TRIBUNALE DI PESARO SENT. EST. FAZZINI

Danni da straripamento - omessa manutenzione opera pubblica - competenza Tribunale Superiore Acque Pubbliche - ragioni

25/10/2012

“con citazione regolarmente notificata C.C. e C.C. convenivano in giudizio la Provincia xxxx esponendo: - che in data xxx piogge abbondanti ma non straordinarie avevano provocato lo straripamento di alcuni corsi d’acqua, compreso il Rio V, la cui esondazione abbatteva il muro di confine eretto a protezione della loro abitazione - che le acque e i detriti distruggevano la prete dello scivolo di ingresso al seminterrato adibito a garage, divellendo la porta e riversando all’interno una massa di rifiuti e fango che travolgeva ogni cosa custodita nel locale - che venivano così irrimediabilmente danneggiati vari beni mobili, per un valore complessivo di € _________ - che in esito ad un sopralluogo del Genio Civile emergeva che lo straripamento era dovuto alla mancanza di pulizia e alla inesistente manutenzione del Rio V, manutenzione che per anni gli abitanti della zona avevano inutilmente richiesto all’ente convenuto - che l’alveo del Rio V era intasato da fitta vegetazione, che nel corso degli anni aveva favorito l’accumulo di detriti, di ostacolo all’afflusso delle acque - che la Provincia era tenuta, ai sensi dell’art. 2 del R.D. 523/1904, al mantenimento della regolarità dei ripari e argini o di qualunque altra opera fatta entro gli alvei e contro le sponde dei torrenti appartenenti al demanio, con conseguente responsabilità per il caso di omessa manutenzione - che sussisteva la competenza del Tribunale adito, non del Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, poiché nella fattispecie il danno non era derivante da esecuzione, manutenzione e funzionamento di opere idrauliche, ma soltanto alla omessa manutenzione e pulizia del Rio V - che il tecnico di parte attrice aveva ritenuto che l’inondazione della proprietà degli attori era dipesa dalla omessa manutenzione di un manufatto sottostante la strada provinciale, risultato ostruito da rami arbusti detriti ecc. Tutto ciò premesso gli attori chiedevano la condanna della convenuta al pagamento della somma indicata, oltre al danno biologico e morale. Si costituiva la provincia eccependo la competenza del Tribunale delle Acque Pubbliche, trattandosi di controversia avente per oggetto danni derivanti da asserita omessa manutenzione di un’opera idraulica. Affermava che il Rio V era uno dei tanti corsi d’acqua costituenti il reticolo idrografico minore del bacino del Metauro, con alveo non arginato né canalizzato, soggetto alle continue trasformazioni proprie della dinamica fluviale. Le piogge rappresentavano un evento calamitoso eccezionale, e gli attori avevano omesso di costruire le opere atte alla difesa dei loro beni, come disposto dall’art. 12 RD 523. Negava do avere competenza rispetto alla realizzazione di argini o opere di contenimento a difesa di edifici privati, e attribuiva alla colposa attività edificatoria degli attori la sussistenza del danno. Contestando anche il quantum chiedeva di essere autorizzata a chiamare in causa la compagnia di assicurazioni, che si costituiva in corso di causa, negando ogni responsabilità dell’assicurata ed eccependo l’inoperatività della polizza. Svolta istruttoria, anche con espletamento della CTU, la causa passava in decisione. Il CTU afferma che il corso d’acqua di cui si discute, Rio V, in base alle dichiarazioni acquisite ed agli atti processuali, risultava, all’epoca del fatto, in uno stato di pulizia e di manutenzione “deficitaria”, così come lo era anche durante un sopralluogo dello stesso CTU del 19.07.2010; ha aggiunto che nei pressi della proprietà della parte attrice il percorso del Rio V subisce una forte deviazione dalla propria traiettoria, incanalandosi in un tombino stradale, cioè in un manufatto necessario per l’attraversamento della Strada Provinciale; lo straripamento del Rio V è avvenuto proprio all’imbocco di tale attraversamento stradale. Prosegue il CTU affermando che l’esondazione fu conseguente ad un evento piovoso di carattere eccezionale che ha causato nel Comune di M vari dissesti idrogeologici; ha attribuito lo straripamento del Rio V a diverse concause e precisamente 1) mancata pulizia dell’alveo lungo tutto il tratto posto a monte del punto di esondazione. 2) mancata pulizia del manufatto, cioè tombino, attraverso il quale la Strada Provinciale attraversa il corso dell’acqua. 3) insufficiente dimensionamento del manufatto con cui è stato eseguito l’attraversamento della Strada Provinciale, certamente non sufficiente per l’evento meteorico avvenuto. 4) brusca deviazione del percorso del Rio V che, in prossimità dell’attraversamento stradale, possiede per sua natura tale conformazione. 