza di matrimonio; la conseguente erronea determinazione delle statuizioni economiche nei confronti della moglie e dei figli - contributo al mantenimento e misura del concorso alle spese straordinarie - che, a suo dire, risulterebbero esorbitanti ed ingiustificati anche rispetto all’elevata somma già stabilità in forza dell’ordinanza presidenziale del 30.11.2022. Chiede che, in accoglimento dell’interposto gravame, venga pronunciata la nullità della sentenza o - comunque - una riduzione della misura delle statuizioni economiche, ponendo a carico del A - anche a seguito di accertamenti istruttori da disporre - un assegno di mantenimento per la sig.ra B non superiore a € omissis e di € omissis a titolo di concorso nel mantenimento di ciascuno dei due figli minori, per un totale di € omissis, oltre al 50% delle spese straordinarie, ovvero del diverso importo - comunque inferiore a quello statuito in sentenza - fissando la decorrenza dalla data della sentenza di appello. La difesa invoca la nullità della C.T.U. contabile del Dr. WW e della sentenza (che si sarebbe “appiattita” su di essa); a tal fine, deposita una nuova consulenza tecnica di parte che metterebbe in rilievo, a suo dire, i gravi errori sostanziali e di merito, peraltro già rilevati dal consulente tecnico di parte nel primo grado di giudizio (ovvero: stime reddituali errate, documentazione del tutto insufficiente, metodologie di stima/analisi errate sia per quanto riguarda il reddito da attività lavorativa, sia per il reddito derivante dai dividendi societari, sia per il reddito derivante dai titoli finanziari posseduti). Evidenzia, poi, che - a seguito del licenziamento da parte della società datrice di lavoro PP s.r.l. - il reddito da lavoro dipendente sarebbe venuto meno e che, pertanto, il A non sarebbe in grado di sopportare il peso imposto dal giudice di prime cure. In relazione al reddito della B, l’appellante lamenta che il giudice di prime cure, pur ammettendo esplicitamente l’inattendibilità delle dichiarazioni dei redditi prodotti dalla B, ha respinto immotivatamente la richiesta presentata dalla difesa del A (con memoria ex art. 183 co. VI n. 2 c.p.c. e riproposta in appello) di indagine monetaria, patrimoniale, reddituale sui conti della medesima; non ha valorizzato le sue pregresse e attuali potenzialità reddituali (pluriennale esperienza professionale di omissis; compensi percepiti fino al 2017 dalla società HH s.r.l., pari a € omissis). In proposito, l’appellante sostiene che la B lavora tutt’ora come omissis e che le sue condizioni di salute non ostacolano l’attività professionale (come dimostrano gli omissis). Evidenzia, poi, che il tenore di vita familiare - di cui il Tribunale non avrebbe fornito la minima motivazione - non è mai stato così elevato come affermato (e non provato) dalla B: a parte le “spese compulsive” della moglie e l’elevato importo destinato all’acquisto e alla ristrutturazione della Villa omissis, il tenore di vita della famiglia era medio e - comunque - tale da non giustificare assegni di mantenimento pari ad € omissis. In ordine alle spese straordinarie, l’appellante lamenta che la misura dell’80% sarebbe del tutto ingiustificata (tenuto conto della misura elevatissima dell’assegno di mantenimento) e, comunque, sfornita di congrua motivazione; stigmatizza, infine, il comportamento della B che richiede rimborsi esorbitanti per visite specialistiche ingiustificate, integratori, prodotti parafarmaceutici rispetto alle quali la stessa C.T.U. Dr. FF aveva segnalato perplessità e dubbi. Con il terzo motivo di appello incidentale, la difesa dell’appellata censura la sentenza gravata nella parte in cui quantifica gli assegni di mantenimento per moglie e figli sottostimando le effettive risorse economico-patrimoniali del marito e sovrastimando la residua capacità lavorativa-reddituale della moglie, nonché la sua condizione patrimoniale. In ordine alla capacità reddituale della sig.ra B, la difesa evidenzia che il Giudice ha errato nel considerare indice rilevante della capacità reddituale la documentazione tardivamente prodotta dal A all’udienza del 24.10.2024, dalla quale si evince che la stessa è stata nominata omissis. Ad avviso della difesa, si tratterebbe di tre incarichi (omissis) non gestiti in autonomia ed insignificanti per remuneratività, di cui uno sospeso per intervenuto accordo tra le parti. La difesa rappresenta che la certificazione di cancelleria prodotta (doc. 25) comproverebbe che la parte - da tempo - omissis, non produce redditi (ad ulteriore riprova riporta l’atto di intimazione di sfratto