GUP Tribunale di Pesaro – Sent. 45/2012 – Est. Mussoni

Art. 323 c.p. violazione art. 97 Costituzione – fattispecie –

31/03/2012

I sig. A, Sindaco, B, C, D assessori,, E,F,G dirigenti del Comune sono chiamati a rispondere in concorso tra loro dei reati di abuso d’ufficio perché nelle rispettive qualità indicate in rubrica, avrebbero, dapprima, con delibera della Giunta Comunale 1/2004 aumentato la pianta organica del Comune di X con la previsione di un nuovo posto di categoria D (Istruttore Direttivo) presso il settore amministrativo, dopodiché, con la delibera 2/2004 la Giunta approvava il programma triennale del fabbisogni del personale prevedendo per l’anno 2004, una sola assunzione con concorso interno, mentre per i successivi anni 2005-2006 non era prevista alcuna assunzione. Nella delibera si specificava inoltre che qualora il nuovo posto D1, si fosse reso vacante in epoca successiva alla sua copertura, il Comune avrebbe provveduto all’eliminazione del posto dalla pianta organica. Le due delibere in questione, secondo l’ipotesi accusatoria, sarebbero state adottate dagli imputati, in concorso con il sig. Y al solo fine di favorire quest’ultimo, unico concorrente e vincitore del relativo concorso interno, sotto il profilo professionale ed economico, procurandogli con l’istituzione di un posto “ad personam” un illegittimo avanzamento di carriera. All’esito delle prove, la Commissione Esaminatrice procedeva, con apposito verbale alla formazione della graduatoria di merito e Y risultava vincitore del concorso (unico candidato). Il verbale della Commissione veniva approvato dal responsabile del settore contabile, con propria determinazione. Con successiva determinazione si determinava l’inquadramento di Y nel posto di Istruttore Direttivo, D 1, con decorrenza immediata. Lo stesso giorno Y presentava domanda di mobilità chiedendo di essere trasferito, ai sensi dell’articolo 30 D. L.vo 165/2000 ad altro Comune. Lo stesso giorno il Responsabile area contabile del Comune esprimeva parere favorevole al trasferimento che in effetti avveniva con decorrenza quasi immediata. Circa due mesi dopo la Giunta Comunale con deliberazione 1/2005 avente ad oggetto l’approvazione del programma triennale del fabbisogno del personale, stabiliva l’assunzione di un istruttore categoria C 1 presso il settore amministrativo, a seguito del passaggio di Y con mobilità esterna ad altro Comune. Su queste riassunte circostanze di fatto, il GUP a definizione di giudizio abbreviato richiesto dagli imputati, ha ravvisato la loro penale responsabilità ex art. 323 c.p.. Queste le parti salienti della motivazione. …” Come si evince dalla lettura dei capi a) e b) dell’imputazione e già detto in premessa, secondo l’ipotesi accusatoria, gli imputati si sarebbero resi responsabili, in concorso tra loro, quali componenti dell’Amministrazione Comunale del reato di abuso d’ufficio, nella forma di una condotta di favoritismo, consista nell’aver attivato l’istituto della mobilità esterna, in violazione delle disposizioni di cui all’articolo 30 del Decreto Legislativo nr. 165/2001, atteso che Y era stato assunto dal Comune con una qualifica diversa (C3), rispetto a quella di categoria e posizione economica superiore successivamente ricoperta a seguito del passaggio ad altro Comune e, più in generale, delle disposizioni di cui all’articolo 97 della Costituzione. Tale violazione di legge sarebbe stata attuata dagli imputati attraverso due espedienti: 1) La creazione nella pianta organica di un posto nuovo di istruttore amministrativo – categoria D 1- visto che il posto di Y in distacco sindacale non era vacante, ma ricoperto da altra dipendente; 2) La promozione di Y attraverso un concorso interno istituito ad hoc, per fare in modo che ottenesse la qualifica D richiesta per il passaggio ad altro Comune …” …” Gli imputati negli interrogatori resi nel corso delle indagini e nell’odierno giudizio contrastavano decisamente tale impostazione. In particolare, il Sindaco dichiarava che la decisione di approvare la nuova pianta organica con la delibera 1/2004 e la previsione di un nuovo posto di istruttore amministrativo nasceva, in realtà, proprio dal suo programma elettorale, che prevedeva il potenziamento dei servizi sociali del Comune. Il settore amministrativo era quello che aveva maggiormente bisogno di personale perché disponeva soltanto di tre unità, di cui un C 1 a tempo determinato e Y in distacco sindacale. Il Comune doveva così pagare due stipendi, quello del distaccato e quello del sostituto anche se poi il sindacato rimborsava lo stipendio di Y. “… …” Dopo l’approvazione