17.11.2025 -Cassazione – Sez. Lavoro ord 30335/2025 - Pres. Leone Est Amirante.

Infortunio sul lavoro – Società assicuratrice – Estensione della copertura ad attività diversa praticata in occasione del sinistro – Inammissibilità e infondatezza del ricorso – Ragioni – Interpretazione delle clausole del contratto assicurativo – Artt. 1362, 1363, 1366, 1370 C.C. – Applicabilità – Omessa notifica del ricorso a intimato divenuto maggiorenne – Esigenza di speditezza del processo – Irrilevanza della omissione –

24/11/2025

FATTI DI CAUSA 1.    Con sentenza del omissis 2021, pubblicata il omissis 2021, il Tribunale di Pesaro, in funzione di giudice del lavoro, ha condannato A e B, in proprio e nella veste di soci della C S.n.c., al pagamento, in favore di d, in proprio e unitamente a E n.q di esercenti la potestà genitoriale sui figli minori F e G, nonché H, I e L delle somme specificate in dispositivo, a titolo di risarcimento del danno patito in conseguenza dell’infortunio occorso in data omissis 2013 a d  - caduto rovinosamente a terra da un'altezza di circa sei metri, mentre si trovava sul cestello elevatore di proprietà della predetta Società, in quanto impegnato con A nell’esecuzione dei lavori di potatura di alberi sul fondo agricolo di omissis – e, in accoglimento dell’azione di regresso esperita dall’Inail, li aveva condannati in solido con la Società al pagamento della somma di euro omissis in favore di detto Istituto, mentre ha rigettato la domanda di garanzia assicurativa proposta dalla Società nei confronti di assicuratrice. 2.    Con sentenza n. omissis/2022 pubbl. il omissis/2022 la Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato l’obbligo di assicuratrice di tenere indenne C S.n.c., nei limiti del massimale della polizza assicurativa n. omissis del omissis e successivi rinnovi, di quanto la stessa è stata condannata a pagare ad ogni titolo per cui è causa. In particolare sull’appello di A e B osservava che in ordine alla domanda principale svolta dal d rilevando come, a seguito della sentenza resa in sede penale da questa Corte n. omissis/2021, che ha annullato la sentenza della Corte di appello di Ancona agli effetti penali per estinzione del reato in relazione all'intervenuta prescrizione, ed ha rigettato il ricorso agli effetti civili, si era formato il giudicato in relazione sia alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio occorso al Cenci che all'accertamento della percentuale di responsabilità ascrivibile sia all'imputato sia al danneggiato nella causazione del danno, e, infine, in merito al presupposto indefettibile dell’affermazione della responsabilità penale di A ex art. 590, terzo comma c.p., ossia la natura subordinata del rapporto di lavoro intercorso con d e confermando, altresì, sia la responsabilità della società C S.n.c. che la liquidazione del danno patito. Quanto all’appello svolto in relazione alla domanda di garanzia proposta nei confronti di assicuratrice, la Corte d’appello ha rilevato che la polizza assicurativa stipulata dalla C S.n.c. con assicuratrice aveva ad oggetto “la copertura del rischio derivante dalla “posa in opera presso terzi di infissi metallici e pareti metalliche, installazioni di vetri di qualsiasi dimensione e genere, con operazioni di saldatura e verniciatura mediante l'utilizzo di scale e piattaforme mobili e semoventi". Si tratta di attività, contraddistinta dal codice 235, che va ad identificare ed a circoscrivere il rischio assicurato. Tuttavia, in seno alla polizza figura la clausola in forza della quale le parti danno per " .... assicurate in ciascuna sezione anche attività appartenenti a codici diversi da quella dichiarata in polizza purché ascrivibili a categorie tariffarie uguali o inferiori ... ". La Corte ha, poi, ritenuto che "il connotato essenziale alla determinazione dei margini di rischio, collegati allo svolgimento dell'attività di posa in opera di infissi e di pareti metalliche o di vetro, risieda essenzialmente nell'esigenza di portarsi a considerevole altezza dal suolo, mediante utilizzo di scale e piattaforme mobili e semoventi, onde realizzare il montaggio o la finitura dei manufatti" e che, pertanto, doveva farsi rientrare nel rischio assicurato "l'infortunio consistito nella caduta da un'altezza di circa sei metri al suolo del lavoratore, posizionato nel cestello della piattaforma elevabile e non agganciato mediante sistema anticaduta", imponendosi "un'interpretazione delle clausole rispettosa dei criteri di cui agli artt.1362, 1363 e 1366 c.c., ancor prima che del criterio consacrato all'art. 1370 C.C.”, alla luce della “chiara volontà, espressa dai contraenti, di non escludere la copertura assicurativa rispetto a qualsiasi attività implicante il compimento “in quota”di operazioni manuali, con l’ausilio di strumenti