dall’immobile in cui esercita l’attività); inoltre, le condizioni di salute, ampiamente documentate, impedirebbero la prosecuzione dell’attività professionale. In ordine alla situazione economico-patrimoniale del sig. A l’appellata evidenzia che la C.T.U. del Dr. WW non avrebbe valutato correttamente i redditi, il valore del patrimonio immobiliare (inadeguati i riferimenti ai valori O.M.I. che servono a determinare un valore minimo ai fini fiscali e non sono idonei a determinare il valore effettivo e di mercato del bene, largamente superiore), l’effettiva consistenza delle liquidità monetarie. La difesa, da ultimo, rappresenta che la valutazione del patrimonio complessivo dell’appellante (immobili, mobili, quote sociali, liquidità, redditi da lavoro etc.) sarebbe ampiamente superiore a quella accertata dal Dr. WW (€ omissis): invero, secondo la tesi, sarebbe pari al triplo. Il raffronto dei redditi e dei patrimoni delle parti e il tenore di vita assicurato alla famiglia dal sig. A in costanza di matrimonio giustificherebbero, secondo la B, un assegno di mantenimento per la moglie pari a € omissis mensili e un assegno per i figli pari a € omissis ciascuno, oltre all’accollo integrale delle spese straordinarie. Entrambi i motivi sono infondati. Nella costante interpretazione della Suprema Corte (v., e plurimis, Cass n. 23378/2004), per una corretta applicazione dell'articolo 156, primo comma, c.c. - il quale dispone che “il giudice, pronunciando la separazione, stabilisce a vantaggio del coniuge cui non sia addebitabile la separazione il diritto di ricevere dall'altro coniuge quanto è necessario al suo mantenimento, qualora egli non abbia adeguati redditi propri” - si è precisato che le condizioni per il sorgere del diritto al mantenimento in favore del coniuge cui non sia addebitabile la separazione sono costituite dalla non titolarità di adeguati redditi propri, ossia di redditi che consentano al richiedente di mantenere un tenore di vita analogo a quello goduto in costanza di matrimonio e dalla sussistenza di una disparità economica tra le parti (v., per l'affermazione del principio richiamato, anche Cass. n. 17537/2003; Cass. n. 4800/2002). Il tenore di vita di cui i coniugi avevano goduto durante la convivenza - quale situazione condizionante la qualità e la quantità delle aspettative del richiedente - è desumibile dalle potenzialità economiche dei coniugi durante la vita matrimoniale, dovendosi valutare - ai fini dell’assegno di mantenimento - il tenore di vita “normalmente” godibile in base ai redditi percepiti dalla coppia. Una volta accertato il diritto all'assegno di mantenimento, il giudice, per determinarne il quantum, deve tenere conto anche degli elementi fattuali di ordine economico - o, comunque, apprezzabili in termini economici - diversi dal reddito dell'onerato, suscettibili di incidenza sulle condizioni economiche delle parti (cfr. Cass. n. 13747/2003; Cass. 27.6.2006, n. 14840). Com’è noto, ai fini della quantificazione dell'assegno in questione, i redditi dei contendenti non devono essere accertati nel loro esatto ammontare, essendo sufficiente una valutazione complessiva delle disponibilità patrimoniali facenti capo a ciascuno (v. Cass. n. 6612/1994). La situazione patrimoniale delle parti è stata correttamente ricostruita dal giudice di primo grado: in particolare, la condizione economico-patrimoniale del A - omissis - risulta illustrata nella C.T.U. del Dott. WW, che si ritiene perfettamente valida e a cui si rinvia. La C.T.U. si è svolta nel pieno contraddittorio delle parti, le quali hanno avuto la possibilità di seguire tutte le operazioni peritali e di formulare le loro osservazioni finali, osservazioni di cui il Consulente tecnico d’ufficio ha tenuto conto nel redigere il proprio elaborato. È opportuno ricordare che il profilo della validità della C.T.U. non va confuso con quello della condivisibilità delle sue conclusioni: spetta in ogni caso al giudice del merito decidere se e in che misura possano essere recepite le conclusioni formulate dal Consulente tecnico; di qui, l’irrilevanza della relazione tecnica di parte depositata in grado di appello dalla difesa del A. In primo luogo, il Collegio ritiene che il A non abbia provato il fatto sopravvenuto del licenziamento da parte della Società di cui peraltro è socio con una quota del valore di euro omissis: nel documento depositato dal A proveniente dallo studio legale omissis del omissis 2025 si dà atto che la formalizzazione da parte di omissis della cessazione del rapporto di lavoro doveva pervenire entro il omissis 2025 e tale