Concessione edilizia – querela di falso – finalità – fattispecie inammissibile - ragioni

18.1.2024 – Trib. di Ancona - Sent. 100/2024 – Pres. Corinaldesi - Est. Mariotti

23/01/2024

…  “CONCLUSIONI

All’udienza del 06/06/2023 le parti precisavano le conclusioni come da verbale, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per le memorie conclusionali e repliche. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione,

Il sig. X conveniva in giudizio il Comune di P, la Soc. M e i sig.ri A, B, C, con notifica altresì al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Ancona, al fine di far dichiarare la falsità – e per l’effetto dichiarare nulli e/o privi di efficacia - i permessi di costruire n. (omissis), nonché la certificazione di agibilità n. (omissis) e nota TAR Marche (omissis) rilasciati dal Comune di P per l’edificazione W SRL, nonché di ogni altro atto/titolo/dichiarazione/certificazione allegate ai ridetti permessi di costruire, o che ad essi si dichiari conforme con particolare riferimento alla falsità dei documenti: (omissis)

A fondamento della domanda parte attrice deduceva di essere proprietaria di un fabbricato nel Comune di P, in via (omissis), confinante con un’area acquistata dalla soc. W SRL, sulla quale veniva costruito un edificio di civile abitazione con i permessi di costruire n. (omissis) (relativo alla realizzazione delle opere di urbanizzazione) e n. (omissis). Sosteneva che tale costruzione era stata realizzata da W SRL in forza “di un titolo edilizio ab origine nullo” in quanto scaturito da un procedimento amministrativo asseritamente viziato e rilasciato in forza di “false dichiarazioni rese dal proprietario e/o dal tecnico progettista”, e di avere interesse a proporre querela di falso contro “una serie di documenti e atti promananti dai privati”, sui quali si sono fondati gli atti del Comune di assenso all’edificazione, che sarebbero pertanto affetti da una “falsità derivata per induzione ideologica”; ciò anche in relazione all’incidenza di tali atti rispetto al giudizio tuttora pendente avanti al Consiglio di Stato.

Deduceva, in particolare:

-la falsità della tavola (omissis);

- la falsità della tavola n. 7 (omissis);

- la falsità della nota inviata dai dirigenti UTC di P al TAR Marche del (omissis) che “non rileva le plurime falsità messe in atto dai privati ma poi avallate dal Comune di P, sopra evidenziate”;

-la falsità della “dichiarazione di conformità” allegata alla richiesta di agibilità parziale del (omissis) a firma dell’amministratore unico di W SRL sig. B con cui questi attestava “che le opere realizzate in premessa risultano conformi al progetto approvato come da permesso di Costruire n. (omissis) e successive varianti”, che costituiva presupposto anche dell’attestazione di agibilità parziale del (omissis) a firma del Direttore dei Lavori geom. C “anch’esso falso, sia pure per induzione” in quanto “trattasi di dichiarazioni false in quanto contrastanti con lo strumento urbanistico del P.P.E. approvato con la convenzione di Lottizzazione del (omissis) e con le prescrizioni particolari n. 2 e n. 5 del PdC 103/2005”, nonché dell’Agibilità n. (omissis) per il subalterno n. 5 dell’ex edificio W SRL.

Parte attrice, inoltre, richiamava il giudizio promosso innanzi al TAR Marche n.r.g. 384/2015, conclusosi con sentenza n. 543/2016 di reiezione del ricorso promosso dal X (per la declaratoria di accertamento dell’illegittimità del silenzio serbato dal Comune di P sull’istanza del ricorrente presentata il 20 aprile 2015 e per l’annullamento dell’atto prot. 21468 del 1 agosto 2015 adottato dal Comune di P, con cui era stato negato l’esercizio dei poteri repressivi in relazione agli abusi edilizi denunciati dal ricorrente con la predetta istanza), riferendo che la sentenza è oggetto di impugnazione davanti al Consiglio di Stato.

