CORTE DI APPELLO DI ANCONA - SENTENZA 145/2011 - Pres. Formiconi Est. Ercoli

CONSORZIO DI URBANIZZAZIONE – NATURA - NULLITA’ DELLA SENTENZA DI PRIMO GRADO – FATTISPECIE – DECISIONE NEL MERITO DEL GIUDICE DI APPELLOESCLUSIONE DI ASSOCIATO – NULLITA’ DELLA CLAUSOLA

17/02/2011

Con atto di citazione notificato in data ______ il Consorzio X aveva convenuto in giudizio dinanzi al Tribunale di Pesaro, il Consorzio di urbanizzazione A in Comune di C, chiedendo dichiarare la nullità o, in subordine annullare la deliberazione adottata in data _______ dal Consiglio di Amministrazione del consorzio convenuto, di esclusione di X dal consorzio medesimo per perdurante morosità sulla base dell’art. 6, 2° comma e 10 dello statuto, in quanto adottata in violazione dell’art. 6 dello statuto – che consentiva, in caso di inadempimento delle prescrizioni di cui all’atto costitutivo, degli atti assembleari e dello statuto, l’applicazione della sola sanzione pecuniaria – del patto integrativo adottato in ________, e degli artt. 1001, 1005 e 1009 c.c. nonché per inesistenza o per carenza della gravità dell’inadempimento e per irregolarità della convocazione del C.d.A. per assenza dell’o.d.g. e, in subordine, per difetto di competenza del C.d.A. in favore dell’assemblea; chiedeva, inoltre, ove necessario, dichiarare la nullità dell’art. 6, c. II dello statuto. Parte attrice aveva, quindi, evidenziato l’esistenza di un contenzioso fra le parti in ordine alla debenza della pretesa creditoria del Consorzio A, articolato attraverso quattro distinti giudizi, tutti pendenti dinanzi al Tribunale di Pesaro, l’intervenuta sospensione, nell’ambito di precedente giudizio di precedente deliberazione di esclusione, la modesta entità della somma pretesa rispetto anche alle dimensioni del Consorzio, e l’assenza di motivazioni in ordine alla gravità dell’inadempimento, elementi che supportavano la domanda di nullità o di annullamento della richiamata deliberazione. Aveva, infine, osservato che stante la assimilazione operata dalla giurisprudenza del consorzio di urbanizzazione alla comunione e la conseguente applicazione degli artt. 1100 e 1116 c.c., la delibera di esclusione doveva ritenersi nulla perché in contrasto con i principi in materia di comunione. Il Consorzio si era costituito in giudizio contestando le allegazioni di parte attrice ed evidenziando che l’attore era debitore di somma per le spese di costituzione del consorzio sicché la pendenza dei giudizi aventi ad oggetto le ulteriori pretese dovevano ritenersi irrilevanti nel presente giudizio. Aveva, quindi, concluso chiedendo dichiarare l’inammissibilità, l’infondatezza e la intervenuta prescrizione della domanda di dichiarazione di nullità e/o inesistenza dell’art. 6 dello statuto, dichiarare l’inammissibilità e l’infondatezza della domanda di annullamento della delibera in data _________, respingere le eccezioni di difetto dei presupposti della delibera e di difetto di competenza del C.d.A.. Il Tribunale di Pesaro, con sentenza n. 817/2004, dichiarava la nullità della deliberazione in data _______ e condannava il Consorzio A al pagamento delle spese di lite. Avverso la richiamata sentenza il Consorzio A proponeva appello deducendo, quale primo motivo, la nullità della sentenza in quanto adottata dal giudice unico in violazione del disposto di cui all’art. 50 bis c.p.c. Con il secondo motivo deduceva l’erronea applicazione da parte del primo giudice dell’art. 6 dello statuto relativo alla sola ipotesi della gravità dell’inadempimento. Con ulteriore motivo di appello censurava la gravata sentenza per aver il giudice di primo grado erroneamente ritenuto la nullità della clausola di cui all’art. 6 dello statuto sul presupposto che i consorzi di urbanizzazione fossero degli organismi parificati alla comunione con conseguente impossibilità di esclusione dei comunisti. Con il quarto motivo di appello deduceva l’erroneità dell’affermazione riguardante la non gravità dell’inadempimento adottata senza tener conto della perdurante morosità, dell’entità e della natura del debito il cui inadempimento metteva a repentaglio l’esistenza stessa del Consorzio A in quanto relativo alle spese di costituzione. Con il quinto motivo di appello censurava la gravata sentenza quanto alla contraddittorietà della motivazione in ordine al credito. Infine l’appellante concludeva chiedendo, in totale riforma della impugnata sentenza, annullare la sentenza medesima ex art. 50 bis c.p.c.; dichiarare inammissibile, improponibile e prescritta la domanda di pronuncia di nullità dell’art. 6 dello statuto; dichiarare inammissibile e infondata , pertanto, respingere, la domanda di annullamento della delibera 13.2.2003 del Consorzio A respingendo ogni altra domanda, richiesta ed eccezione del Consorzio A; condannare il Consorzio A al pagamento delle spese ed onorari del doppiio grado del giudizio. Il Consorzio appellato, nel costituirsi in giudizio, dopo aver ripercorso le vicende di cui ai diversi giudizi pendenti fra le parti, evidenziava che la gravata sentenza meritava conferma in ragione dell’insussistenza di un inadempimento grave e della natura dei consorzi di urbanizzazione, da cui conseguiva l’applicabilità delle disposizioni di cui agli artt. 1000 e 1116 c.c., ed in tal senso concludeva. “…. . MOTIVI DELLA DECISIONE Con il primo motivo l’appellante ha dedotto la nullità della sentenza appellata perché emessa, in violazione del disposto di cui all’art. 50 bis c.p.c., dal tribunale in composizione monocratica anziché collegiale. La gravata sentenza, avente ad oggetto l’impugnazione della deliberazione del consiglio di amministrazione del Consorzio A adottata in materia di esclusione del socio, è stata pronunciata dal Tribunale in composizione monocratica anziché collegiale e, dunque in violazione del disposto di cui al richiamato art. 50 bis c.p.c. che stabilisce che il tribunale giudica in composizione collegiale nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell’assemblea e del consiglio di amministrazione. Le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno affermato che l’inosservanza delle disposizioni sulla composizione collegiale o monocratica del tribunale legittimato a decidere su una domanda giudiziale costituisce, alla stregua del rinvio operato dall’art. 50 quater cod. proc. Civ. al successivo art. 161, comma primo un’autonoma causa di nullità della decisione e non una forma di nullità relativa derivante da atti processuali antecedenti alla sentenza (e, perciò, soggetta al regime di sanatoria implicita), con la sua conseguente esclusiva convertibilità in motivo di impugnazione e senza che la stessa produca l’effetto della rimessione degli atti al primo giudice se il giudice dell’impugnazione sia anche giudice del merito, oltre a non comportare la nullità degli atti che hanno preceduto la sentenza nulla (Cass. S.U. 25.11.2008 n. 28040). In adesione a tale principio, dichiarata la nullità della sentenza di primo grado occorre, non ricorrendo uno dei casi nei quali va rimessa al primo giudice, trattenere la causa e giudicarla nel merito con una motivazione del tutto autonoma, cioè priva di riferimenti alla sentenza dichiarata nulla (Cass. 11.01.2010 n. 244). Parte attrice ha, in primo luogo, chiesto dichiararsi la nullità, o in subordine, l’annullamento della delibera in oggetto, perché adottata in violazione dell’art. 6 dello statuto che disciplina l’esclusione del consorziato, attraverso la delibera del consiglio di amministrazione, di chi avesse gravemente violato gli obblighi assunti verso il Consorzio atteso che per l’ipotesi di inadempimento poteva farsi applicazione soltanto della sanzione pecuniaria stante quanto stabilito alla lett. O) del regolamento di esecuzione in base al quale …in caso di inadempimento a qualsiasi norma o prescrizione contenuta nell’atto costitutivo, negli atti assembleari, nello stato, nel regolamento o in qualsiasi delibera degli organi sociali, il Consiglio di Amministrazione è espressamente autorizzato ad applicare sanzioni pecuniarie da un minimo di £ 1.000.000 (un milione) ad un massimo di £ 20.000.000. Il Consorzio A, nell’adottare la delibera di esclusione, ha altresì richiamato l’art. 10 dello statuto in base al quale possono partecipare all’assemblea tutti coloro che risulteranno appartenere al Consorzio A alla data della convocazione e siano in regola con la propria posizione contabile ed amministrativa. Da ciò si evince che il mero richiamo alle gravi inadempienze operato con la delibera oggetto di impugnazione sia riferibile alla situazione di asserita morosità conseguente al contenzioso esistente fra le parti e di cui ai quattro giudizi pendenti indicati dall’attore in primo grado. Le previsioni di cui allo statuto e al regolamento non appaiono, evidentemente, sovrapponibili, anche ove entrambe riferibili ad ipotesi di morosità nei confronti del Consorzio, attenendo la clausola statutaria relativa all’esclusione ad ipotesi in cui il consorziato abbia gravemente violato gli obblighi assunti verso il Consorzio e quella di cui al regolamento all’inadempimento. Le gravi inadempienze poste a fondamento della delibera di esclusione del consorziato sarebbero integrate, secondo la prospettazione del