5) evento atmosferico di rilevante intensità meteorica. Quanto all’imputabilità delle cause dello straripamento il CTU ha affermato che in base alle normative vigenti nazionali, regionali e locali, spetta ai frontisti proprietari la pulizia ed ordinaria manutenzione dei corsi d’acqua minori, si legge a pag 7 dell’elaborato che “in base all’art. 2 R.D. 523/1904 ed alle leggi regionali 10/99 e 13/99 … la Provincia ha solo l’obbligo di provvedere le opere idrauliche di qualsiasi natura che possono avere relazione con il buon regime delle opere pubbliche”. Tali opere in base all’art. 3 del R.D. 523/1904 …devono rientrare tra quelle classificate dalla 1 alla 5 categoria, come definite dai successivi articoli dello stesso R.D. 523/1904. Inoltre la Provincia deve “provvedere alle condizioni di regolarità dei ripari degli argini”, cioè la competenza è riservata ai corsi d’acqua con alveo non naturale cioè delimitato da argini e opere artificiali. Tali opere sempre in base all’art. 3 del R.D. 523/1904….devono sempre rientrare tra quelle elencate nelle categorie definite in base al R.D. stesso. Poiché si sta parlando del Rio V, cioè di un fosso facente parte del reticolo idrografico minore del Fiume Metauro, nessun tratto di tale fosso rientra nelle categorie classificate in base al R.D. 523/1904, il quale testo normativo si occupa prevalentemente di fiumi e torrenti, cioè di corsi d’acqua principali…. In conclusione, in base alle norme del Codice Civile, in base all’art. 12 sempre del R.D. 523/1904 ed anche in base al regolamento di Polizia Rurale della Provincia, art. 22 commi 5-6, spetta ai frontisti privati la manutenzione dei corsi d’acqua minori, sia pubblici che privati, sia artificiali che naturali, che dovranno contribuire in maniera proporzionale alla lunghezza interessante la relativa proprietà. Ovviamente tali interventi di pulizia o ordinaria manutenzione devono essere preventivamente autorizzati dagli uffici competenti della provincia di riferimento….sempre in base all’art. 12 R.D. 523/1904…è prevista la possibilità di creare dei consorzi volontari, promossi dai diretti interessati, con la finalità di eseguire la sistemazione dell’alveo dei corsi d’acqua minori…” Prosegue il CTU osservando che “in merito all’ordinaria manutenzione o pulizia del tombino di attraversamento stradale del Rio V, essa è imputabile all’ente pubblico la Provincia, poiché la strada è di competenza provinciale. Di conseguenza, anche la competenza inerente il mantenimento in perfetto stato di efficienza di tale manufatto, al fine di evitare che rimanga intasato dai detriti di varia natura, spetta solo all’ente Provinciale stesso” e che “… la mancata verifica idraulica del manufatto stradale è sempre imputabile all’ente pubblico della Provincia, come l’insufficiente dimensionamento della sezione idraulica del manufatto stradale in riferimento all’evento meteorico che ha verificato l’esondazione è sempre imputabile all’ente pubblico”. Quanto alla manutenzione e pulizia del corso d’acqua, la parte attrice critica fortemente la consulenza, affermando che tale manutenzione compete alla Provincia in base alla giurisprudenza della Corte di Cassazione secondo cui (SS UU 8588/97) “ i proprietari di fondi latistanti ad un torrente sono obbligati (ex art. 12 R.D. n.523/1904) solo alla costruzione delle opere a difesa dei loro beni, mentre spetta all’autorità amministrativa (ex art. 2 R.D. 523/1904) provvedere al mantenimento delle condizioni di regolarità dei ripari e degli argini o di qualunque altra opera fatta entro gli alvei e contro le sponde, sicchè fa carico alla Regione, alla quale sono trasferite le competenze amministrative in materia di opere idrauliche, provvedere alla manutenzione dell’argine di un torrente, sito al di là della proprietà privata ed appartenente al demanio, con conseguente responsabilità della stessa (ex art. 2051 cod. civ.) per i danni derivati dall’omissione di tale manutenzione salvo che l’estensione e la configurazione del bene non rendano praticamente impossibile l’esercizio di un controllo che valga ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi. Ebbene, se la sentenza citata fosse applicabile al caso di specie, sarebbe certamente fondata l’eccezione di incompetenza ricevuta; infatti, leggendo la sentenza per esteso, emerge che la fase merito fu introdotta davanti al Tribunale delle Acque e dallo stesso definita. Ma la citata sentenza non appare applicabile alla fattispecie; si apprende infatti dalla lettura della motivazione che i danni alla proprietà privata dei quali la P.A. era chiamata a rispondere erano derivati dal crollo dell’argine sinistro di un torrente, per lo stato di abbandono e omessa manutenzione; dall’uso del termine crollo sembra desumersi che si trattasse di un argine non naturale ma artificiale, quindi di un opera. La censura mossa alla Provincia dagli attori, come emerge dagli atti introduttivi, non involgeva che l’omessa manutenzione e pulizia dell’alveo, e in tali limiti la domanda era conoscibile dal giudice adito; laddove, infatti, fossero stati messi in discussione esecuzione, manutenzione o funzionamento di opere idrauliche, per ciò intendendosi qualunque attività di derivazione o utilizzazione di acque pubbliche, e anche opere solo di contenimento, di realizzazione o manutenzione di argini, la competenza sarebbe stata del Tribunale delle Acque, quale giudice specializzato nel valutare comportamenti, anche omissivi, implicanti apprezzamenti circa la