Richiamava, altresì, il processo penale a carico di V (quale esecutore delle opere), B (quale proprietario dell’area) e C (quale progettista), per i reati (per tutti) di cui agli artt. 110 c.p., 44 lett. B) del DPR 380/01 e (per il solo C) di cui all’art art. 483 c.p., definito con sentenza di condanna 18.2.2009 n. 18, alla quale faceva seguito la sentenza Corte di Appello di Ancona 18.7.2014 n. 2306 di declaratoria di non doversi procedere per prescrizione dei reati, e rassegnava le seguenti conclusioni: “Dichiarare la falsità derivata indotta dei permessi di costruire n. (omissis) e agibilità n. (omissis) e nota TAR Marche (omissis) rilasciati dal Comune di P per l’edificazione W SRL, nonché di ogni altro atto/titolo/dichiarazione/certificazione allegate ai ridetti permessi di costruire o ad essi conseguente o che ad essi si dichiari conforme con particolare riferimento alla falsità dei documenti: (omissis).

Per tutte le ragioni esposte nella superiore narrativa e, per l’effetto, dichiarare nulli e/o privi di efficacia in parte qua i permessi di costruire n. (omissis) rilasciati dal Comune di P, nonché la certificazione di agibilità (omissis), per falsità acclamata dei documenti da a) a g) sopra richiamati a questi conseguenti o che ad essi si dichiarino conformi. Con vittoria delle spese di lite e salvo e riservato quant’altro. Con esplicita riserva di agire, all’esito, con separata azione risarcitoria”.

Costituitosi in giudizio il Comune di P eccepiva l’inammissibilità, improponibilità ed irricevibilità della domanda, sostenendo che l’azione promossa, pur assumendo la veste formale di una querela di falso ex art. 221 c.p.c. rivolta nei confronti di titoli edilizi rilasciati dal Comune, in realtà si concretizza in una iniziativa di tipo impugnatorio finalizzata a fare dichiarare la nullità e privare di efficacia questi ultimi, come tale inammissibile ed improponibile sussistendo al riguardo anche un evidente difetto di giurisdizione del Giudice adito a favore del Giudice Amministrativo.

Eccepiva, inoltre, l’inammissibilità della querela di falso per difetto di interesse ad agire, sostenendo che la sopra richiamata sentenza del TAR Marche n. 543/2016 aveva accertato la piena conformità dei titoli edilizi rilasciati e che i motivi di annullamento eccepiti nei ricorsi amministrativi erano “tramutato” come motivi di “falsità” dei medesimi atti. Deduceva, inoltre, che i documenti ”privati” oggetto della querela di falso non avevano avuto alcuna rilevanza sulla decisione del TAR Marche.

Sempre in via preliminare, eccepiva, la nullità dell’atto di citazione ai sensi dell’art. 221 comma 2 c.p.c., per mancanza di indicazione degli elementi e delle prove della asserita falsità dei documenti.

Nel merito, sosteneva l’assoluta infondatezza della avversa iniziativa e rassegnava le seguenti conclusioni: “Piaccia all’Ecc.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, dichiarare, inammissibile, improponibile, irricevibile e comunque infondata e non provata la querela di falso proposta dalla Sig. X nei confronti dei permessi di costruire n. (omissis) e agibilità n. (omissis) e nota TAR Marche (omissis) rilasciati dal Comune di P, e quindi respingerla comunque con ogni relativa consequenziale statuizione e così ogni avversa domanda, pretesa e conclusione. Con vittoria di spese ed onorari”.

