Tribunale di Urbino – Sentenza – Est. De Leone

Liquidazione giudiziale delle spese legali – art. 9 D.L. 1/2012 – Criteri

09/02/2012

Nel contesto di una decisione di merito, condannando il convenuto, il giudice ha dato seguito altresì alla liquidazione delle spese legali a carico del soccombente, nella vigenza del D.L. 1/2012 . Questa la articolata motivazione adottata ….. “Le spese seguono la soccombenza. In merito alla relativa liquidazione deve premettersi che il legislatore con l’art. 9 d.l. 1/2012 ha disposto: l’abrogazione delle “tariffe delle professioni regolarmente nel sistema ordinistico” (comma 1); che “ferma restando l’abrogazione di cui al comma 1, nel caso di liquidazione da parte di un organo giurisdizionale, il compenso del professionista è determinato con riferimento a parametri stabiliti con decreto del ministro vigilante”; che “il compenso per le prestazioni professionali è pattuito al momento del conferimento dell’incarico professionale ….”; l’abrogazione delle “disposizioni vigenti che per la determinazione del compenso del professionista, rinviano alle tariffe di cui al comma 1”. In attesa dell’emanazione del “decreto del ministro vigilante” ed in assenza di una disciplina transitoria si pone, dunque, il problema dell’individuazione delle regole per operare la liquidazione delle spese. In proposito si osserva che le disposizioni di cui agli artt. 91 e seguenti c.p.c. affidano al giudice il compito di stabilire su quale delle parti del processo debba ricadere il costo dello stesso. In tale contesto al giudice è affidato altresì il compito di “liquidare” detto costo secondo il principio desumibile dall’art. 92, comma I, prima parte, c.p.c. che consente l’esclusione della condanna al pagamento delle spese ritenute eccessive o superflue. Posto, allora, che nel costo del processo sostenuto dalla parte non soccombente vi è anche il compenso che la stessa parte deve al proprio difensore, il sistema di norme di cui agli artt. 91 e seguenti c.p.c. affida al giudice il compito di stimare tale particolare voce di costo, ossia di liquidare anche gli “onorari di difesa” (cfr. art. 91 c.p.c.). Con tale operazione il giudice è tenuto a stimare il presumibile costo del processo che la parte non soccombente ha sostenuto (o dovrà sostenere) per la difesa tecnica. E’ intuitivo che tale regola risponde alla stessa ratio posta a fondamento dell’esclusione delle spese eccessive o superflue, nel senso che evita di addossare alla parte soccombente anche quei costi della difesa tecnica che siano eccessivi rispetto a quanto normalmente sarebbe dovuto nel rapporto cliente difensore. Le c.d. tariffe forensi, ossia il D.M. 127/2004 (emanato in applicazione delle leggi 1051/1957 e 536/1949) nel porre (in modo non esaustivo) i criteri cui deve attenersi il giudice nella liquidazione di quella particolare voce di costo del processo costituita dall’onere della difesa tecnica non si discostano dalla ratio appena enunciata allorquando distinguono tra liquidazione a carico del cliente e liquidazione a carico del soccombente (si veda ad esempio la differenza sostanziale tra il primo ed il secondo comma dell’art. 6 del D.M. citato). Tanto premesso l’abrogazione delle tariffe forensi e delle disposizioni che ad esse rinviano, almeno per quei procedimenti in cui l’attività difensiva si è svolta tutta prima della data di entrata in vigore del d.l. 1/2012, non sono di ostacolo, ad avviso di questo giudicante, alla liquidazione del costo della difesa tecnica secondo il parametro delle c.d. tariffe forensi. Infatti per quanto fin qui esposto deve ritenersi che l’abrogazione in discorso abbia come effetto principale, nell’ambito della liquidazione ad opera di un organo giurisdizionale, quello di rendere non più vincolanti i criteri indicati nel D.M. 127/2004 affidando al giudice, in attesa dell’emanazione del decreto previsto dall’art. 9 d.l. 1/2012, il compito di ricercare nell’ordinamento altri parametri di liquidazione idonei a stimare il costo presumibile della difesa tecnica sostenuto (o ancora da sostenere) dalla parte non soccombente per addossarlo alla parte soccombente. In quest’ottica viene in rilievo l’art. 2233 c.c. che, dunque, non è utilizzato in via diretta (le norme in esso contenute, infatti, disciplinano il rapporto cliente-professionista indicando, anche al giudice eventualmente chiamato a pronunciarsi nella controversia tra gli stessi, alcuni criteri di determinazione del corrispettivo) ma solo quale parametro di riferimento nell’operazione di liquidazione ai sensi degli artt. 91 e seguenti c.p.c. Ne consegue che, salvo che agli atti del processo non risulti un diverso accordo tra il cliente (parte non soccombente) e proprio difensore, il giudice, almeno per le attività difensive compiute fino alla data di entrata in vigore dell’art. 9 d.l. 1/2012, potrà continuare a far riferimento alle tabelle allegate al D.M. 127/2004 quale criterio di stima del costo presumibile della difesa tecnica. E’ facile presumere, infatti, che in assenza di un diverso accordo (o della relativa prova) e per il tempo in cui erano in vigore le c.d. tariffe forensi, detto costo sia prossimo a quello calcolato secondo le tabelle allegate al D.M. 127/2004. Nel caso di specie, non essendovi diverse emergenze in atti, può dunque procedersi alla liquidazione secondo le tabelle allegate al D.M. 127/2004”….

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