documentazione non è stata presentata. La mancanza di un atto di licenziamento formale proveniente dalla Società, unita all’irrilevanza probatoria del doc. 10 (SAP - Scheda anagrafico-professionale del sig. A) - costituito da un modulo compilato in autonomia dall’appellante, non sottoscritto, che non risulta inviato e ricevuto dal destinatario - e al contenuto delle chat depositate dalla B - in cui il A afferma di non poter essere presente con i figli “per esigenze di lavoro” - rendono evidente che il A abbia mantenuto la propria attività professionale. Il divario tra le capacità reddituali dei due coniugi, sulla sola scorta degli atti acquisiti in corso di causa è oltremodo evidente e, soprattutto, molto elevato. Il A gode dei redditi derivanti dal lavoro dipendente, dai dividendi societari, dai titoli finanziari posseduti; inoltre, è titolare di numerosi beni immobili di pregio (tra cui il complesso omissis); svolta, come rilevato dal primo giudice, risulta che egli ha un reddito annuo medio di circa omissis euro ed un patrimonio complessivo di quasi omissis euro, tenuto conto anche dei depositi di conto corrente. Quanto alla B, dalla documentazione in atti risulta che la stessa percepisce - dall’attività professionale di omissis - redditi esigui/nulli; che risulta proprietaria pro quota di un immobile a omissis e usufruttuaria pro quota di un mezzo della omissis; che detiene il 20% delle quote di partecipazione della Società omissis s.r.l. - da cui non percepisce, a suo dire, alcun reddito - società di controllo che ha partecipazione in due società immobiliari detenute dal A. Nel caso di specie, il tenore di vita goduto dalla coppia durante la convivenza coniugale risulta agevolmente desumibile dal vasto patrimonio immobiliare e mobiliare del A; dalle opere d’arte da questi acquistate per arredare l’appartamento di via omissis e il complesso immobiliare della omissis; dai viaggi; dalle cene ai ristoranti; dai regali lussuosi; dai soggiorni in prestigiose località e stabilimenti balneari; dal soggiorno ospedaliero nelle migliori cliniche italiane e straniere, che la sig.ra B ha minuziosamente documentato. Ulteriore indicatore dell’elevato stile di vita mantenuto in costanza di matrimonio è rappresentato dalle caratteristiche dell’abitazione familiare - che rivelano un livello di agiatezza non trascurabile - e della circostanza - sottolineata dallo stesso appellante - che la famiglia si avvalesse stabilmente della collaborazione di tate, babysitter e domestici, indice del tenore di vita elevato goduto dal nucleo familiare. Alla stregua delle considerazioni che precedono e, in particolare, tenuto conto del tenore di vita, della durata del matrimonio, della residua capacità lavorativa specifica della B e dei suoi seri problemi di salute – omissis - appare equo al Collegio confermare l’assegno di mantenimento nella misura stabilita dal primo Giudice. Le circostanze delineate in ordine alle capacità economico-patrimoniali delle parti evidenziano, altresì, la correttezza del maggior contributo mensile a titolo di mantenimento dei figli e della maggior misura della ripartizione delle spese straordinarie a carico del padre, avuto riguardo all’alto tenore di vita goduto dai figli durante il matrimonio grazie alle disponibilità del sig. A, alle maggiori necessità dei due figli - conseguenti notoriamente alla crescita - legate non solo ai bisogni alimentari, ma anche allo sviluppo della personalità in svariati ambiti, quali, ad esempio, quello della formazione culturale, professionale e della vita sociale; al tempo di permanenza dei figli presso la madre. Le esposte considerazioni consentono di ritenere inammissibili le richieste istruttorie avanzate dalla parte appellante, già disattese nel precedente grado di giudizio, in quanto meramente esplorative. Con il secondo motivo di appello incidentale, la difesa della B censura la sentenza nella parte in cui incrementa le modalità di frequentazione dei minori con il padre rispetto a quanto previsto dall’ordinanza presidenziale del 30/11/2022 e dalla successiva ordinanza del 17 aprile 2024, adottata all’esito della C.T.U. sulla capacità genitoriale. La difesa dell’appellata ribadisce l’espletamento esclusivo - da parte della madre - dei compiti di accudimento e cura dei figli, le frequenti richieste del padre di lasciare i  figli  alla  madre  anche  nei  giorni  di  sua  spettanza - anche successivamente alla sentenza di primo grado - peraltro sempre accolte per spirito collaborativo; l’incapacità del padre di vigilare sull’incolumità fisica dei bambini e di provvedere in