TAR MARCHE SENT. 803 – Pres. FF Morri Est. Capitanio

Impianto fotovoltaico – conferenza dei servizi – soggetti privati da invitarsi art. 12 D. Leg.vo 387/2003 – portata

14/12/2012

FATTO E DIRITTO Il sig. X (in proprio) e la sig.ra Y (in qualità di legale rappresentante della società semplice “Villa N”) impugnano l’autorizzazione unica rilasciata dalla Provincia ex art. 12 D. Lgs n. 387/2003, in favore delle danti causa della società Z (a cui il titolo è stato in seguito volturato) ed avente ad oggetto la realizzazione di un impianto fotovoltaico su un fondo contiguo a quello di proprietà del sig. X (sul quale insiste un complesso architettonico di notevole valore storico, denominato “Villa N”, adibito ad attività agrituristica gestita dalla omonima società semplice). Dopo aver premesso che la domanda impugnatoria è da ritenere tempestiva, dovendo il termine decadenziale decorrere dalla data di inizio dei lavori, i ricorrenti articolano le seguenti censure: A) Violazione art. 12, comma 4-bis, D. Lgs. n. 387/2003 (in quanto il terreno su cui sorge l’impianto non era di proprietà del soggetto che ha presentato inizialmente la domanda ed al quale è stato rilasciato il titolo – ossia la società agricola F – M bensì delle persone fisiche F e M che infatti hanno successivamente chiesto ed ottenuto la volturazione in loro favore del titolo, in seguito ulteriormente volturato in favore di Z s.r.l.. B) Omessa comunicazione di avvio del procedimento ad essi ricorrenti e conseguente violazione dei diritti partecipativi. C) Violazione dell’art. 12, comma 3, D. Lgs n. 387/2003 e dell’art. 54-ter delle NTA del PRG del Comune (per non avere la Provincia tenuto conto delle disposizioni contenute nel PRG e poste a tutela del patrimonio storico ed aldovo. In particolare, il piano regolatore prevede, a tutela del complesso Villa N, una fascia di rispetto di 150 metri, al cui interno l’art. 54 – ter vieta qualsiasi attività di trasformazione del territorio tale da compromettere il bene tutelato). D) Violazione del diritto di servitù costituito a suo tempo in favore dell’azienda ricorrente per l’utilizzo di un pozzo situato proprio al centro del terreno su cui sorge l’impianto. E’ stata altresì proposta domanda risarcitoria, eventuale (ossia per il caso in cui la domanda impugnatoria dovesse essere ritenuta tardiva dal Tribunale) da qualificare come autonoma ex art. 30 cod. proc. amm. Si sono costituiti in giudizio la Provincia e le contro interessate formulando alcune eccezioni preliminari e chiedendo in ogni caso il rigetto del ricorso nel merito “… …” Il ricorso va respinto nel merito (anche con riferimento alla domanda risarcitoria), il che rende superfluo l’esame delle eccezioni preliminari formulate dalle parti resistenti. Il motivo di cui al precedente punto 1. Sub a) è infondato in quanto, come del resto riportato in ricorso, l’art. 12, comma 4-bis, del D. Lgs. n. 387/2003 stabilisce che il soggetto richiedente l’autorizzazione unica deve dimostrare di avere, prima del rilascio del titolo, la “disponibilità” del terreno su cui deve essere installato l’impianto. Il concetto di “disponibilità” non coincide con quello di proprietà, per cui, nel caso di specie, poiché il terreno de quo veniva utilizzato dall’azienda agricola F – M (costituita in forma di società semplice) per l’esercizio dell’attività aziendale, ne consegue che lo stesso era nella disponibilità della società. Del resto, la società semplice si carraterizza per una meno rigorosa separazione fra il patrimonio dei soci e quella dell’ente, il che, unitamente al tenore letterale della disposizione normativa in commento, deve far propendere per la correttezza dell’operato della Provincia. Fra l’altro, non si comprende in che cosa consistano quei vantaggi menzionati in ricorso, di cui fruiscono le aziende agricole in materia di impianti ad energie rinnovabili e dei quali le sig.re F. e M. avrebbero inteso appropriarsi chiedendo la volturazione del titolo. Se si tratta degli utili derivati dalla vendita dell’energia prodotta, i ricorrenti non sono legittimati a tutelare in questa sede (ma anche in sede civile) gli interessi di un soggetto terzo, se si tratta di vantaggi fiscali o comunque di natura pubblica non è stato specificato in cosa essi consistano. Anche il motivo di cui al punto 1., sub b), va respinto, atteso che: - Le disposizioni della L. n. 241/1990 in materia di partecipazione al procedimento e di conferenza di servizi, letti in combinato disposto con le disposizioni del D. Lgs. n. 387/2003, non impongono all’autorità competente di comunicare l’avvio del procedimento ai proprietari dei terreni confinanti con quelli in cui debbono sorgere gli impianti soggetti ad autorizzazione unica. - La