Si costituiva in giudizio il sig. A in proprio e quale liquidatore della Soc. M in liquidazione, contestando integralmente la ricostruzione fattuale ed in diritto proposta dalla parte attrice. Eccepiva, in via pregiudiziale/preliminare: - il difetto di giurisdizione relativamente a tutte le domande finalizzate a “dichiarare nulli e/o privi di efficacia” gli atti richiamati da parte attrice; - l’inammissibilità della querela di falso per essere stata presentata dal difensore privo di procura speciale; - il difetto di interesse ad agire e di legittimazione ad agire del X; - l’inammissibilità/infondatezza delle domande avanzate nei confronti della Soc. M in liquidazione, siccome cancellata dal Registro delle Imprese già nel luglio 2019 e dunque soggetto giuridico oramai inesistente; - la prescrizione e decadenza di ogni diritto ed azione inerenti e/o discendenti dagli atti impugnati; - il difetto di legittimazione passiva di A e la nullità dell’atto di citazione ex art. 164, comma quarto c.p.c. in merito alla posizione di quest’ultimo. Nel merito sosteneva l’insussistenza dei falsi lamentati da parte attrice e rassegnava le seguenti conclusioni:

““Piaccia al Tribunale di Ancona adito, respinta ogni avversa domanda, eccezione, argomentazione e difesa, per tutti i motivi dedotti in narrativa: IN VIA PREGIUDIZIALE/PRELIMINARE: - dichiarare il difetto di giurisdizione delle domande attoree, in quanto ricadenti nella giurisdizione amministrativa; - accertare e dichiarare l’inammissibilità/infondatezza delle domande attoree per nullità della “procura speciale” per l’introduzione della querela di falso; - accertare e dichiarare l’inammissibilità/infondatezza delle domande attoree per difetto di interesse ad agire e di legittimazione ad agire in capo al Sig. X; - accertare e dichiarare l’inammissibilità/infondatezza delle domande attoree, in quanto proposta nei confronti di una società M già estinta e cancellata dal Registro delle Imprese; - accertare e dichiarare l’inammissibilità/infondatezza delle domande attoree per difetto di legittimazione passiva in capo al Sig. A e per nullità dell’atto di citazione ex art. 164, comma quarto c.p.c.; - accertare e dichiarare l’inammissibilità/infondatezza delle domande attoree per intervenuta prescrizione e decadenza di ogni diritto ed azione inerenti e/o discendenti dagli atti impugnati. IN VIA PRINCIPALE E NEL MERITO: - rigettare tutte le domande di parte attrice siccome inammissibili, infondate e non provate per le ragioni dedotte in narrativa; - in via istruttoria: rigettare tutte le istanze di parte attrice siccome inammissibili ed infondate. Con vittoria di spese e compensi di lite”.

Si costituiva in giudizio C eccependo, preliminarmente, l’inammissibilità della domanda in quanto gli atti amministrativi di cui l’attore chiede accertarne la falsità non sono atti dotati di fede privilegiata e quindi non possono essere impugnati per falso. Deduceva, in particolare: - che la natura di atto fidefacente fino a querela di falso deve essere esclusa per il permesso di costruire perché la sua funzione non è quella di accertare uno stato di fatto, ma di garantire, attraverso un controllo preventivo sulla sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di edificazione, il corretto assetto del territorio; - che le planimetrie redatte dal professionista finalizzate alla domanda per il rilascio del permesso non sono destinate a provare la verità di quanto rappresentatovi ma svolgono la funzione di dare alla P.A. – la quale resta pur sempre titolare del potere di procedere ad accertamenti autonomi - un’esatta informazione sullo stato dei luoghi: - che il certificato di agibilità consiste in una “mera valutazione tecnica” a cui non può riconoscersi quella efficacia probatoria privilegiata rimuovibile solo con la querela di falso. Eccepiva, inoltre, la mancanza di interesse ad agire dell’attore, ed il difetto di legittimazione passiva del convenuto non potendo quest’ultimo essere chiamato a rispondere per atti rilasciati dal Comune di P. Nel merito, resisteva alla domanda attorea e rassegnava le seguenti conclusioni: “- in via pregiudiziale, accertato che i permessi di costruire n. (omissis), certificato di agibilità n. (omissis) e nota TAR Marche del (omissis) rilasciata dal Comune di P, non sono atti dotati di fede privilegiata e quindi non impugnabili per querela di falso, per l’effetto dichiarare l’inammissibilità della domanda attorea per le motivazioni sopra esposte; - sempre in via pregiudiziale: dichiarare inammissibile la domanda avanzata dal signor X in quanto lo stesso non è legittimato a proporre querela di falso per insussistenza di un suo interesse ad agire e/o per carenza di un interesse giuridico da tutelare; nonché dichiarare il difetto di legittimazione passiva del convenuto, geometra C per i motivi sopra esposti; in ogni caso, - rigettare le domande tutte avanzate dal signor X, in quanto infondate in fatto e in diritto e confermare la veridicità dei documenti oggetto di impugnazione nel presente giudizio; - con vittoria di spese e competenze professionali del giudizio.

