Comm. Trib. Reg.le Ancona Sent. 86/7/2011 Pres. Est. Marini

Invito a comparire ufficio IIDD Mancato adempimento - Conseguenze

19/05/2011

…” preliminare, per la definizione di entrambi i procedimenti oggi riuniti, è la questione che attiene all’inottemperanza, da parte del contribuente, all’invito a comparire notificandogli dall’Agenzia delle Entrate, sanzionata ai sensi dell’art. 11 D. Lgs. n. 471/1997 con l’atto oggetto del ricorso respinto in primo grado (sentenza n. 78/2/09) sul rilievo di regolarità a comparire (finalizzato a fornire all’Ufficio gli indici di capacità contributiva per il periodo 2000/2005), spedito a mezzo raccomandata, non poté essere consegnato per assenza del destinatario e, quindi, venne regolarmente depositato presso l’ufficio postale, del deposito venne quindi data comunicazione al contribuente con raccomandata nel rispetto della disposizione di cui all’art. 8 co. 2 L. n. 890/1982. Tutti tali adempimenti, evidenziati in sentenza e documentati in atti, risultano contestati dal contribuente in termini assolutamente generici, e per vero l’appello si risolve, sul punto, alla unica eccezione “di non avere ricevuto l’invito” che sarebbe “stato semplicemente immesso in cassetta”, senza curarsi di contestare i rilevanti momenti perfezionativi della notifica. L’appello, in realtà, investe essenzialmente due diversi ed “ulteriori” temi e, cioè 1) il profilo “soggettivo” dell’inottemperanza all’invito (fatto indiscusso); 2) la quantificazione della sanzione. Orbene, quanto al punto 1), occorre anzitutto precisare che l’invito del contribuente a comparire è espressione di un potere dell’Ufficio che trova fondamento nell’art. 51 DPR 633/72; l’inosservanza dell’invito giustifica l’applicazione di una sanzione amministrativa (da € 258 ad € 2.065), nonché autorizza l’ufficio a procedere ad accertamento sintetico del reddito della persona fisica (come nella fattispecie in scrutinio, sulla base del possesso di beni indicativi di capacità contributiva) che, come determinato, costituisce una presunzione legale, con inversione dell’onere della prova in capo al contribuente (che dovrà dimostrare la provenienza del denaro da redditi esenti o soggetti a ritenute). Tanto premesso, ritiene questa Commissione che il tema della rilevanza dell’elemento soggettivo, sul quale entrambe le parti si sono particolarmente intrattenute, non riguardi tanto la condotta di inosservanza dell’invito a comparire quanto, piuttosto, quella che si concreta nel rifiuto del contribuente ad esibire libri, scritture e documenti ovvero nella dichiarazione, contra verum, di non possederne o, infine, nella sottrazione degli stessi alla ispezione nel corso di una verifica. Trattasi di ipotesi di condotte volutamente ostative dell’attività di verifica, fissate da distinta norma, cioè dall’art. 52 DPR 633/72 e sanzionate con la preclusione probatoria (e, peraltro, anche nelle indagini c.d. “a tavolino”, il richiamo dell’art. 51 comma 5 all’art. 32 comma 4 DPR 600/73 rende applicabile tale sanzione in tema di IVA). La sanzione, nella sua previsione testuale, colpisce l’inottemperanza all’invito a comparire ed a qualsiasi altra richiesta dell’Ufficio anche nella ipotesi di mera negligenza del contribuente; come è avvenuto nella specie”….. .....“ L’appello del contribuente avverso la sentenza n. 78/2/09, pertanto, non può trovare accoglimento”…. ….“Non può trovare accoglimento, poi, l’appello proposto dall’Ufficio avverso la sentenza n. 53/2/09 che investe, per quanto ora si dirà, il tema della sanzione indiretta di natura processuale che è “altra” rispetto a quella trattata dalla sentenza n. 78/2/09, e con la stessa non interferente. Quanto al primo motivo, infatti, non ritiene questa Commissione doversi far derivare dall’accertata inottemperanza del contribuente all’invito a comparire l’inutilizzabilità della documentazione prodotta in giudizio (e poi ritenuta favorevole al contribuente). Ed invero, la sanzione indiretta della inutilizzabilità in giudizio, da parte del contribuente, della documentazione non esibita o trasmessa a richiesta dell’Ufficio risulta affermata nella consolidata giurisprudenza di legittimità, come riferibile alla particolare ipotesi di immotivato rifiuto ad adempiere opposto dal contribuente stesso. Rifiuto, che nella specie, non potrebbe certamente essere sostenuto, dal momento che il contribuente, non ritirando la raccomandata, non ha preso cognizione della richiesta dell’Ufficio, in specie, il mancato ritiro dell’invito scritto alla trasmissione di documenti – e peraltro la sentenza non può essere equiparato all’ipotesi di rifiuto, e certamente non a quella di volontaria sottrazione dei documenti al controllo dell’ufficio nella fase dell’accertamento, non essendo in atti alcuna prova in tal senso e, piuttosto, e proprio sulla scorta della sentenza richiamata dall’appellante (CTP di Pesaro n. 78/2/09 depositata in data 13.8.2009), la mancata esibizione risulta essere il frutto di negligenza, sia pur grave, da parte del contribuente, per non essersi egli curato di ritirare l’invito (che, peraltro, imponeva un temine temporale piuttosto ridotto). Correttamente, poi la sentenza di primo grado ha ricordato l’inapplicabilità alla fattispecie del comma 