LODO ARBITRALE Pres. Est. A. Pardi – V. Biagetti e G. Bonaccio – membri

Incarico professionale – clausola compromissoria – successione tra enti pubblici – conseguenze

16/02/2012

gli Ing. A e B, avendo espletato incarichi professionali commissionati il primo da Comune C, cui è succeduta Azienda USL D, gli altri Comuni da Azienda USL D, essendo in tutti i contratti presente identica clausola arbitrale, chiedevano che il costituendo Collegio Arbitrale condannasse ASUR, nel frattempo succeduta ad Az. USL D, al pagamento delle somme dovute. Eccepiva ASUR il difetto di competenza degli arbitri, nel merito che le somme pretese non fossero dovute. Il Collegio ha deciso per l’accoglimento della pretesa. Questi i passi salienti del lodo. “… I quesiti sottoposti all’esame del Collegio arbitrale, prima di essere affrontati singolarmente, esigono siano svolte alcune considerazioni di carattere preliminare relative alla eccepita carenza di clausola compromissoria o compromesso. La difesa dell’Asur pur prendendo atto che il contratto del 31.07.1993 tra il Comune di C ed i professionisti istanti riporta all’art. 11 una clausola compromissoria che individua una precisa deroga alla devoluzione delle controversie insorte tra le parti dettando la disciplina per l’incardinazione del giudizio innanzi ai giudici privati, sostiene che il richiamato contratto non è stato stipulato dall’Azienda Ospedaliera ma quest’ultima avendo acquisito le funzioni già in capo al Comune è subentrata nel rapporto con deliberazione n. 182 del 14.04.1985 e che il subentro nel contratto di affidamento nel mentre costituisce una successione nella posizione negoziale attiva e passiva già in capo al Comune non può comportare tout court il trasferimento della clausola compromissoria. In sostanza sostiene l’Asur che nella cessione del contratto tra i detti enti dotati di funzione pubblica l’Azienda sanitaria avrebbe ripetuto la propria volontà contrattuale di successione di rapporti ed escluso quella di derogare alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto non espressamente indicata nel subentro. La difesa degli Ing. A. e B. deduce la totale infondatezza della detta eccezione di incompetenza arbitrale rappresentando che non è ravvisabile in atti alcuna manifestazione di volontà tesa ad escludere la successione dell’Azienda ospedaliera nella clausola compromissoria. Siffatta eccezione di parte convenuta non può trovare accoglimento per le ragioni che seguono. In primo luogo, il subentro dell’Azienda sanitaria al Comune pare sussumersi più che in una successione tra enti vera e propria, in una mera ridistribuzione di competenze tra enti amministrativi già facenti parte dell’unico ente Regione ad un nuovo ente – l’Asur appunto – della stessa Regione. Il negozio giuridico di subentro non presenta, all’evidenza, quei caratteri tipici della cessione contrattuale di natura civilistica su cui poter effettuare le operazioni ermeneutiche che l’Asur deduce. E’ infatti incontrovertibile che trattasi comunque di subentro ex lege (L.R. Marche 22/2004) nei rapporti di cui è causa. A ben vedere le stesse operazioni ermeneutiche non potrebbero comunque ritenersi sussistenti ove si analizzi il tenore degli atti versati in giudizio: la deliberazione del Direttore Generale dell’Azienda Sanitaria USL D del 14.04.1995 n. 182, laddove ha richiamato l’esistenza del contratto del 31.07.1993 n. 35217 – stipulato dal Comune di C a favore dei professionisti sopra menzionati; i disciplinari delle deliberazioni del Commissario Straordinario della Azienda Sanitaria Locale del 31.12.2001 n. 205 e 207 prevedono, all’art. 7, la risoluzione delle controversie a mezzo collegio arbitrale. Da ultimo si richiamano, per completezza, gli orientamenti consolidati della giurisprudenza di legittimità in tema di trasferimento dell’azienda e di successione del contratto secondo cui si verifica il trasferimento ex lege al concessionario di tutti i rapporti contrattuali a prestazioni corrispettive non aventi carattere personale e rispetto ai quali le parti non abbiano espressamente escluso l’effetto successorio, si verifica il subentro ipso iure del cessionario dell’azienda anche nella clausola compromissoria contenuta in contratto stipulato dal cedete per l’esercizio dell’azienda senza che sia necessario un apposito patto di cessione e senza che sia pertanto richiesta la forma scritta ad substantiam (su tutte Cass. Civ. Sez. I, 28.03.2007 n. 7652). Del resto anche la giurisprudenza richiamata (su tutte Cass. Civ. Sez. I, 22.12.2005 n. 28.497) evidenzia che la cessione del contratto non comporta automaticamente la successione nella clausola compromissoria, ma neanche la esclude in via di principio potendo seguire o ad una manifestazione esplicita delle parti o ad un nesso funzionale tra la clausola stessa ed il rapporto ceduto. “… …” Andrà disattesa l’eccezione relativa al difetto di legittimazione passiva dell’Asur. “… …” Per quanto concerne l’accertamento