B, regolarmente citato e non comparso, veniva dichiarato contumace. Alla prima udienza del 06/04/2022 il Giudice Istruttore si riservava con termini per note sulle eccezioni preliminari sollevate dai convenuti e con ordinanza del 12/07/2022 rigettava l’eccezione relativa alla procura alle liti e disponeva la comparizione personale della parte ai sensi dell’art. 99 disp. att. c.p.c.. riservando all’esito ogni ulteriore provvedimento.

Alla successiva udienza del 20/09/2022 compariva personalmente il sig. X il quale confermava la querela di falso promossa in citazione. Concessi i termini ex art. 183 c.p.c. e depositate le rispettive memorie istruttorie, con ordinanza del 10/02/2023 il Giudice Istruttore “ritenuto di non dover disporre la CTU richiesta da parte attrice; ritenuta inammissibile la prova orale dedotta dal Comune di P perché generica e non articolata per singoli capitoli; ritenuta inammissibile la prova testimoniale richiesta dal convenuto C vertendo su circostanze documentali o valutative, e che l’esibizione a norma dell’art. 210 c.p.c. non possa essere ordinata allorché l’istante avrebbe potuto di propria iniziativa acquisire la documentazione richiesta; rilevato che gli altri convenuti non hanno articolato istanze istruttori” respingeva le istanze istruttore e fissava per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 06/06/2023. A tale udienza le parti precisavano le rispettive conclusioni e la causa veniva trattenuta in decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. Il Tribunale dà atto che la decisione viene resa dal Collegio a norma dell’art. 50 bis c.p.c. Preliminarmente, deve ritenersi che la procura alla lite rilasciata al difensore in calce all’atto di citazione (con esplicita inclusione del potere di proporre querela di falso) sia sufficiente a ricondurre direttamente all’attore la proposizione della querela di falso. Il X è anche comparso personalmente all’udienza del 20/09/2022 confermando la volontà di proporre querela di falso, sicché l’eccezione relativa alla nullità della procura va disattesa.

Quanto alla cancellazione della società M dal registro delle imprese, dalla visura camerale si evince che la stessa è avvenuta in data 07/08/2019 (prima dell’instaurazione del presente giudizio) sicché la società si è irrimediabilmente estinta come soggetto giuridico perdendo la legitimatio ad causam (attiva e passiva) ovvero la titolarità del potere di promuovere o subire un giudizio (cfr. tra le altre Cass. civ. n. 9119/12). In punto di diritto, giova evidenziarsi che la querela di falso proposta in via principale dà luogo ad un giudizio autonomo volto ad accertare la falsità materiale di un atto pubblico o di una scrittura privata autenticata o riconosciuta, ovvero la divergenza, in un atto pubblico, fra la dichiarazione e gli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta essere avvenuti in sua presenza o essere stati da lui compiuti e quanto effettivamente avvenuto, al fine di paralizzarne l'efficacia probatoria. All'esito di siffatto giudizio l'eventuale accertamento della falsità spiega i suoi effetti "erga omnes" e, quindi, oltre il limite del giudicato, senza peraltro che da tali effetti risulti esclusa la possibilità che al relativo giudizio partecipino tutti coloro che da esso potrebbero subire qualche effetto.