delibazione, la progettazione o l’attuazione di opere idrauliche. La sentenza citata dunque, avente ad oggetto il crollo di un argine, inteso dalla Corte come opera idraulica, confermava la competenza del giudice specializzato, e riguardava un caso diverso da quello portato avanti a questo ufficio. Gli attori citano anche SS UU del 17.7.1992 secondo cui “l’attribuzione in via esclusiva all’autorità amministrativa del potere di statuire e provvedere sulle opere di qualsiasi natura che possono avere relazione con il buon regime delle acque pubbliche nonché sulle condizioni di regolarità dei ripari ed argini o altra opera qualunque fatta entro gli alvei e contro le sponde, stante l’espresso disposto in tal senso dell’art. 2 del T.U. delle norme sulle opere idrauliche di cui al R.D. 25 luglio 1904, n 523, che esclude altresì espressamente qualsiasi intervento in materia dell’autorità giudiziaria, preclude la proponibilità, nei confronti della P.A. di azioni di nunciazione rivolte ad ovviare al pericolo di danno derivante da omessa manutenzione della sponda e perciò dirette ad ottenere provvedimenti che interferiscano nella sfera riservata esclusivamente a detta autorità amministrativa, sena che rilevi in contrario l’art 141 del R.D. 11 dicembre 1933 n. 1775, che, nel limitare l’improponibilità di siffatte azioni alla sola ipotesi in cui esse siano dirette a censurare provvedimenti della medesima autorità, va coordinato con la fondamentale disposizione del citato art. 2 R.D. n. 523 del 1904, così da implicare la sua operatività anche rispetto a comportamenti omissivi.” Tale sentenza, come emerge dalla lettura della parte motiva, riguarda danni derivanti da omessa manutenzione del bastione costituente l’argine sinistro del fiume Arno, e segue una fase di merito portata e conclusa avanti al Tribunale delle Acque. Le due sentenze, inoltre, riguardano la manutenzione degli argini di un torrente e di fiume, mentre nel caso di specie si tratta di un corso d’acqua pacificamente non rientrante in tali tipologie, ossia di un “rio” o “fosso”. Ebbene, come correttamente rilevato dal CTU, la manutenzione dell’alveo di tali corsi d’acqua minori spetta ai proprietari frontisti; ciò è stabilito dall’art. 12 R.D. 523/1904 che recita: “sono ad esclusivo carico dei proprietari e possessori frontisti, salvo ad essi il diritto di far concorrere gli altri interessati, secondo le leggi civili, le opere di sistemazione e difesa non comprese nelle categorie precedenti sui corsi d’acqua di qualunque natura. Per la manutenzione di queste opere e per la sistemazione dell’alveo dei minori corsi d’acqua, distinti dai fiumi e torrenti con la denominazione di fossati, rivi e colatori pubblici, si stabiliscono consorzi in conformità del disposto del capo II, quando concorra l’assenso degli interessati secondo l’art. 21”. In conclusione, se la causa dell’esondazione, come indicata nell’atto di citazione, è l’omessa pulizia e manutenzione dell’alveo del Rio V, gli attori non possono essere risarciti dalla Provincia che non è il soggetto tenuto per legge a tali adempimenti. Secondo il CTU, sussiste responsabilità della Provincia con riguardo invece alle due concause dell’evento indicate con i numeri 2 e 3, ossia per omessa manutenzione e pulizia del manufatto che consente lo scorrimento delle acque del Rio V sotto la sede stradale e per errato dimensionamento della sezione idraulica di tale opera; ammesso che tale responsabilità sussista, non può essere valutata da questo giudice proprio in base alla giurisprudenza citata dagli attori, che indica la competenza del Tribunale delle Acque. Né si può ritenere competente il Tribunale ordinario per connessione tra le domande poiché la connessione di una causa spettante alla cognizione del Tribunale ordinario con altra causa rientrante nella competenza per materia del Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche non legittima l’attrazione della pria in favore del giudice specializzato, dovendo ciascuna causa essere assegnata al giudice per essa competente. ( Così Cass., Sez. I, Ordinanza n. 4210 del 24.02.2006). La domanda appare, per quanto detto sinora, da respingere; si può aggiungere che effettivamente la documentazione prodotta e le prove orali dimostrano la particolare ed eccezionale intensità dell’evento meteorico, e che le scelte edificatorie e di protezione degli attori (sulle quali le osservazioni della convenuta e del CTU sono condivisibili) non appaiono adeguate alla posizione dell’edificio estremamente vicina al corso d’acqua. Le spese di lite possono compensarsi, tra tutte le parti, trattandosi di questioni complesse, sia con riferimento alla competenza, sia con riferimento alla normativa applicabile. PQM Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone: - rigetta la domanda per quanto attiene alla dedotta omessa manutenzione e pulizia dell’alveo del Rio V; - dichiara l’incompetenza del Tribunale, per essere il Tribunale Regionale delle Acque Pubbliche, quanto alla dedotta errata costruzione e omessa manutenzione del manufatto oggetto di CTU.

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