relativamente maneggevoli (un saldatore o verniciatore, non meno che una sega elettrica), dunque richiedente il posizionamento dell’operaio su piattaforma semovente e mobile, onde consentirgli di raggiungere le maggiori altezze (di un edificio non meno che di un albero ad alto fusto) alle quali eseguire il lavoro. In definitiva, il complesso degli elementi in atti consente di ritenere che la manutenzione e potatura delle piante non sia attività a maggior rischio specifico rispetto alla montatura di infissi, in quanto per entrambe il fattore di maggior rischio è rappresentato dalla necessità di operare ad altezze elevate, mediante impiego di piattaforme mobili e semoventi". La Corte distrettuale ha, poi, rilevato che "l'infortunio è consistito proprio nella caduta, a fine lavoro, dell'operaio dalla piattaforma utilizzata per consentirgli di elevarsi dal suolo, dunque, non si è verificato a causa delle particolari modalità di impiego, da parte di costui, di strumenti adatti in specie alla potatura piuttosto che al montaggio di infissi". Conclusivamente ha ritenuto non essere emerse "ragioni valide all'esclusione della garanzia assicurativa, così che va accolta nei confronti di assicuratrice di manleva” 3.    Avverso la decisione di secondo grado propone ricorso per cassazione assicuratrice affidato a tre motivi. 4.    C snc, A e B in proprio e n.q. di soci di C snc, d, in proprio e unitamente a E n.q. esercenti la potestà genitoriale sulla figlia G, nonché H, I e L e INAIL replicano con separati controricorsi. 5.    Le parti assicuratrice, d, A, B e C hanno depositato memorie illustrative. Nelle memorie di A e B e di C snc viene eccepita la nullità della notifica del ricorso eseguita nei confronti di soggetti privi del potere di rappresentanza processuale per essere F – rimasto intimato – divenuto maggiorenne in data antecedente alla notifica. Si rinviene in atti memoria ex art. 378 c.p.c. di W che non risulta riconducibile alla controversia in esame. RAGIONI DELLA DECISIONE 1.    Con il primo motivo assicuratrice deduce, ex art. 360 n.3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1362, 1363, 1364 c.c. per avere la Corte d'Appello ritenuto che le clausole del contratto assicurativo debbano essere interpretate nel senso di estendere l'operatività della polizza anche alla diversa attività praticata in occasione del sinistro. La censura riguarda l'erronea applicazione dei canoni ermeneutici che la stessa Corte territoriale ha richiamato per pervenire ad una interpretazione del contratto contraria al suo oggetto e alla volontà delle parti concordemente espressa nel senso della sua delimitazione. Lamenta che l'esegesi fornita dalla Corte territoriale conduce illegittimamente ad estendere l'oggetto del contratto assicurativo ad una attività diversa e per nulla collegabile con quella principalmente svolta dalla società assicurata e coperta dalla garanzia. 2.    Con il secondo motivo, ex art. 360 n. 5 c.p.c., si deduce omesso esame del dato testuale - risultante dalla polizza, decisivo per la definizione della lite e oggetto della discussione tra le parti – costituito dal codice 815 cui è riferibile l’attività di potatura di alberi ad alto fusto, diverso da quello (cod. 235) dell'attività oggetto di copertura della polizza assicurativa. Si allega la decisività del fatto posto che l'attività nello svolgimento della quale è accaduto l'incidente, ritenuto fonte della invocata responsabilità, è diversa e contrassegnata da una categoria tariffaria superiore rispetto a quella assicurata. Tale circostanza avrebbe dovuto già ex se condurre la Corte di appello ad escludere l'operatività della polizza al caso di specie in base alle stesse considerazioni svolte in sentenza, secondo le quali l'estensione di polizza era prevista per le sole attività appartenenti a codici diversi "ascrivibili a categorie tariffarie uguali o superiori". 3.    Con il terzo motivo ex art. 360 n.4 c.p.c. la ricorrente, fermo il carattere assorbente dei motivi che precedono, deduce che la Corte d'Appello di Ancona ha omesso di pronunciare sulla ulteriore eccezione di inoperatività della copertura assicurativa svolta ai sensi dell'art. 1 lett. B della polizza - che prevedeva testualmente che "resta convenuto che non costituirà motivo di decadenza dalla presente garanzia il fatto che l'assicurato non sia in regola, nei confronti del dipendente infortunato soggetto all'Inail, con gli obblighi di assicurazione di legge esclusivamente a condizione che: l'irregolarità derivi da comprovata e involontaria errata interpretazione delle norme di legge vigenti in materia; l'assicurato stesso corrisponda all'infrascritta società il premio relativo ai dipendenti risultanti non in regola con gli obblighi di legge con effetto dall'ultima scadenza annua di rata anteriore al momento dell'infortunio, col minimo assoluto di sei mesi di premio" - stante la (pacifica) insussistenza di entrambe le cause di esclusione, essendo il d lavoratore subordinato non regolarizzato nemmeno ex post non avendo la C snc pagato l’integrazione del premio relativo al suddetto asserito lavoratore “in nero”. 