dell’entità del credito dei professionisti istanti, la documentazione versata in atti dagli stessi e l’insussistenza di analitiche e comprovate contestazioni dell’Asur alle risultanze documentali ivi contenute inducono il Collegio arbitrale a ritenere sufficientemente provate le domande attrici posto che le stesse non risultano fondate esclusivamente sui provvedimenti di liquidazione degli ordini di appartenenza dei professionisti, come sostenuto dalla difesa dell’Asur, ma prevalentemente da atti amministrativi di provenienza della stessa parte avversaria. Risulta generico e, come tale, non meritevole di accoglimento quanto eccepito in proposito nelle difese dell’Asur che difettano di deduzioni analitiche riferite alle singole voci delle parcelle poste a fondamento delle domande attrici. Infatti se, da un lato, è vero che il parere del competente ordine professionale sulle predette fatture non è vincolante, è non di meno evidente che l’Asur non risulta aver formulato una dettagliata contestazione alle voci nelle stesse riportate; inoltre, va evidenziato che la difesa dell’Asur ha ritenuto di non dover proporre alcuna osservazione alle risultanze istruttorie del nominato CTU. Per l’effetto può ritenersi che gli attori abbiano sufficientemente adempiuto all’onere della prova, gravante sugli stessi, delle loro rispettive domande anche in considerazione di quanto segue. Risultano ultimati e collaudati i lavori di che trattasi e, in particolare, nel certificato di collaudo, in atti, non vi sono addebiti a carico degli Ing. A. e B. ma solo una detrazione per difetti e carenze esecutive a carico dell’impresa, corrispondente alle opere risultate non eseguite a perfetta regola d’arte, funzionalmente inadeguate e non idonee all’uso cui erano destinate. Dalla relazione del collaudatore si evince che i lavori sono stati regolarmente eseguiti e che trovano sostanziale rispondenza nelle previsioni del progetto originario e delle perizie di variante approvate, salvo lievi modificazioni rientranti nella discrezionalità della D.L., e che i lavori stessi nel complesso possono considerarsi eseguiti a regola d’arte, con materiali e magisteri idonei, salvo le carenze, imperfezioni, omissioni rilevate e come sopra riportate, risultate non pregiudizievoli alla stabilità e parzialmente alla funzionalità dell’opera, previa esecuzione delle opere di adeguamento, per le quali sono state apportate le dette congrue detrazioni all’atto della liquidazione. Il collaudatore precisa, altresì, che, seppur con difficoltà, l’opera risulta essere stata complessivamente diretta con correttezza da parte del personale addetto alla Direzione Lavori, le cui scelte – peraltro spesso condivise dall’Azienda committente – sono state condizionate dalle ridotte disponibilità economiche e che sarà pertanto cura dell’Azienda committente dover provvedere all’esecuzione delle opere di completamento, adeguamento, sistemazione sopra accennate, tenuto conto della detrazione effettuata all’Impresa esecutrice in sede di collaudo e conseguente liquidazione. E’ evidente, da quanto sopra, che il Collaudatore non ha elevato alcuna responsabilità e conseguente danno da risarcire né alla Direzione Lavori né ai progettisti. E difatti nessuna contestazione è mai pervenuta alla Direzione Lavori da parte dell’Azienda e tanto meno alcuna azione di risarcimenti di danni è stata avviata. Risulta poi che l’Amministrazione sanitaria non ha mai formulato specifiche contestazioni sull’operato degli Ing. A e B. ed ha, invece, corrisposto ai medesimi numerosi acconti. Ne deriva la fondatezza delle domande dei professionisti che hanno elaborato la progettazione ed effettuato la direzione dei lavori di cui è causa. Parimenti ne consegue che risulta del tutto priva di riscontri probatori la domanda di responsabilità subordinata di parte convenuta di risarcimento del danno a carico dei professionisti che parrebbe fondarsi su un contenzioso pendente innanzi al Tribunale civile – del quale sono stati prodotti solo alcuni documenti e di cui si sconosce l’esito – e sul quale, in ogni caso, il Collegio ritiene di dover pronunciare la propria incompetenza stante la sua precisa delimitazione in base alla clausola arbitrale a rilevare che gli Ing. A e B non sono stati citati nel detto giudizio. L’esito dell’acquisizione documentale del CTU ha corroborato l’assunto attoreo relativo all’insussistenza di contestazioni relative all’operato dei professionisti. Orbene, nel merito, il collegio ritiene che sussistano i presupposti per l’accoglimento parziale, nei termini che seguono, delle domande degli Ing. A e B. avendo gli stessi esaurito ogni onere probatorio e che non sussista alcun elemento atto a fondare una pronuncia responsabilità professionale dei medesimi a titolo di risarcimenti del danno in quanto, in particolare, non vi è alcun profilo probatorio atto a fondare una pronuncia in tal senso. “…

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