In considerazione delle richiamate peculiarità, il giudizio introdotto con la querela di falso in via principale non tollera la proposizione di altre domande (nella fattispecie, di nullità) nemmeno se dipendenti dalla prima (cfr. Cass. civ. n. 13190/06).

Legittimato a proporre querela di falso è “chiunque abbia interesse a contrastare l’efficacia probatoria di un documento munito di fede privilegiata in relazione ad una pretesa che su esso si fondi, non esclusa la stessa parte che l’abbia prodotta in giudizio” (Cass. Civ. n. 3305/97).

L'interesse a proporre querela di falso, "che tende a rimuovere erga omnes l'efficacia probatoria del documento che ne forma oggetto, sussiste in capo a tutti coloro nei cui confronti il medesimo documento è o può essere fatto valere" (Cass. Civ. n. 9013/92). Inoltre, con ordinanza 19281/2019 la Cassazione Civile ha chiarito che “legittimato passivo rispetto alla querela di falso civile è solo il soggetto che del documento intende valersi in giudizio e non già l’autore del falso o chi comunque sia concorso nella falsità”.

Il concetto di falsità del documento può investire tanto il documento nella sua materialità estrinseca, quanto il contenuto intrinseco del documento: nel primo caso si ha falsità materiale (vi può essere contraffazione dello stesso, ad es. perché esso è stato formato da un soggetto diverso dall’autore apparente, o alterazione successiva alla sua formazione); nel secondo caso si parla invece di falso ideologico, che consiste in un'enunciazione falsa nel suo contenuto.

La querela di falso si correla all’una e all’altra ipotesi solo in quanto sia necessario vincere l’efficacia probatoria privilegiata attribuita per legge, in presenza di determinate condizioni, al documento.

Ben dunque si comprende che un problema di falso ideologico, da far valere necessariamente attraverso querela di falso, potrà porsi nel caso dell’atto pubblico solo nei limiti nei quali a questo è attribuito valore di piena prova (fino, appunto, a querela di falso, ex art. 2700 c.c.) e dunque — oltre che con riferimento alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato- anche quanto alle “dichiarazioni delle parti” e agli “altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”.

E’ infatti principio pacifico in dottrina e giurisprudenza che, come previsto dal tenore letterale dell’art. 2700 cc, l'atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti o degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza, ma non prova la veridicità e l'esattezza delle dichiarazioni rese dalle parti, le quali possono essere contrastate ed accertate con tutti i mezzi di prova consentiti dalla legge, senza ricorrere alla querela di falso.

La querela di falso non è quindi esperibile avverso il documento che venga impugnato al diverso fine di contestare non già la sola attività immediatamente richiesta, percepita e constatata dal pubblico ufficiale nello svolgimento del predetto potere e della predetta funzione, ma altri aspetti del contenuto ideologico del documento stesso estranei ai limiti segnati dall'art. 2700 c.c., quali l'intrinseca verità delle dichiarazioni delle parti (v. fra le tante Cass. civ. n. 22903/17, Cass. Civ. n. 11012/13, Cass. Civ. n. 10569/01, Cass. Civ. n. 6959/99).

Le ipotesi di falso ideologico in scrittura privata sono invece estranee alla falsità documentale che è oggetto della querela di falso, concretandosi in un problema di natura sostanziale concernente la dichiarazione: poiché la scrittura privata non è destinata a far piena prova della veridicità delle dichiarazioni in essa contenute, queste non possiedono il carattere di vere e proprie attestazioni, e manca dunque il presupposto di base di una falsità ideologica (in giurisprudenza, nel senso che la scrittura privata è impugnabile con la querela di falso solo in caso di falsità materiale, v. Cass. Civ. n. 12707/2019, Cass. Civ. n. 8766/2018, Cass. Civ. 5383/1999).

Quanto sopra va letto in combinato disposto con il principio per cui il querelante è tenuto a fornire la prova della falsità del documento impugnato. La giurisprudenza ritiene che “nel giudizio di falso, la prova della falsità del documento impugnato con opposta querela deve essere fornita dal querelante perché possa pervenirsi all’accoglimento della relativa domanda, sia essa proposta in via principale sia in via incidentale” (cfr. Cass. Civ. 2126//2019; Cass. Civ. 6050/1998).

