TRIBUNALE DI PESARO PENALE MONOCRATICO SENTENZA 309/2011 EST. DI PALMA

LOTTIZZAZIONE ABUSIVA – FATTISPECIE – INSUSSITENZA

23/05/2011

X veniva tratto a giudizio al capo A per violazione degli artt. 30 e 44 c I lett. C DPR 380/2001 per avere, in concorso con una trentina di acquirenti di porzioni di un proprio terreno, compiuto atti idonei a costituire lottizzazione abusiva di terreni a scopo edificatorio, avendo dapprima frazionato un terreno di circa 3 ettari in trenta porzioni da 1000 mq. circa ciascuna e poi avendoli venduti, previa realizzazione di una strada di accesso ai singoli lotti, conducendovi l’acqua e recintando, su tre lati, con rete “ombreggiante” i lotti stessi. I singoli acquirenti avevano poi destinato ad orto l’appezzamento da ciascuno acquistato, collocandovi, in taluni casi, modestissimi accessori agricoli. Al capo B ad X veniva contestata la violazione dell’art. 44 c I lett. B) DPR 380/2001 per la realizzazione, senza permesso di costruire in zona agricola le opere sopra descritte. In corso di lite veniva disposto il sequestro preventivo delle aree dal GUP del Tribunale di Pesaro, provvedimento confermato dal Tribunale del Riesame e dalla Cassazione con sentenza 6.6.2008. Il Giudice ha assolto l’imputato. Il Giudice ha permesso che i fatti dedotti in capo di imputazione non erano oggetto di contestazione. …” Assume rilevanza, per le precisazioni riguardanti l’inquadramento urbanistico, la testimonianza dell’arch. B responsabile del settore edilizia presso l’Amministrazione Comunale. …” Il terreno frazionato e venduto da X rientra in zona omogenea “E” (agricola), e non è incluso nei cd. “orti urbani” previsti dal vigente piano regolatore in determinate zone comunali, con definizione nelle NTA degli interventi al loro interno consentiti. Secondo la legge regionale n. 13/90, ed il piano regolatore del Comune di A, è stabilita una superficie minima di 2 ettari, ed il titolo di imprenditore agricolo, per colui che voglia edificare fabbricati in tali zone, destinate alla produzione e coltivazione. Quanto ai cd. “orti urbani”, il Comune ha destinato alcune aree (classificate in zona “F”) a margine della città ad orti: in tal modo, è consentito anche a chi non rivesta la qualifica di imprenditore agricolo, e per appoderamenti di dimensioni inferiori, la realizzazione di manufatti adibiti a ricovero di attrezzi per una superficie massima di 9 metri quadri. I terreni venduti da X non rientrano, evidentemente, nelle zone destinate ad orto urbano, ma ricadono semplicemente, in zona agricola, nella quale non è consentita la realizzazione di manufatti. “… …” Ciò posto, si rileva che nella stessa sua deposizione l’arch. B ha in primo luogo confermato che, all’atto dei frazionamenti del terreno (anni 1998 e 2002), nessuna osservazione e nessun rilievo vennero mossi dall’ufficio amministrativo competente rispetto a quella operazione, che pertanto, al funzionario addetto, risultò lecita e non in contrasto con alcuna norma urbanistica. Rispondendo a domande della difesa, l’arch. B. ha poi rilevato che, ovviamente, non vi è alcun ostacolo a che il privato cittadino, pur non imprenditore agricolo o coltivatore diretto, utilizzi un proprio appezzamento di terreno insistente in zona agricola per coltivarvi la terra e per piantare un orto, o degli alberi. Egli non potrà però costruirvi dei manufatti da utilizzare per ricovero attrezzi (essendo tale possibilità limitata ai cd. “orti urbani”), essendogli unicamente consentito di delimitare la proprietà con delle recinzioni. Venendo al caso specifico, il teste ha ricordato che l’imputato presentò domanda di condono in relazione alla strada e alle recinzioni da lui fatte realizzare (le altre opere essendo di pertinenza dei successivi proprietari acquirenti). Con riferimento alla strada interpoderale, in particolare, ha rilevato che essa di per sé non è in contrasto con la destinazione agricola del