Tribunale di Pesaro – Sezione Lavoro – Sent. n. 468/10 – Est. Paganelli –

Sanzione disciplinare – sproporzione - annullamento

09/05/2011

Con ricorso B, dipendente del Ministero X in servizio presso un ufficio pubblico chiedeva l’annullamento della sanzione disciplinare del rimprovero scritto inflittale, nonché dei successivi atti di revoca dalle funzioni di primo sostituto, dal Direttore del suo ufficio. Si costituiva in giudizio il Ministero A contestando la domanda in quanto ritenuta infondata. Il Tribunale ha accolto parzialmente il ricorso, annullando la sola sanzione disciplinare. In particolare, il Giudicante rileva come la ricorrente sia incorsa in inesattezze nell’espletamento delle proprie attribuzioni, in quanto la stessa ha trasmesso un questionario non a comuni cittadini, come previsto, bensì a tutti gli uffici di servizio. “Dunque è palese che l’istante abbia inteso attivare una misurazione diversa da quella richiesta in quanto destinata a saggiare il grado di soddisfazione non dei comuni cittadini bensì delle pubbliche amministrazioni che usufruivano dei servizi dell’Amministrazione convenuta”. “Deve convenirsi con la resistente che la nota di trasmissione contiene delle evidenti inesattezze, nella parte in cui l’iniziativa è riferita alla necessità di ottemperare a disposizioni di altro Ente pubblico. La verifica del grado di soddisfazione degli enti pubblici serviti era, infatti, iniziativa di esclusiva pertinenza dell’amministrazione convenuta”. Il Tribunale precisa, altresì, che “la ricorrente nell’inviare la comunicazione si è erroneamente qualificata quale direttore ff.”. Sottolinea, però, come dai documenti acquisiti e dalle testimonianze rese nel corso del giudizio sia emerso che “tanto l’attuazione dell’iniziativa di customer satisfaction quanto l’analogo progetto dell’Ente, dovevano esse attuate dall’URP, di cui la ricorrente era responsabile, non trattandosi di attività provvedimentale ma di una mera raccolta di informazioni […] la ricorrente, con qualifica di C3, poteva provvedere in via autonoma”. Ciò premesso il Tribunale sottolinea, però, come “la decisione di sanzionare disciplinarmente con un provvedimento di censura scritta la condotta della ricorrente fosse ingiusta, perché sostanzialmente sproporzionata”. “L’amministrazione avrebbe dovuto tenere conto di circostanze che riducono sensibilmente la gravità soggettiva ed oggettiva degli errori in cui la ricorrente è incorsa”. Infatti, si sottolinea come “la ricorrente, dopo aver inviato alle amministrazioni la nota ed il questionario, appena disponibile il direttore, […], metteva la direzione a conoscenza di tutto l’incartamento inviato, consentendo la rapida rettifica della documentazione (il fatto è incontestato)”. “Ciò esclude in capo alla ricorrente qualunque volontà di indebita sovrapposizione rispetto alle competenze del direttore ed anzi dimostra come l’istante abbia ricercato la sua collaborazione”. “La rettifica del direttore si limita a chiarire, alle amministrazioni destinatarie, che il questionario era inviato ad iniziativa dell’Ente e che i documenti compilati potevano essere restituiti entro il mese di ottobre”. Dunque “il questionario, nuovamente trasmesso dal direttore, è sostanzialmente identico a quello trasmesso dalla ricorrente”. “Poiché la rettifica del direttore è intervenuta appena 4 giorni dopo l’invio della documentazione errata, non può ragionevolmente ipotizzarsi che le amministrazioni destinatarie abbiano risentito alcun serio pregiudizio”. “In definitiva, gli inadempimenti contestati si risolvono in mere inesattezze di ordine formale, dovute evidentemente ad una non chiarissima percezione della vicenda da parte della ricorrente, […] “Poiché il sistema di rilevazione era obbiettivamente identico (diversi erano i soggetti destinatari), alcun pregiudizio poteva derivare allo svolgimento dell’iniziativa: il questionario inviato dalla ricorrente era cioè idoneo alla raccolta dei dati, essendo stato nella sostanza confermato dal direttore”. Nel ricorso B eccepiva, inoltre, la sussistenza di una condotta mobbizzante ravvisandola nell’interessamento e nella richiesta di notizie da parte del direttore circa il significato di una sua precedente nota, ove la medesima lamentava uno stato di ansia e depressione dovuto a condizioni esterne relative all’ambiente di lavoro, interpretando l’interessamento del direttore alla stregua di una richiesta di giustificazione del proprio stato di salute psichica. Al riguardo il Tribunale ritiene che la posizione assunta dalla ricorrente è “affetta da evidenti forzature (ossia da una marcata sproporzione tra i fatti e le conseguenze che se ne fanno derivare)”. “E’ evidente che l’interesse del direttore, del tutto legittimo (essendo tenuto a tutelare il benessere dei lavoratori sul luogo di lavoro) era di conoscere eventuali fatti, inerenti l’attività lavorativa, ritenuti da B nocivi per la salute”. Ne consegue che nella fattispecie in esame “non possono ravvisarsi gli estremi di una condotta mobbizzante”. IL Tribunale, infine, ritiene che “non può reputarsi illegittima la decisione del direttore di assegnare ad altro personale la funzione di proprio sostituto. Premesso che la decisione al riguardo è ampiamente discrezionale, l’esistenza di dissapori tra la ricorrente ed il direttore giustificano la decisione che, in ogni caso, non può valutarsi alla stregua di un demansionamento (la funzione vicaria concerne mansioni di livello superiore)”. …

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