maniera adeguata, le carenze paterne nella gestione quotidiana dei figli che hanno comportato diversi disagi ai figli, come l’omessa partecipazione ad attività formative e ludiche. In subordine, l’appellata aderisce alla richiesta subordinata del A, di una modifica dei tempi di visita - comportante la frequentazione paterna dei figli a week end alternati, oltre a due pomeriggi infrasettimanali senza pernottamento – modalità già attuata dalle parti di comune accordo. Il motivo è infondato. Ad avviso della Corte, va mantenuto il regime di visita e frequentazione del genitore non collocatario così come regolamentato dal Tribunale, in quanto permette una significativa presenza e coinvolgimento di entrambi i genitori nel percorso di crescita dei minori. Come rilevato dalla C.T.U. Dr. FF, infatti, risulta fondamentale per l’equilibrio psichico dei minori consentire al padre di potersi inserire maggiormente nel tempo dei figli per “favorire quel processo di progressivo distanziamento dalla figura materna, adatto all’età, in ottica evolutiva, oltre a favorire anche un rivolgimento dello sguardo dei figli verso il modo esterno”. Del resto, non sono emerse attuali e gravi manchevolezze del padre, tali da comportare una modifica del regime di visita: nella gestione dei minori, il A può contare sull’aiuto dei familiari dei due rami, ovvero della omissis; del resto, anche la B ha ammesso di essere coadiuvata da tate e baby-sitter. Con il quarto motivo di appello incidentale, l’appellata denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia in ordine alla richiesta di revoca del provvedimento del G.I. del Tribunale di Pesaro del 24/03/2023 - con cui veniva comminata alla sig.ra B la sanzione pecuniaria di € omissis per non essersi trasferita, insieme ai figli, nell’immobile di via omissis, a lei assegnato in forza dell’ordinanza Presidenziale - chiedendo che la sentenza impugnata venga integrata con l’espressa previsione della revoca dell’ordinanza de qua, c della sig.ra B alla ripetizione della somma corrisposta. Il motivo è infondato. Secondo la giurisprudenza di legittimità "le misure sanzionatorie previste dall'art. 709 ter c.p.c. e, in particolare, la condanna al pagamento di sanzione amministrativa pecuniaria, sono suscettibili di essere applicate facoltativamente dal giudice nei confronti del genitore responsabile di gravi inadempienze e di atti ‘che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell'affidamento’; esse, tuttavia, non presuppongono l'accertamento in concreto di un pregiudizio subito dal minore, poiché l'uso della congiunzione disgiuntiva ‘od’ evidenzia che l'avere ostacolato il corretto svolgimento delle prescrizioni giudiziali è un fatto che giustifica di per sé l'irrogazione della condanna, coerentemente con la funzione deterrente e sanzionatoria intrinseca alla norma richiamata" (Cass. ord. n. 37899 del 28/12/2022). Ne discende che, sfuggendo al principio della domanda, tali misure - ascrivibili alla categoria dei c.d. danni punitivi - sono rimesse alla discrezionalità del giudice che può, dunque, prescindere dall'accertamento del danno effettivo riportato dal minore quale conseguenza dell'inadempienza genitoriale. La sig.ra B ha tenuto condotte - non coercibili - che non sono risultate pienamente collaborative, con riferimento al rispetto delle prescrizioni giudiziali di trasferirsi - nell’interesse dei minori - nell’immobile di via omissis. Pertanto, in considerazione del fatto che il comportamento della B ha violato l’obbligo di tutelare e realizzare il miglior interesse dei minori - che era quello di conservare l’habitat domestico - e di adeguarsi alle prescrizioni giudiziali, si ritiene pienamente legittima l’ordinanza che ha irrogato la sanzione amministrativa pecuniaria. Alla stregua delle considerazioni che precedono, l’appello del A va accolto nei limiti sopra indicati, mentre, per il resto, i motivi dell’appello principale e dell’appello incidentale vanno respinti. Il parziale accoglimento del gravame principale impone una nuova regolamentazione delle spese processuali. Avuto riguardo all’esito complessivo della controversia, le spese di entrambi i gradi - liquidate ai valori medi, con esclusione (per il presente grado) della voce relativa all’istruttoria, tenuto conto dell’attività concretamente svolta - vanno compensate nella misura di 1/3 e l’appellante va condannato a rifondere alla controparte la quota residua (2/3). Le spese della C.T.U. disposta in primo grado vanno ripartite secondo lo stesso criterio. (omissis)

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