terreno, ma lo sono le sue caratteristiche, in quanto sulla stessa venne riportato del materiale inerte, o stabilizzato. Sono infine da richiamare le deposizioni di alcuni dei proprietari degli appezzamenti di terreno. Trattasi per lo più di pensionati (v. anche atti di compravendita), e comunque di soggetti che – secondo le dichiarazioni rese, ma anche secondo quanto effettivamente riscontrato in loco dagli inquirenti – hanno acquistato i lotti di terra per seguire la loro passione di coltivare degli orti e di tenervi alberi da frutto, o animali da cortile. Da ultimo, quanto alle acquisizioni dibattimentali, va segnalato l’esame del consulente della difesa ing. F. del quale è stata acquisita una relazione scritta. Questi ha voluto rimarcare la destinazione eminentemente agricola degli appezzamenti di terreno venduti dopo il frazionamento, e serviti tutti dalla strada che corre lungo tutte le singole proprietà. Tale destinazione emerge, ha sostenuto il tecnico, sia dalla diretta percezione dei lavori in concreto eseguiti sui singoli fondi, sia dalla constatazione delle modalità con le quali è stato eseguito il frazionamento. “Per la tipologia stessa degli appezzamenti si può certamente escludere la fungibilità a fini edificatori poiché, misurando il lato più stretto appena 20 metri, si incorre nell’impossibilità di realizzare fabbricati che siano a distanza minima per la normativa vigente sul terreno agricolo. La morfologia di lotti lunghi e stretti male si adegua all’idea di creare lotti edificabili e, vista la disponibilità di area e la possibilità di sagomare morfologicamente i lotti a proprio piacimento in sede di frazionamento, sarebbe stata sicuramente diversa la scelta se l’intenzione fosse stata quella di addivenire alla realizzazione di una lottizzazione. Mentre la forma prescelta ben si adegua all’uso di orti che, stante la giacitura in pendenza degli stessi, permette di ottimizzare le coltivazioni e soprattutto di meglio regolare la distribuzione delle acque di inaffiamento. Infatti è nella zona di sommità dei singoli orti che risultano collocati i serbatoi di acqua poi utilizzati per l’irrigazione” (pag. 8 relazione ing. Fucili). Rileva tra l’altro il predetto consulente che il prezzo di acquisto dei singoli appezzamenti è certamente congruo in relazione alla destinazione agricola dell’area, e non certamente in linea coi prezzi correnti per suoli da edificare. “… …” Il reato di lottizzazione abusiva presuppone, secondo la nozione fornita dall’art. 30 del DPR 380/2001, uno “scopo edificatorio”, che si manifesta con l’iniziale esecuzione di opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, ovvero quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita del terreno in lotti, aventi caratteristiche tali che essi “denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio”. L’istruttoria dibattimentale ha permesso di meglio chiarire aspetti della vicenda che portano ad escludere la sussistenza dell’ipotesi sopra indicata, ed in particolare di quella lottizzazione “a forma mista” emergente sul piano indiziario all’epoca della citata pronuncia della Corte di Cassazione del 6.6.2008 nel procedimento incidentale di riesame. Premesso che il mero frazionamento, con successiva vendita, di terreno, non integra di per sé ipotesi penalmente rilevati, si deve rilevare che l’esecuzione di opere – già preannunciate al momento della stipula di preliminari di compravendita – da parte dell’imputato ed in particolare della strada interpoderale e delle recinzioni, nonché delle predisposizioni per l’impianto irriguo, non è di per sé indicativa della volontà di destinare l’area a scopo edificatorio. Si è visto che il tracciamento di un percorso stradale su cui si affacciano i vari appezzamenti venduti è pienamente compatibile con la loro destinazione agricola (diverso è il fatto che essa sia stata realizzata in assenza di preventivo permesso, e rivestendola