TAR MARCHE SENT.748/2012 – Pres. FF Morri – Est. Capitanio

Ordinanza di demolizione – motivazione ed istruttoria – fattispecie – necessità

23/11/2012

… “I signori X e Y hanno impugnato la nota, con la quale il Comune di L ha ritenuto sospesa e priva di efficacia la D.I.A. presentata dai ricorrenti ed avente ad oggetto opere in variante al permesso di costruire n. v/2004 del 2005 (e successive varianti). Con i motivi aggiunti è stata impugnata l’ordinanza di demolizione successivamente adottata dall’amministrazione. 2. Con riguardo alla complessiva vicenda, i ricorrenti deducono che: - l’intervento edilizio per cui è causa era stato assentito dal Comune di L con permesso di costruire n. v/2004 (rilasciato in favore del dante causa dei ricorrenti) ed esso consisteva nella realizzazione di due appartamenti al piano terra e del garage con locali accessori al piano interrato. Il progetto inizialmente assentito non individuava in modo preciso e prescrittivo le quote dell’edificio rispetto al profilo altimetrico del terreno. Successivamente erano state presentate alcune denunce di inizio attività in variante all’originario titolo edilizio; - nel mese di aprile 2009 agenti della Polizia Municipale redigevano, non in contraddittorio con i ricorrenti, un verbale di accertamento di alcune difformità rispetto all’intervento assentito. In particolare, venivano contestati: la realizzazione di un piano seminterrato anziché interrato, dimensioni del fabbricato maggiori di quelle assentite, la diversa suddivisione interna del piano seminterrato, la distanza dai confini del piano seminterrato inferiore a quella minima prescritta dalle NTA (5 metri) e il cambio di destinazione d’uso del piano seminterrato da garage e locali accessori ad uffici; - sulla base di tale verbale il Comune emetteva l’ordinanza di sospensione dei lavori e successivamente comunicava l’avvio del procedimento teso all’adozione dell’ordinanza di ripristino; - al fine di ovviare alle asserite difformità, i ricorrenti presentavano una nuova d.i.a., avente ad oggetto la sistemazione esterna definitiva (mediante riporti di terreno) e le modifiche alla distribuzione interna del piano seminterrato; - per tutta risposta il Comune emetteva la nota impugnata con il ricorso introduttivo, la quale si appalesa però illegittima in quanto le difformità riscontrate sono pienamente giustificate dal fatto che i lavori erano ancora in corso e dunque non erano state ancora eseguite le opere di riporto del terreno necessarie a realizzare il piano interrato, mentre per quanto riguarda il cambio di destinazione d’uso del piano interrato la difformità non sussiste (visto che i locali erano utilizzati provvisoriamente come uffici dalla ditta appaltatrice). Le altre difformità non costituiscono variazioni essenziali e sono sanabili con una semplice d.i.a.; - ugualmente illegittima, sia in via derivata che in via autonoma, è la successiva ordinanza di demolizione. I vizi autonomi attengono alla omessa precisa indicazione dell’area di sedime da acquisire gratuitamente al patrimonio comunale in caso di inottemperanza spontanea all’ordinanza, alla errata individuazione di alcuni dei soggetti passivi ed all’omessa valutazione della possibilità di demolire la parte difforme senza pregiudizio per la parte dell’edificio conforme al titolo. 3. Si è costituito il Comune di L, chiedendo il rigetto del ricorso e dei motivi aggiunti. Con ordinanza n. 667/2011 il Tribunale ha disposto istruttoria, ordinando al Comune di depositare una relazione da cui risultassero: la tipologia e le caratteristiche dell’intervento edilizio assentito in origine, l’esatta tipologia delle opere abusive oggetto dell’impugnata ordinanza di demolizione, l’eventuale sanabilità degli abusi, sia alla luce della D.I.A. presentata che delle norme edilizie comunali applicabili alla fattispecie e, ove conosciuti, gli esiti del procedimento penale avviato a seguito della segnalazione inviata alla competente Procura della Repubblica dal Comando di Polizia Municipale. Con la stessa ordinanza è stata accolta la domanda cautelare. 5. Il ricorso introduttivo va respinto dal punto di vista formale, anche se ciò non implica alcuna particolare conseguenza per la posizione dei ricorrenti, visto che le censure sono riproposte con l’atto di motivi aggiunti. Il rigetto discende dal fatto che, allorquando i lavori assentiti con un permesso di costruire o a seguito di presentazione di d.i.a./s.c.i.a. sono sospesi da un provvedimento non oppugnato, la prosecuzione dei lavori stessi non può essere autorizzata perlomeno fino a quando il Comune non adotta il provvedimento finale (ossia, l’ordinanza di demolizione o, laddove l’interessato riesca a chiarire la situazione, un atto di ”archiviazione” della pratica), e ciò tanto più quando dell’accaduto è stata resa edotta l’Autorità giudiziaria penale. Questo ovviamente al fine di evitare che l’immutazione dello stato dei luoghi impedisca la prosecuzione delle indagini penali e/o gli accertamenti che il Comune deve disporre prima di adottare la propria determinazione finale. Pertanto, dal punto di vista formale l’atto impugnato con il ricorso introduttivo è legittimo. 