TAR MARCHE SENT. 784 – Pres. FF ed Est. Morri

Disattivazione rete comunicazione elettronica – legittimità

10/12/2012

“Con l’odierno ricorso viene gravato il provvedimento del Ministero dello Sviluppo economico – Dipartimento per le comunicazioni – Ispettorato territoriale Marche Umbria, con cui si contesta, all’Ente Pubblico Territoriale A, la fornitura di una rete di comunicazione elettronica in violazione dell’art. 6 del D.Lgs. n. 259/2003 e in assenza dell’autorizzazione generale di cui al successivo art. 25, con diffida alla disattivazione della stessa entro 10 giorni. Con successivo provvedimento 14.2.2011 n. 1312, adottato ai sensi dell’art. 14 della Legge n. 890/82 (non impugnato in questa sede), veniva poi determinata la sanzione di cui all’art. 98 comma 2 del D.Lgs. n. 259/2003 nella misura ridotta di € 100.000 più spese di notifica. Si è costituito il Ministero dello Sviluppo economico per contestare, nel merito, le deduzioni di parte ricorrente chiedendone il rigetto. Si è altresì costituita la Società B pure evocata in giudizio, quale ritenuto gestore dell’impianto per effetto di un contratto di affidamento. La stessa contesta tale circostanza chiedendo il rigetto del ricorso. Con un’unica ed articolata censura viene dedotta violazione degli artt. 5, 6, 25 e 98 del D.Lgs. n. 259/2003, degli artt. 13 e 14 della Legge n. 689/1981, dell’art. 3 della Legge n. 241/1990, nonché eccesso di potere sotto svariati profili. In particolare evidenzia: - l’incongruità del termine di dieci giorni assegnato per disattivare la rete; - di non aver violato il divieto di cui all'art. 6 del D.Lgs. n. 259/2003 potendo gestire una rete anche attraverso società non partecipate e non controllate, purché selezionate a mezzo di gara pubblica. Di conseguenza non è tenuta a munirsi dell'autorizzazione generale di cui al successivo art. 25, essendosi limitata a costruire la rete mediante affidamento, previa gara, a società terza incaricata della manutenzione per 36 mesi. Ultimata la realizzazione della rete, questa veniva poi affidata in concessione alla Soc. B per la gestione degli accessi e relative manutenzioni; - che l’ordine di disattivazione, quale sanzione accessoria, può essere disposto solo dopo l’ordinanza-ingiunzione di cui agli artt. 13 e 14 della Legge n. 689/1981 (adottata invece successivamente in data 14.2.2011). L’articolata censura non può essere condivisa. 2.1 In ordine logico è necessario esaminare prioritariamente il secondo profilo di doglianza concernente la contestata violazione degli art. 6 e 25 del D.Lgs. n. 259/2003. Al riguardo il Collegio, svolti i preannunciati e opportuni approfondimenti di merito, ritiene di doversi discostare da quanto sommariamente rilevato in sede cautelare riguardo al fumus di fondatezza della censura in esame. Dai documenti versati in atti, pare infatti assodato che la ricorrente abbia fornito, e continui a fornire, una rete di comunicazione elettronica, secondo la definizione contenuta nell’art. 1 lett. l) del D.Lgs. n. 259/2003 in forza della quale per fornitura deve intendersi “la realizzazione, la gestione, il controllo o la messa a disposizione di una siffatta rete”. La realizzazione della rete è, infatti, avvenuta su iniziativa e sotto il diretto controllo della ricorrente, che assumeva la veste di stazione appaltante, approvava il progetto e ne affidava l’esecuzione ad un appaltatore selezionato mediante gara. Ultimati i lavori, la rete entrava poi nella disponibilità della stessa ricorrente, per quanto venisse comunque mantenuto l’affidamento esterno di alcuni interventi di manutenzione. La ricorrente deve quindi considerarsi anche l’attuale gestore della rete e, contemporaneamente, il soggetto che la mette a disposizione della Soc. B, la quale si limita a fornire e gestire i collegamenti tra l’utenza e il punto di accesso. Stante la predetta situazione, pare quindi evidente l’intervenuta violazione dell’art. 6 del D.Lgs. n. 259/2003 che consente, agli enti locali o loro associazioni, di fornire reti o servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico solo attraverso società controllate o collegate, che non possono certo individuarsi nelle società sopra indicate. Quanto sopra rende tuttavia irrilevante, per quanto qui interessa, disquisire se la ricorrente avesse dovuto munirsi dell’autorizzazione generale di cui all’art. 25 del D.Lgs. n. 259/2003, atteso che, per legittimare la diffida alla disattivazione dell’impianto qui impugnata, pare comunque sufficiente l’accertata violazione dell’art. 6 sopra citato. Riguardo al primo profilo di doglianza, non vengono invece offerti concreti elementi per accertare se il termine di dieci giorni risulti congruo o incongruo al fine di eseguire la diffida in oggetto. Sul punto va ricordato che, innovando parzialmente l’ordinamento processuale precedente, l’art. 64 comma 1 del D.Lgs. n. 104/2010 attribuisce alle parti l’onere di fornire gli elementi di prova che siano nella loro disponibilità riguardanti i fatti posti a fondamento delle proprie domande o eccezioni. Nel caso in esame non pare dubitabile che risultino nell’esclusiva disponibilità della ricorrente (e/o della ditta che per essa cura la manutenzione della rete) l’elenco delle operazioni tecniche e materiali da porre in essere per adempiere l’ordine ricevuto, come pure il rilievo di eventuali impedimenti di carattere esterno. In ogni caso va comunque osservato che la diffida in questione non riguarda l’applicazione di sanzioni accessorie, essendo rivolta, previa contestazione della violazione sopra indicata, a sollecitare l’adempimento spontaneo del trasgressore, in difetto del quale il Ministero potrà poi valutare se provvedere direttamente a suggellare, rimuovere o sequestrare l’impianto ritenuto abusivo in applicazione dei poteri repressivi di cui all’art. 98 comma 6 del D.Lgs. n. 259/2003. Di conseguenza non si intravedono ragioni affinché la ricorrente, qualora dovesse incontrare insormontabili ostacoli tecnici o di altro tipo per adempie nel termine stabilito, non possa presentare motivata istanza di proroga che il Ministero avrà l’obbligo di valutare tempestivamente, trattandosi di termini quantificati attraverso poteri discrezionali in relazione alle circostanze del caso concreto. Quanto sopra esclude anche la fondatezza dell’ultimo profilo di doglianza con cui si contesta la mancata previa adozione dell’ordinanza-ingiunzione di cui agli artt. 13 e 14 della Legge n. 689/1981, poiché tale provvedimento riguarda l’applicazione della sanzione pecuniaria di cui all’art. 98 comma 2 del D.Lgs. n. 259/2003 per contestata violazione anche dell’art. 25 dello stesso D.Lgs. che tuttavia, come visto in precedenza, non assume rilievo nella controversia in esame. La complessità e per certi versi novità della vicenda, costituiscono giustificata e eccezionale ragione per disporre la compensazione delle spese tra le parti.

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