di materiale stabilizzato non consentito), e così la recinzione dell’area e la predisposizione di impianto irriguo, certamente necessario alla stessa coltivazione dei fondi. Trattasi peraltro di allacciamento a conduttura di acqua non potabile, e quindi precipuamente destinata ad irrigazione. L’ipotesi della “lottizzazione materiale” non è neppure configurabile in relazione alle opere successivamente realizzate dagli acquirenti all’interno dei singoli fondi, trattandosi di manufatti e di altri interventi di dimensioni oggettivamente modeste e, come rilevato dagli stessi agenti ed ufficiali di p.g., aventi tipica vocazione di manufatti a servizio di fondo agricolo (ricovero di attrezzi e utilizzi similari), certamente non suscettibili di essere trasformati in edifici a scopo abitativo e comunque non adatti ad attività diverse da quelle sopra indicate. Anche in questo caso, bisogna rilevare che altro è il discorso riguardante la violazione della normativa edilizia commessa dai singoli proprietari, non essendo ammessa in zona la realizzazione di tali manufatti (riservata, come ha sottolineato l’arch. Carnaroli, agli insediamenti denominati “orti urbani”). Non si può ritenere che simili interventi siano da considerare quali preludio di una “trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni”, in quanto si tratta di manufatti – sia pure abusivi – che non mutano l’assetto territoriale, ed il carattere di zona agricola dell’area in questione. Non ricorre neppure l’ipotesi di “lottizzazione cartolare”, desumibile sul piano indiziario dagli elementi specificati dallo stesso art. 30 DPR 380/2001, in quanto gli elementi che inizialmente potevano essere letti quali segnali di un intendimento di lottizzazione abusiva (destinazione dei lotti a scopo edificatorio), quali la vicinanza a zone urbanizzate, il numero di lotti, la realizzazione di opere quali la strada ed il collegamento ad impianto idrico, risultano superati da una serie di elementi di segno contrario (natura del terreno e sua destinazione a zona agricola secondo gli strumenti urbanistici, modalità del frazionamento, personalità dei singoli acquirenti, prezzo delle compravendite, caratteristiche delle stesse opere eseguite da X quindi dagli stessi successivi proprietari), che in conclusione non solo fanno escludere la destinazione inequivoca a scopo edificatorio, ma al contrario fanno ritenere appurato che la destinazione dell’area frazionata era quella di utilizzo a scopo orticolo, e in generale agricolo. Ne costituisce riprova, peraltro, un dato di fatto emerso con chiarezza nel corso del dibattimento: in tutti i singoli appezzamenti di terreno gli acquirenti avevano impiantato delle coltivazioni di ortaggi, piantato alberi da frutto od ulivi, insediato animali da cortile. Le stesse opere realizzate erano con evidenza destinate all’utilizzo del terreno a scopo agricolo (ricovero di attrezzi e piccoli mezzi). Con ciò, deve ritenersi escluso quello “scopo edificatorio” che caratterizza l’ipotesi di reato, non costituendo certamente i piccoli manufatti e le atre opere eseguite (sia pure abusivamente) un segnale dell’intendimento di speculazione edilizia, e di trasformazione del territorio. Esso era, ed è rimasto, terreno a destinazione agricola. Con ciò, deve ritenersi l’insussistenza del reato contestato a X (in concorso con gli acquirenti dei terreni, posizioni separate) di cui agli artt. 30 e 44 lett. c) DPR n. 380/2001. L’imputato viene assolto da detto reato perché il fatto non sussiste. Quanto al reato di cui all’art. 44 lett. b) contestato allo stesso al capo b), si rileva che gli interventi a lui addebitabili risalgono all’anno 2004. Il reato risulta pertanto prescritto, sia applicando la normativa (artt. 157-161 c.p.) all’epoca vigente e più favorevole all’imputato, sia applicando le norme introdotte con legge n. 251/2005. “…

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