Consorzio appellante, dal mancato pagamento della somma di £ _________ oggetto del giudizio n. 1098/98 r.g., richiesta a titolo di spese gestionali del consorzio medesimo, e che costituisce parte del complessivo importo di £ _____________ richiesto a titolo perequativo secondo i conteggi proposti dalla consulta tecnica sulla base di quanto stabilito con il patto integrativo approvato dai soci. La sussistenza di un credito controverso ed oggetto di giudizio pendente non può, certamente, integrare la grave inadempienza imputata all’appellato non apparendo, peraltro, immediatamente apprezzabile l’eventuale strumentalità di tale giudizio rispetto al differimento di quanto eventualmente dovuto e non potendo procedersi, in questa sede, all’analitica valutazione delle ragioni addotte dalle parti a sostegno delle reciproche pretese che dovranno, necessariamente, essere fatte oggetto della pronuncia adottata all’esito del richiamato giudizio. L’appellato ha, altresì, dedotto l’intervenuta adozione della delibera in esclusione in violazione degli artt. 1001, 1005 e 1109 c.c. in tema di comunione e chiesto, ancorché in subordine, dichiararsi la nullità della clausola statutaria di cui all’art. 6 di esclusione del consorziato in ragione della affermata applicabilità delle disposizioni in materia di comunione, da ritenersi imprescrittibile ex art. 1422 c.c. La giurisprudenza di legittimità ha più volte affermato che i consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interesse, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), finalizzati alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi, costituiscono figure atipiche, le quali, essendo caratterizzate dall’esistenza di una stabile organizzazione di soggetti, funzionale al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute (Cass. 09.02.2007 n. 2877; conf. Cass. 05/28492, Cass. 03/3341, Cass. 90/9709. In relazione al particolare carattere di realità che connota detti consorzi la Suprema Corte ha poi più volte precisato: i consorzi di urbanizzazione (enti di diritto privato, costituiti da una pluralità di persone che, avendo in comune determinati bisogni o interessi, si aggregano fra loro allo scopo di soddisfarli mediante un’organizzazione sovraordinata), preordinati … alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso la realizzazione e la fornitura di opere o servizi assai complessi ed onerosi, costituiscono figure atipiche al raggiungimento di uno scopo non lucrativo, presentano i caratteri delle associazioni non riconosciute. Il problema della normativa ad essi applicabile va, peraltro, risolto alla luce della considerazione che, accanto all’innegabile connotato associativo, essi si caratterizzano anche per un forte profilo di realità – in quanto il singolo associato, inserendosi, al momento dell’acquisto dell’immobile, nel sodalizio, onde beneficiare dei vantaggi offertigli, assume una serie di obblighi ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli cespiti e di quelli eventualmente non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria – sicché insoddisfacenti risultando tanto le teorie che propugnano l’applicazione generalizzata in tema di comunione e condominio, è d’uopo rivolgere l’attenzione, in primo luogo, alla volontà manifestata nello statuto e, soltanto ove questo nulla disponga al riguardo, passare all’individuazione della normativa più confacente alla regolamentazione degli interessi implicati dalla controversia. (Cass, 21.03.2003 n. 4125). In una recente pronuncia la Suprema Corte ha ribadito i principi sopra enunciati affermando che nei consorzi di urbanizzazione – consistenti in aggregazioni di persone fisiche o giuridiche preordinate alla sistemazione od al miglior godimento di uno specifico comprensorio mediante la realizzazione e la fornitura di opere e servizi – la natura, affermabile di regola, di associazione non riconosciuta si coniuga con un forte profilo di realità, sicché la complessità della loro struttura, affidata all’autonomina privata, rende necessario accertare quale sia la volontà manifestata nello statuto, da cui dipende l’applicabilità della normativa in materia di associazione ovvero di quella in tema di comunione (Cass. 28.04.2010 n. 10220). Nella motivazione di quest’ultima sentenza si è in particolare evidenziato: si è detto ripetutamente con indirizzo cui s’intende dare continuità, che i consorzi di diritto privato rappresentano aggregazioni tra persone fisiche o giuridiche che condividono determinati bisogni od interessi, che hanno il fine di soddisfarli mediante un’organizzazione ad esse sovraordinata (Cfr. Cass. 1984/04199, 4125/2003). Quelli di urbanizzazione, preordinati alla sistemazione ed al miglior godimento di uno specifico comprensorio attraverso realizzazione e fornitura di opere o servizi complessi ed onerosi, non testualmente qualificati, sono stati di regola ricondotti alla figura, di cui riproducono i tratti peculiari, delle associazioni non riconosciute (C. Cass. 1976/4252, 1984/04199 e 1992/11218) senza, la pretesa d’aver risolto la problematica che investe l’individuazione della normativa applicabile, discendente dal fatto che il connotato associativo anzidetto si coniuga con un forte profilo di realità. Inserendosi con il loro acquisto nel sodalizio e beneficiando dei vantaggi dal medesimo offerti, gli associati assumono nel contempo una serie di doveri ricollegati in via immediata e diretta alla proprietà dei singoli beni e di quelli eventualmente comuni” (Cass. citata e nn. 1992/11218 e 1999/04301, che peraltro di obligationes propter rem con riferimento non solo alla gestione delle cose e dei servizi consortili, ma anche alla realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria). La complessità di tale struttura, affidata all’autonomia privata, rende necessario accertare quale sia la volontà manifestata nello statuto (C. Cass. 2001/03665), al fine di accertare quale sia la normativa applicabile, se prevalga quella in materia di associazione ovvero quella in materia di comunione. Lo statuto del Consorzio A prevede come scopo la realizzazione della urbanizzazione e della lottizzazione delle aree incluse nel comparto edificatorio previsto dal piano regolatore generale del Comune, la ripartizione delle relative spese e la perequazione della distribuzione edificatoria o delle utilità provenienti, la ricomposizione delle unità fondiarie in modo corrispondente alle previsioni urbanistiche e la regolamentazione dei reciproci rapporti tra le proprietà comprese nel comparto. La prevalenza dell’elemento della realità appare evidente dall’esame complessivo dello statuto e del successivo patto integrativo ove si consideri che la finalità principale del consorzio è quella della realizzazione dell’urbanizzazione e della lottizzazione da attuarsi attraverso la perequazione della distribuzione edificatoria così come meglio precisato nel patto integrativo con conseguente incidenza sul diritto di proprietà di ciascuno (… le superfici destinate a urbanizzazione primaria e secondaria ed a parcheggi dovranno essere trasferire al Comune di C dai rispettivi proprietari indipendentemente dalla quantità per la quale tali aree incidono nelle proprietà di ciascuno … in remunerazione dei trasferimenti effettuati come sopra le altre ditte che risultino proprietarie dei terreni utilizzabili per l’edificazione sono obbligate ed accettano di trasferire le superfici necessarie a consentire la compensazione di cui al punto 1) senza pretendere alcun corrispettivo …) sicché deve ritenersi applicabile la invocata normativa in tema di comunione e, quindi, affermare l’impossibilità di configurare la esclusione del consorziato con conseguente accoglimento della domanda di nullità della delibera impugnata. Peraltro la previsione statutaria di cui al medesimo art. 6 circa la non recedibilità dal consorzio appare costituire indice ulteriore della prevalenza della evidenziata realità. Difatti il diritto di recesso, in ordine al quale vige il principio generale della libertà derogabile dalla volontà delle parti, quando queste si impegnano a svolgere una attività entro un arco di tempo che esse ritengono essenziale e si obbligano a far parte dell’associazione per tale tempo. Ciò si verifica nel caso dei consorzi tra proprietari per l’autodisciplina urbanistica di un comprensorio, in cui assume valore determinante il collegamento sopra descritto tra durata del rapporto e vincolo consortile, quest’ultimo caratterizzato dalla necessità di assicurare per un certo tempo l’adempimento degli obblighi e lo svolgimento delle attività indicate nell’atto costitutivo ed è indice di quella realità del rapporto associativo derivante dall’esistenza di vincoli sui terreni di proprietà dei consortisti, strumentali alla finalità consortili (cfr. Cass. 21.03.2003 n. 4125). Da tali argomentazioni consegue, peraltro, la irrilevanza delle richieste istruttorie di parte appellante.”… P.Q.M. La Corte … in parziale accoglimento dell’appello dichiara la nullità della sentenza appellata, dichiara la nullità della delibera impugnata adottata dal consiglio di amministrazione del Consorzio appellante in data ________” … …

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