Fatte le doverose premesse di cui sopra, nel caso in esame parte attrice sostiene di aver interesse e di voler proporre querela di falso contro una serie di documenti e atti promananti dai privati, sui quali si fondano gli atti del Comune di assenso all’edificazione, che sarebbero pertanto affetti da una “falsità derivata per induzione ideologica”.

Tale assunto contrasta con il dato letterale dell’art. 2700 c.c. (a mente del quale il valore di piena prova dell’atto pubblico copre unicamente “la provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti”) e con la copiosa giurisprudenza sia di merito che di legittimità che ha affermato come l’efficacia probatoria privilegiata di cui alla citata norma non investa affatto la rispondenza a realtà del contenuto sostanziale dell’atto.

Giova inoltre rilevare che, in merito alla valutazione del permesso di costruire, la giurisprudenza di legittimità ammette che “la natura di atto fidefacente fino a querela di falso deve essere esclusa per il permesso di costruire di cui agli artt. 10 e ss. del D.P.R. n.380/2001 perché la sua funzione non è quella di accertare uno stato di fatto, ma di garantire, attraverso un controllo preventivo sulla sussistenza dei presupposti per l’esercizio del diritto di edificazione, il corretto assetto del territorio. Esso si colloca, cioè, al di fuori della categoria degli atti fidefacenti ai sensi degli artt.476 e ss. c.p. perché non è espressione della funzione registratrice dello Stato o di altri enti pubblici e non rientra, perciò, tra gli atti c.d. probanti che fanno fede fino ad impugnazione di falso ... ” (cfr. Cass. pen. n.44104/2018).

Anche in merito agli altri documenti impugnati deve ritenersi che i fatti contestati dall’attore sono suscettibili di essere accertati con gli ordinari mezzi di prova e non con la querela di falso. Difatti: “la documentazione e la relazione tecnica allegata dal progettista ad una richiesta di concessione edilizia (ora, permesso di costruire) non rivestono natura di atti fidefacienti e dotati di valore probatorio assoluto ai fini dell'esatta riproduzione dello stato dei luoghi, in quanto si tratta di documentazione finalizzata soltanto ad illustrare e chiarire i termini tecnici fattuali della richiesta medesima” (Cass. pen. n. 9118/08).

Nella fattispecie l’azione promossa dal X, pur assumendo la veste formale di una querela di falso ex art. 221 c.p.c. nei confronti atti pubblici quali i titoli edilizi rilasciati dal Comune di P, in realtà si concretizza in una iniziativa di tipo impugnatorio nei confronti dei suddetti titoli edilizi, finalizzata a fare dichiarare la nullità e privare di efficacia questi ultimi, come si desume dalle domande e conclusioni assunte dalla parte attrice : “e per l’effetto dichiarare nulli e/o privi di efficacia in parte qua i permessi di costruire…”. Tuttavia, la querela di falso non è lo strumento consentito per conseguire tali finalità, avendo l’istituto, come noto, ben altro scopo ovvero unicamente quello di privare un atto pubblico della sua intrinseca idoneità a fare “pubblica fede”, e non certo quella accertativa e dichiarativa di nullità dei titoli abilitativi.

La querela di falso è dunque inammissibile e gli aspetti controversi sollevati dal X potranno essere contestati, con gli ordinari mezzi, avanti al giudice competente.

Le restanti questioni sollevate dalle parti restano assorbite.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vanno poste, di conseguenza, a carico dell’attore. Le stesse, avuto riguardo alla entità della causa ed alle questioni trattate, possono liquidarsi, in base a valori prossimi a quelli minimi, come in dispositivo.

Infine, ai sensi dell’art. 226 c.p.c., la parte querelante va condannata al pagamento della pena pecuniaria di € 20,00. (omissis)

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