4.    Va esaminata, in via preliminare, l'eccezione di difetto di integrità del contraddittorio. A tal riguardo si osserva che, benché vada rilevato che, qualora la capacità di stare in giudizio in rappresentanza del figlio minore venga meno per il raggiungimento della maggiore età da parte di quest'ultimo dopo la pubblicazione della sentenza, l'impugnazione va proposta nei confronti dell'ex minore divenuto maggiorenne (e notificata presso il suo domicilio reale) e non nei confronti dei genitori (ovvero del figlio rappresentato dai genitori) (in tal senso Cass. n. 116/2004, Cass. n. 8827/2003, Rv. 563830-01), il rispetto del diritto fondamentale alla ragionevole durata del processo impone al giudice, ai sensi degli artt. 175 e 127 c.p.c., di evitare e impedire comportamenti che siano di ostacolo alla sua sollecita definizione - tra i quali rientrano quelli che si traducono in un inutile dispendio di attività processuali e formalità superflue perché non giustificate dalla struttura dialettica del processo e, in particolare, dal rispetto effettivo del principio del contraddittorio, da effettive garanzie di difesa e dal diritto alla partecipazione al processo, in condizioni di parità, dei soggetti nella cui sfera giuridica l'atto finale è destinato a produrre i suoi effetti - sicché, ove il ricorso per cassazione sia prima facie infondato, è superfluo fissare un termine per l'integrazione del contraddittorio o per la rinnovazione della notifica nulla o inesistente, ciò traducendosi in un aggravio di spese e in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio, senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti (così la recente Cass. n. 11825/2025, Rv. 674845-01). Nel caso di specie ricorrendo l’ipotesi, per quanto si dirà, della infondatezza ed inammissibilità dei motivi di ricorso svolti da assicuratrice, si ritiene non necessario disporre la rinnovazione della notifica del ricorso ad F. 5.    Passando, dunque, all'esame del ricorso, il primo motivo è infondato. Occorre premettere che l'interpretazione delle clausole in ordine alla portata ed all'estensione del rischio assicurato rientra tra i compiti del giudice di merito ed è incensurabile in cassazione, se rispettosa dei canoni legali di ermeneutica e motivata, poiché il sindacato di legittimità può avere ad oggetto non già la ricostruzione della volontà delle parti, bensì solamente l'individuazione dei criteri ermeneutici del processo logico del quale il medesimo giudice di merito si sia avvalso per assolvere la funzione a lui riservata, al fine di verificare se sia incorso in vizi del ragionamento o in errore di diritto (Cass. n. 8810/2020, Rv. 657914-01; Cass. n. 7597/2006, Rv. 587980-01). Secondo l'orientamento di questa Corte, l'interpretazione del contratto, traducendosi in un'operazione di ricerca ed individuazione della comune volontà dei contraenti, costituisce un accertamento di fatto, riservato al giudice di merito, non sindacabile in sede di legittimità se non per violazione delle regole ermeneutiche (ai sensi dell'art. 360 n. 3 cod. proc. civ.), oppure per inadeguatezza di motivazione (ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., nella formulazione antecedente alla novella di cui al decreto-legge n. 83 del 2012, ove applicabile), oppure, ancora, nel vigore del novellato testo di detta norma, per omesso esame di un fatto decisivo e oggetto di discussione tra le parti (Cass. n. 14355/2016; vd. anche, tra le altre, Cass. n. 13399/2005). Quale che sia la censura in concreto formulata, nessuna di esse può peraltro risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice del merito, che si sostanzi nella mera contrapposizione di una differente interpretazione atteso che, per sottrarsi al sindacato di legittimità, l'interpretazione data al contratto dal giudice del merito non deve essere l'unica possibile, né la migliore in astratto, ma una delle possibili, e plausibili, interpretazioni (Cass. n. 10131/2006; Cass. n. 24539/2009; Cass. n. 27136/2017; Cass. n. 28319/2017; Cass. n. 24195/2023). 