della nuova pianta organica, gli amministratori avevano optato per il concorso interno perché in questo modo avevano la possibilità di usufruire di una persona con una professionalità specifica e già formata nel settore. Con la delibera 2/2004 era stata prevista l’assunzione del nuovo istruttore con concorso interno. Il Sindaco precisava che la clausola inserita nella delibera n. 2/2004 relativa alla possibilità di sopprimere il posto di istruttore amministrativo direttivo, se in futuro si fosse reso vacante, era stata in realtà il frutto della concertazione sindacale ed era stata recepita dall’Amministrazione, perché l’eventuale eliminazione del posto non avrebbe comportato problemi per il Comune. Al riguardo l’imputato precisava che se in futuro fosse venuta meno quel tipo di professionalità specifica che era all’origine dell’aumento della pianta organica e del correlativo concorso interno, il Comune avrebbe potuto ridefinire il tutto e fare un concorso esterno. Asseriva inoltre che dalla modifica della pianta organica il Comune aveva tratto un vantaggio patrimoniale di circa un migliaio di euro all’anno. Il Sindaco riferiva che i componenti dell’Amministrazione Comunale sapevano che la Y era l’unico candidato in possesso dei requisiti necessari e peraltro, in quel periodo, secondo voci che circolavano nell’ambiente del Comune, Y era insoddisfatto della sua collocazione lavorativa. Il Sindaco ed i componenti della Giunta avevano pertanto ritenuto che, in caso di promozione alle mansioni superiori Y sarebbe rientrato definitivamente in Comune, cosa che avrebbe comportato per il Comune indubbi vantaggi, anche perché la dipendente avrebbe diretto interamente il settore amministrativo, senza la necessità di alcuna nuova assunzione. L’imputato giustificava il parere favorevole alla mobilità espresso dall’Amministrazione assumendo che sia lui che gli altri amministratori si erano resi conto che Y non era interessato al posto ed avevano così deciso di andare incontro alle sue esigenze personali, perché secondo le loro scelte di politica di gestione del personale, era sempre meglio consentire ad ognuno di svolgere le proprie mansioni al meglio delle proprie possibilità, al fine di ottenere una prestazione lavorativa migliore. Il Sindaco asseriva inoltre che la domanda di mobilità presentata dopo la vincita del concorso li aveva sorpresi. Il posto di categoria D non era stato più coperto ma era rimasto in pianta organica senza essere eliminati. “… …” Tirando le fila del materiale probatorio fin qui illustrato, ritiene il giudicante che le tesi difensive non possano essere condivise. Si sottolinea, innanzitutto, che la stessa ricostruzione della vicenda riferita dal Sindaco ed in fase di indagini, anche dagli altri imputati e le giustificazioni addotte per spiegare l’istituzione di un nuovo posto nel settore amministrativo con le modalità del concorso interno, evidenziano già da sole delle contraddizioni insanabili. Se infatti la variazione della pianta organica del Comune con la previsione di un nuovo posto di istruttore direttivo e la decisione di indire a tal fine un concorso interno al fine di sfruttare al meglio una professionalità specifica già esistente, fosse stata determinata dall’intenzione di realizzare un preciso interesse pubblico e cioè quello di offrire un migliore servizio ai cittadini potenziando un servizio carente, come quello del settore amministrativo, con il minimo dei costi per l’amministrazione, allora diventa del tutto inspiegabile il parere favorevole alla mobilità concesso dagli amministratori, guarda caso, lo stesso giorno in cui Y dopo aver vinto il concorso il giorno prima, veniva inserito ufficialmente nell’organico come “Istruttore Direttivo”. Solo due infatti sono le alternative prospettabili: o esisteva realmente l’interesse pubblico prospettato dal Sindaco ed allora gli amministratori non avrebbero mai dovuto dare parere favorevole all’immediato trasferimento oppure, la finalità pubblica era solo un pretesto non esistendo in concreto alcuna necessità di istituire un nuovo posto di categoria superiore. In entrambi i casi, i pubblici amministratori hanno favorito, di fatto Y in palese violazione dei principi di imparzialità e di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all’art. 97 della Costituzione, consentendo con un concorso interno “ad personam”, visto che Y era l’unico candidato e tutti ne erano perfettamente consapevoli, di ottenere una promozione e di accedere così a quella qualifica superiore, che le avrebbe poi permesso di ricorrere all’istituto della mobilità esterna possibile