CONSIGLIO DI STATO SEZIONE IV – SENTENZA 2863/2011 Pres. Giaccardi Est. Forlenza

P.R.G. – DELIBERA PROVINCIALE DI APPROVAZIONE – CONVALIDA – LEGITTIMITA’ –

08/02/2011

…” L’appello è infondato e deve essere, pertanto, respinto. Come di evidenzia dalla esposizione in fatto, la Provincia X ha dapprima approvato il PRG del Comune di Y a mezzo di delibera di Giunta Provinciale; successivamente tale delibera – stante l’incompetenza della Giunta – è stata convalidata dal Consiglio Provinciale. Sul punto, questo Consiglio di Stato ritiene di dover confermare le conclusioni alle quali è pervenuta l’appellata sentenza. Come è noto, la convalida degli atti amministrativi è positivamente prevista sia dall’art. 61 n. 249/1968, secondo il quale “alla convalida degli atti viziati da incompetenza può provvedersi anche in pendenza di gravame in sede amministrativa e giurisdizionale”, sia dall’art. 21 – nonies, comma 2,1 n. 241/1990, in base al quale è fatta salva la possibilità di convalida del provvedimento annullabile, sussistendone le ragioni di interesse pubblico ed entro un termine ragionevole”. La giurisprudenza di questo Consiglio ha avuto modo di osservare che, per effetto dell’art. 21 – nonies sopra citato (introdotto dalla L. n. 15/2005), appare evidente “l’intendimento del legislatore di consentire oggi, in via generale, il mantenimento in vita di provvedimenti affetti soltanto da vizi di carattere formale”, come quello di incompetenza, e che, in tal caso, non si necessità di particolare, dettagliata motivazione in ordine all’oggetto del provvedimento da convalidare e degli atti a questo antecedenti (Cons. St., sez. IV, 29 maggio 2009 n. 3371). Orbene, l’art. 21-nonies l. n. 241/1990 (peraltro non ancora introdotto all’epoca dei fatti di causa), nel richiedere l’esistenza di “ragioni di interesse pubblico” alla convalida non esclude. di per sé, la necessità di motivare in ordine all’adozione di tale provvedimento. Ma ciò, per un verso, non comporta che l’organo adottante il provvedimento di convalida debba ripercorrere, con obbligo di dettagliata motivazione, tutti gli aspetti (e gli atti del procedimento) relativi al provvedimento convalidato, essendo sufficiente che emergano chiaramente dall’atto convalidante le ragioni di interesse pubblico e la volontà del’organo di assumere tale atto; per altro verso (e in via generale con riferimento all’obbligo di motivazione degli atti amministrativi, ex art. 3 l. n. 241/1990), la motivazione dell’atto e la sua congruità, al di là degli enunciati a carattere generale, non possono che essere valutati con riferimento al tipo di provvedimento da emanare in concreto” … . - da ultimo, l’atto di convalida è stato assunto da un collegio cd. “virtuale ed imperfetto”, quale è il consiglio provinciale, dove l’adozione del provvedimento consegue al vaglio di un collegio variamente composto, il che rende di per sé difficile sostenere l’esistenza di una mera operazione di “riproduzione” di un atto affetto da illegittimità per incompetenza. Appaiono dunque evidenti, nel caso di specie, le ragioni che hanno determinato il Consiglio provinciale ad assumere un atto di convalida della precedente delibera della Giunta provinciale e l’infondatezza del primo motivo di appello. Altrettanto infondato è il secondo motivo di appello. L’art. 13 l. n. 64/1974, prevede: (comma 1) “tutti i comuni nei quali sono applicabili le norme di cui al titolo II della presente legge e quelli di cui al precedente articolo 2, devono richiedere il parere delle sezioni a competenza statale del competente ufficio del genio civile sugli strumenti urbanistici generali e particolareggiati prima della delibera di adozione nonché sulle lottizzazioni convenzionate prima della delibera di approvazione, e loro varianti ai fini della verifica della compatibilità delle rispettive previsioni con le condizioni geomorfologiche del territorio.” (comma 2) “le sezioni a competenza statale degli uffici del genio civile devono pronunciarsi entro sessanta giorni dal ricevimento della richiesta dell'amministrazione comunale”. Successivamente, l’art. 20 l. n. 741/1981, ha previsto, tra l’altro, che “al fine di vigilare sulle costruzioni per la prevenzione del rischio sismico in applicazione delle norme di cui al capo III della L. 2 febbraio 1974, n. 64, le regioni possono definire, con legge, modalità di controllo successivo anche con metodi a campione; in tal caso, possono prevedere che l'autorizzazione preventiva di cui all'articolo 18 della L. 2 febbraio 1974, n. 64, non sia necessaria per l'inizio dei lavori. Per l'osservanza delle norme sismiche, resta ferma la responsabilità del progettista, del direttore dei lavori, dell'impresa e del collaudatore.”. … “Questo Consiglio di Stato ritiene che il parere previsto dall’art. 13 l. n. 64/1974, attese le sue finalità, ben possa essere reso prima dell’adozione definitiva dello strumento urbanistico da parte dell’organo competente (e quindi anche dopo la prima delibera consiliare di adozione). Anzi, in questo particolare momento dell’iter procedimentale, l’ufficio preposto a rendere il detto parere esamina un atto che non è una mera espressione di un intendimento espresso dalla sola Giunta Comunale (se non addirittura neanche visionato da alcun organo titolare di indirizzo politico-amministrativo, ma solo da apparati burocratici dell’amministrazione), bensì un atto di pianificazione urbanistica sul quale si è già positivamente espresso l’organo (Consiglio comunale) che, nell’ambito del Comune, è il titolare del potere di pianificazione urbanistica. D’altra parte, questo Consiglio di Stato ha già ritenuto (proprio pronunciandosi su una sentenza del TAR Marche, n. 72/1998), che non costituisce vizio di violazione dell’art. 13 l. n. 64/1974 l’acquisizione del parere dell’ufficio del genio civile intervenuta prima dell’approvazione definitiva dello strumento urbanistico (Cons. St., sez. IV, 27 aprile 2004 n. 2521). Altrettanto infondato è il terzo motivo di appello. In sede di adozione del piano regolatore generale, l’amministrazione comunale non è tenuta ad una particolareggiata motivazione in ordine ad ogni singola scelta urbanistica effettuata con il nuovo strumento di pianificazione, anche laddove la nuova scelta si discosti da destinazioni precedentemente impresse al territorio dal precedente strumento urbanistico, essendo sufficiente che emergano nel complesso le ragioni che sorreggono l’esercizio della potestà pianificatoria. Né, nel caso di specie, l’appellante – così come chiarito nella sentenza del primo giudice- era titolare di “una aspettativa qualificata ad una destinazione edificatoria”, bensì “al pari di qualsivoglia altro proprietario, era titolare di una aspettativa generica che non vincolava il comune a mantenere le previsioni del piano preesistente”. E ciò in quanto – come affermato in sentenza e non contestato – era cessata l’efficacia della convenzione di lottizzazione sottoscritta. Per tutte le ragioni sin qui esposte, i motivi di appello sono infondati (così come, di conseguenza, è infondata la riproposta domanda di risarcimento danni) e, pertanto, il ricorso deve essere respinto.

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