5.1    Nel caso di specie, l'interpretazione fornita dal giudice del merito, ampiamente motivata, risulta tutt'altro che implausibile, avendo la Corte anconetana interpretato la polizza, ritenendo, in base al complessivo tenore della stessa, ed in particolare dell'art. 3.1, che andasse valorizzata la circostanza che l'attività assicurata fosse connotata dal rischio riconducibile alla necessità di portarsi ad altezza considerevole e, dunque, all'utilizzo di scale o piattaforme mobili o semoventi, rispetto alla quale emergeva la "chiara volontà espressa dai contraenti, di non escludere la copertura assicurativa rispetto a qualsiasi attività implicante il compimento "in quota" di operazioni manuali, con l'ausilio di strumenti relativamente maneggevoli (un saldatore o verniciatore, non meno che una sega elettrica), dunque richiedente il posizionamento dell'operaio su piattaforma semovente e mobile, onde consentirgli di raggiungere le maggiori altezze ( di un edificio non meno che di un albero ad alto fusto) alle quali eseguire il lavoro". In base a tal interpretazione della concreta estensione e portata del rischio assicurato ha ravvisato una sostanziale "omogeneità" del rischio specifico tra l'attività di montatura di infissi (oggetto espresso della polizza) e quella di manutenzione e potatura delle piante (oggetto della interpretazione estensiva ammessa dall’art. 3.1. della polizza) “in quanto per entrambe il fattore di maggior rischio è rappresentato dalla necessità di operare ad altezze elevate, mediante impiego di piattaforme mobili e semoventi". 5.2         Al riguardo, inoltre, la Corte territoriale, con motivazione non oggetto di censura, valorizza un altro elemento deponente nel senso della copertura assicurativa del sinistro occorso al d, ossia la circostanza che questo è consistito nella "caduta, a fine lavoro, dell'operaio dalla piattaforma utilizzata per consentirgli di elevarsi dal suolo" e che, dunque, si è verificato una volta terminata l’attività di potatura e non "a causa delle particolari modalità di impiego, da parte di costui, di strumenti adatti in specie alla potatura piuttosto che al montaggio di infissi". 6.        Il secondo motivo è inammissibile per una pluralità di motivi. Innanzitutto, l'art. 360, comma 1, n. 5), c.p.c., come riformulato ex art. 54 d.l. n. 83 del 2012, prevede un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all'omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia formato oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo, nel senso che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia (cfr. da ultimo Cass. n. 2961/2025, Rv. 673975-01). L'omesso esame di una questione riguardante l'interpretazione del contratto, al contrario, non costituendo "fatto decisivo" del giudizio, non è riconducibile al vizio di cui all'art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., atteso che rientrano in tale nozione gli elementi fattuali e non quelli meramente interpretativi (Cass. n. 20718/2018, Rv. 650016-02). 6.1         Nella specie, la ricorrente lamenta l'omesso esame di "un dato fattuale ( ... ) costituito dal numero del codice 815 cui appartiene l'attività di potatura degli alberi, risultante dalla polizza". Ciò posto, in primo luogo, non si tratta, all'evidenza, di un "fatto storico" inteso quale preciso accadimento o precisa circostanza in senso storico-naturalistico (cfr. Cass. n. 22397/2019; Cass. n. 26305/2018; Cass. n. 14802/2017), né è stato indicato quando tale "dato fattuale" sarebbe stato fatto oggetto di discussione tra le parti, a ciò ovviamente non bastando che la polizza fosse stata integralmente prodotta né risultando in alcun modo dal testo della sentenza. In secondo luogo, il "fatto" medesimo, per come articolato in ricorso, non può ritenersi decisivo, alla luce della parte di motivazione, sopra già richiamata, in cui si evidenzia che il sinistro non è avvenuto durante l'attività di potatura - contraddistinta da un codice tariffario maggiore rispetto a quello della posa in opera di infissi - bensì al suo termine, durante e in conseguenza dell'utilizzo della piattaforma mobile. 7.    In ordine al terzo motivo va evidenziato che il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell'art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito di accoglimento o di rigetto ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull'eccezione sottoposta al suo esame, mentre non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito sollevata in appello qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione (Cfr. Cass. n. 24953/2020 Rv. 659772-01). 7.1. Nel caso di specie va rilevato che la Corte d’appello, ove conclude nel senso che “non sono emerse ragioni valide all’esclusione della garanzia assicurativa, così che va accolta nei confronti di assicuratrice la domanda di manleva” ha implicitamente pronunciato, nel senso della infondatezza, sull’eccezione di inoperatività della polizza. 8. Il ricorso va, dunque, rigettato. 9. In applicazione del principio della soccombenza, la ricorrente va condannata alla rifusione delle spese processuali in favore dei controricorrenti liquidate come da dispositivo.     (omissis)

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