solo per i dipendenti con la stessa qualifica nell’amministrazione di appartenenza ed in quella del successivo trasferimento. Infatti, il posto da ricoprire per mobilità era proprio quello di categoria D, a cui senza la promozione Y non avrebbe mai potuto accedere. …” …” I dati circostanziali fin qui descritti consentono dunque di ritenere provate le condotte di abuso descritte ai capi a) e b) dell’imputazione sotto il profilo della violazione dell’articolo 97 della Costituzione. E’ noto che la riforma dell’abuso d’ufficio attuata nel 1997 ha previsto due forme tipiche di condotta necessarie per la realizzazione del reato: il fatto deve essere compiuto in violazione di legge o di regolamento, ovvero, omettendo di astenersi in presenza di un conflitto di interessi. L’intento del legislatore era evidentemente quello di limitare il sindacato del giudice sulle scelte della pubblica amministrazione, atteso che non ogni forma di strumentalizzazione e sviamento del potere pubblico dai suoi fini istituzionale è idonea ad assumere rilevanza penale, dovendosi necessariamente tenere distinti i due diversi ambiti della illiceità meramente amministrativa e dell’illiceità penale. In questo contesto, l’espressione “violazione di legge o di regolamento” ha dato luogo a molti dubbi interpretativi, tra cui anche quello relativo alla configurabilità dell’abuso, laddove sia violata una norma di rango costituzionale, quale appunto l’articolo 97. L’orientamento più risalente della Corte di Cassazione, riteneva l’articolo 97 una norma di principio, che doveva essere attuata da specifiche disposizioni di rango inferiore. L’indirizzo giurisprudenziale più recente, che appare pienamente condivisibile, ha invece ritenuto che il requisito della violazione di legge possa essere integrato anche solo dall’inosservanza del principio costituzionale, per la parte in cui esprime il divieto di favoritismi o di ingiustificate preferenze (cfr. Cass. Sez. 6 sentenza nr. 25162 del 12 febbraio 2008 e Cass. Sez. 6 sentenza nr. 2753 del 17.02.2011). In sintesi, nei percorsi argomentativi delle decisioni richiamate, la Suprema Corte ha affermato che l’articolo 97, pur dettando principi di natura programmatica, contiene anche buon residuale significato precettivo relativo all’imparzialità dell’azione amministrativa e, quindi un parametro di riferimento per il reato d’abuso d’ufficio di immediata applicazione. L’imparzialità a cui fa riferimento l’art. 97 Cost. consiste, infatti, nel divieto di favoritismi e del correlativo obbligo per la Pubblica Amministrazione di trattare tutti i soggetti portatori di interessi tutelabili, nella medesima maniera, confermando logicamente i criteri oggettivi di valutazione alle differenziate posizioni soggettive. In sostanza, sempre secondo la Suprema Corte, il principio di imparzialità, se riferito all’attività organizzativa della P.A. ha certamente una portata programmatica e non rileva ai fini della configurabilità del reato di abuso d’ufficio, dovendo necessariamente tale principio essere mediato da una legge di attuazione. “Se invece lo stesso principio viene riferito all’attività concreta della Pubblica Amministrazione, che ha l’obbligo di non realizzare favoritismi e di non privilegiare situazioni personali, che configgono con l’interesse generale della collettività, assume i caratteri e i contenuti precettivi richiesti dall’articolo 323 c.p., in quanto impone al pubblico ufficiale o all’incaricato di un pubblico servizio, una precisa regola di comportamento di immediata applicazione”. Nel caso di specie, gli imputati hanno sicuramente privilegiato la particolare situazione personale di Y in contrasto con l’interesse pubblico dei cittadini del Comune se non altro, per i costi derivanti dalla creazione di un posto fittizio che fina dall’inizio si sapeva non sarebbe mai stato ricoperto e del relativo bando di concorso, realizzando per Y un ingiusto vantaggio p0rofessionale ed economico, sotto il profilo dell’avanzamento di carriera e del conseguente aumenti di stipendio, vantaggio che non avrebbe mai ottenuto senza la nuova qualifica professionale, che le consentiva il ricorso alla disciplina della mobilità. Sotto il profilo soggettivo le modalità della condotta illecita come sopra descritte e la strumentalizzazione dell’interesse pubblico per mascherare l’unico obiettivo di favorire ingiustamente Y, consentono di ritenere provato con certezza anche l’elemento soggettivo del delitto in questione. Gli imputati devono pertanto essere ritenuti responsabili dei reati loro ascritti. …”

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