conferenza di “servizi” è per l’appunto il luogo fisico e giuridico in cui i “servizi” (ossia le amministrazioni e i concessionari di servizi pubblici chiamati ad esprimere il proprio assenso su un determinato piano o progetto) sono chiamati ad un esame contestuale dei vari interessi coinvolti da un intervento che necessita di autorizzazione da parte della P.A.; - Gli unici soggetti privati che debbono partecipare sono (ovviamente) coloro che richiedono l’autorizzazione e la finalità di ciò sta nella possibilità da parte delle amministrazioni e la finalità di ciò sta nella possibilità da parte delle amministrazioni interessate di cedere seduta stante chiarimenti ai soggetti proponenti e/o di far presenti eventuali esigenze istruttorie; - I terzi, laddove vengono a conoscenza in qualunque modo dello svolgimento della conferenza di servizi, possono certamente chiedere di partecipare (e la relativa decisione è rimessa al soggetto che presiede la conferenza), ma in ogni caso possono presentare memorie e documenti, dei quali si deve tenere conto in sede di motivazione dell’atto finale, sempre che si tratti di osservazioni pertinenti e a loro volta motivate. Questo del resto è ciò che prescrive l’art. 6, comma 13, del DPR n. 447/1998 (norma che, seppure non applicabile ratione materiae alla presente controversia, è richiamata in ricorso): non merita infine accoglimento nemmeno il motivo di cui al punto 1 sub c). in effetti, trattandosi di normativa urbanistica che pone dei divieti all’esercizio dello ius aedificandi (inteso, il termine, in senso lato), la disposizione non può essere interpretata facendo ricorso all’analogia in malam partem e dunque, non menzionando l’art. 54 – ter gli impianti fotovoltaici, il divieto non vale per tali impianti (i quali, sia detto ad abundantiam, visti da una certa distanza sono in tutto e per tutto simili, quanto all’impatto ambientale, alle serre che connotano normalmente il paesaggio agrario). E fra l’altro, essendo stata la norma de qua introdotta da non molti anni, non si può nemmeno ritenere che la omessa previsione degli impianti ad energie rinnovabili sia dovuta al fatto che all’epoca dell’approvazione del PRG tali impianti non fossero conosciuti. Fra l’altro, in sede procedimentale il Comune ossia l’ente che più di ogni altro aveva interesse a difendere la propria normativa urbanistica, non ha sollevato alcuna obiezione circa l’esistenza di un divieto di collocazione dell’impianto nell’area in argomento, avendo unicamente evidenziato la necessità che fossero evitati l’abbattimento di vegetazione arbustiva ad alto fusto esistente e la edificazione di manufatti edilizi. Il rilievo contenuto nella parte finale del parere non può invece essere enfatizzato oltre misura, in quanto gli enti partecipanti alla conferenza di servizi non possono esprimere semplici valutazioni di merito sulla collocazione degli impianti, ma solo dire se l’impianto è o meno compatibile con le previsioni contenute nel PRG, nel PPAR, nel PTC, nel PAI o in altri strumenti pianificatori di settore. Fra l’altro, essendo il rilievo chiaramente riferito alla necessità di evitare il transito di mezzi motorizzati non agricoli al di fuori delle strade (vietato dall’art. 54 – ter), esso è superato dai chiarimenti forniti dal soggetto proponente, il quale solo nella fase di cantiere, mentre la ordinaria manutenzione del sito verrà curata utilizzando proprio un trattore agricolo. Al procedimento, poi, non erano applicabili ratione temporis le linee guida regionali approvate con deliberazione del C.R. n. 13/2010, alle quali non può essere riconosciuto valore semplicemente ricognitivo di divieti preesistenti, visto che l’art, 12, comma 10, del D. Lgs n. 387/2003 subordina la possibilità di vietare la collocazione degli impianti ad energie rinnovabili in determinate aree del territorio all’approvazione delle linee guida regionali (la cui adozione la norma subordinava alla previa approvazione delle linee guida statali). E’ infine infondato anche il motivo sub 1, lett. d), in quanto l’autorizzazione impugnata contiene, come tutte le autorizzazioni amministrative impugnata contiene, come tutte le autorizzazioni amministrative, la clausola “fatti salvi i diritti dei terzi” (diritti che, ove lesi, sono tutelabili davanti all’A.G.O). In punto di fatto, peraltro, non è stato dimostrato, ma del resto nemmeno allegato (vedasi in particolare la relazione tecnica sul danno, depositata dai ricorrenti che a seguito della realizzazione dell’impianto l’azienda agrituristica ricorrente ha perduto la possibilità di approvvigionarsi di acqua dal pozzo in argomento. In conclusione, il ricorso va respinto. “…

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