6. I motivi aggiunti vanno invece accolti. A tal riguardo, si osserva, in primo luogo, che il Comune non ha risposto in maniera esaustiva alla richiesta istruttoria del Tribunale, nella parte in cui si chiedeva di conoscere se le opere abusive siano o meno sanabili, essendosi, il funzionario autore della relazione istruttoria, limitato a segnalare la necessità di un’apposita domanda da parte dei ricorrenti ed a ritenere sanabile solo l’abuso relativo alla diversa distribuzione interna del locale seminterrato (ma senza specificare quale sia la normativa edilizia comunale applicabile). Ora, lo scopo del quesito del Tribunale era principalmente quello di verificare se fosse stata esaurita completamente la volumetria assentibile sul lotto in argomento (questo in relazione alla maggior volumetria realizzata per effetto del mancato interramento dei locali destinati ad ospitare i garage e i locali accessori ed alle maggiori dimensioni del piano seminterrato) e se vi fosse altresì un problema di carenza di standards (questo in relazione al cambio di destinazione d’uso dei medesimi locali). Peraltro, con memoria 8 ottobre 2012 la difesa del Comune ha chiarito la questione relativa alla volumetria massima assentibile (anche se non ha depositato lo stralcio delle NTA applicabili ratione temporis all’intervento per cui è causa), mentre sono rimaste non chiarite le altre questioni. 7. Ciò detto, alcune delle asserzioni di parte ricorrente non possono trovare condivisione, essendo del tutto inverosimile che il piano seminterrato sia stato adibito a semplice ufficio di cantiere della ditta costruttrice: in effetti, dalla documentazione fotografica depositata in giudizio dal Comune, si evince che gli uffici sono stati realizzati con la massima cura e sono stati dotati perfino di impianto di condizionamento e di un sistema di videosorveglianza. Peraltro, questo non costituisce un problema insormontabile, se si pone mente al fatto che: - o risponde al vero quanto sostenuto dai ricorrenti, e quindi gli uffici saranno volontariamente dismessi al termine dei lavori (con conseguente ottemperanza, in parte qua, all’ordine di ripristino); - oppure, all’esito delle verifiche che il Comune svolgerà in esecuzione della presente sentenza, i ricorrenti dovranno adeguarsi alle prescrizioni dell’amministrazione sia con riguardo alle problematiche inerenti gli standards urbanistici, sia a quelle afferenti l’igienicità e l’abitabilità dei locali. In sostanza, il Comune dovrà verificare se la destinazione d’uso ad uffici è compatibile con le previsioni del PRG e, in caso affermativo, se sussistono le condizioni di agibilità ed abitabilità dei locali in argomento. In ogni caso, anche laddove tale destinazione d’uso risultasse incompatibile con lo strumento urbanistico, non sarà necessaria la rimozione degli arredi e degli impianti, visto che non è vietato da alcuna norma arredare in maniera “lussuosa” garage e locali accessori. Non si può invece condividere l’affermazione di parte ricorrente secondo cui il cambio di destinazione d’uso senza opere (o funzionale) non necessita in ogni caso di titolo abilitativo, essendo invece orientamento giurisprudenziale consolidato quello per cui il cambio di destinazione d’uso, perfino se “funzionale” (ossia senza opere), necessita di titolo abilitativo allorquando produce incremento del carico urbanistico (ex plurimis, Cons. Stato, V, n. 3586/2006; TAR Piemonte, I, n. 1110/2012). Fra l’altro nella specie non si è in presenza della semplice adibizione di un vano di un edificio residenziale a studio per lo svolgimento dell’attività professionale del soggetto che risiede nell’edificio medesimo (come nel caso deciso dalla sentenza del TAR Veneto n. 1110/2011, richiamata nell’atto di motivi aggiunti, la quale riguarda la vicenda di una psicologa che aveva destinato a studio per l’esercizio dell’attività professionale una stanza della propria casa), visto che non risulta che i ricorrenti siano titolari dell’impresa edile che ha eseguito i lavori e che utilizza gli uffici in questione. La diversa distribuzione dei locali realizzati, rispetto al progetto assentito, può essere invece pacificamente oggetto di una d.i.a. in variante. Dovrà altresì essere oggetto di accertamento la questione delle maggiori dimensioni del piano seminterrato, e ciò anche alla luce della normativa regionale sull’edilizia sostenibile e sul rendimento termico degli edifici. 8. Ma in ogni caso, tutte le suesposte problematiche andranno esaminate alla luce della questione principale, ossia la omessa motivazione circa la possibilità di eseguire l’ordinanza di demolizione senza pregiudizio per la parte conforme. Pur senza disporre una formale verificazione tecnica sul punto che, per certi versi, andrebbe inammissibilmente a supplire l’onere istruttorio e motivazionale che compete all’amministrazione (creando anche profili di possibile contrasto con il divieto di cui all’art. 34, comma 2, cod. proc. amm.), il Collegio ritiene comunque ragionevolmente verosimile, sulla base dei documenti progettuali depositati in giudizio e della comune esperienza, che se gli abusi riguardano il piano seminterrato (o, in generale, il piano sottostante di un edificio), ogni eventuale intervento che coinvolga il predetto piano può provocare pregiudizi per la parte conforme sovrastante o comunque con esso strutturalmente collegata. Di conseguenza il ricorso va accolto proprio sotto quest’ultimo profilo, in quanto l’ordinanza di demolizione non motiva sul punto. Tenuto conto della eterogeneità degli abusi riscontrati, in sede di riedizione del potere l’Amministrazione potrà anche graduare le diverse misure tese a riportare l’immobile realizzato entro i parametri previsti dalla normativa edilizia comunale (verificando, ad esempio, se è possibile trasformare in interrato il piano che attualmente si presenta come seminterrato). E’ altresì fondato, ancorché non decisivo alla luce di quanto appena esposto, il motivo con cui si deduce l’omessa precisa indicazione delle aree da acquisire al patrimonio comunale in caso di inottemperanza all’ordinanza di demolizione (sul punto si rimanda alle sentenze citate nell’atto di motivi aggiunti).” …

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