5 dell’art. 52 DPR n. 633/1972, norma (dettata in materia di IVA) che riguarda, appunto, la distinta ipotesi del rifiuto di esibizione di libri, registri e scritture, equiparata al rifiuto la dichiarazione di non possedere tale documentazione ovvero la sottoscrizione della stessa all’attività ispettiva (attività nella specie inesistente, stante che l’invito a comparire atteneva alla diversa fase del mero accertamento del reddito). In sentenza non risulta certamente ignorato il mutamento del quadro normativo a seguito dell’emanazione della legge 18 febbraio 1999, n. 28, la quale con l’art. 25, ha modificato la disciplina sulle conseguenze in caso di mancato rispetto delle prescrizioni sui poteri questionari e di invito a comparire. Tale articolo prevede che le notizie e i dati non addotti e gli atti, documenti, libri e registri non esibiti o trasmessi in risposta agli inviti dell’ufficio, non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa e contenziosa, e di ciò l’ufficio deve informare il contribuente alla richiesta, dispone altresì che le cause di inutilizzabilità non operano nei confronti del contribuente che depositi, in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado in sede contenziosa, i dati, i documenti, i libri, e i registri, dichiarando comunque contestualmente di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile. E, tuttavia, i primi giudici, nel ritenere utilizzabili in sede contenziosa i documenti non esibiti all’Ufficio, hanno reso di tale norma una lettura – principalmente ispirata al principio di un necessario contemperamenti dei diritti del contribuente ed i poteri dell’amministrazione finanziaria quale voluto dal legislatore nell’ambito del giusto processo tributario – che questa Commissione giudica perfettamente condivisibile. Anzitutto, infatti, la norma estende la sanzione indiretta della preclusione probatoria nei termini di cui al citato comma 5 dell’art. 52 DPR n. 633/1972, secondo una “ratio” che, per la ripetizione testuale degli stessi (dovendosi anche considerare il richiamo all’art. 33 DPR n. 600/73 necessariamente sintonico, anche sotto il profilo applicativo, con il precedente art. 32) non può non fondare sul medesimo presupposto del rifiuto di documentazione richiesta dall’Ufficio, o delle equivalenti condotte del contribuente volte ad ostacolare intenzionalmente l’attività di ricerca. Ed appunto in tema di art. 52 DPR n. 633/1972, il giudice di legittimità, dopo avere già precisato che la sanzione della inutilizzabilità in sede contenziosa si applica alla ipotesi di delibera volontà di impedire ovvero ostacolare l’ispezione o la verifica, cioè le ipotesi di intenzionale rifiuto, sicché non sarebbe sufficiente anche un comportamento semplicemente reticente (Cass. n. 1030/2002; Cass. n. 4058/1997), ha ancora recentemente statuito che la previsione secondo cui non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente ai fini dell’accertamento in sede amministrativa o contenziosa i documenti (libri, scritture, registri, eccetera) che non siano stati acquisiti durante gli accessi perché il contribuente ha rifiutato di esibirli (o perché ha dichiarato di non possederli o perché, comunque, li ha sottratti al controllo), trova applicazione solo quando si sia in presenza di una specifica richiesta o ricerca da parte dell’Amministrazione e di un rifiuto, o di un occultamento da parte del contribuente, con un comportamento tale, peraltro, da far ritenere non genuini o veritieri i documenti prodotti soltanto nella fase di giudizio, non essendo sufficiente a tal fine che il contribuente non abbia esibito ai verbalizzanti i documenti in epoca successiva depositati in sede giudiziaria (Cass. n. 1344/2010). Tale interpretazione normativa da parte del giudice di legittimità – contemperatrice del principio del giusto processo, inteso come garanzia della genuinità della prova, con il principio della imposizione fiscale correlata alla capacità contributiva, non vi è ragione perché non debba essere estesa, nel quadro di un processo tributario improntato al principio dispositivo, anche all’ipotesi dell’art. 32, laddove il contribuente non rifiuta l’esibizione dei documenti richiesti né li sottrae all’Ufficio Finanziario che già ne abbia la disponibilità, ove si consideri che la norma, in definitiva, contempla e regola la diversa situazione nella quale al contribuente si rimprovera la violazione di un dovere di collaborazione con il Fisco in fase, di mero accertamento “a tavolino” (e non, invece “operativa” con attività di ispezioni e verifiche anche in loco) e dunque di minore valenza ed impatto anche sotto il profilo del possibile pregiudizio arrecabile al potere impositivo. Rilevasi, poi, quale argomento in realtà “principale” e dirimente della questione, che, quand’anche includibile la compilazione dei modelli inerenti gli indici di capacità contributiva fra “le notizie e i dati non addotti” (non certo tra “gli atti, documenti, libri registri”) previsti nell’art. 25 della Legge n. 281999, nella fattispecie, tali indici sono stati in effetti individuati utilizzati e posti a fondamento degli avvisi di accertamento e, in realtà, i documenti riversati in contenzioso da parte del contribuente e “contestati” con l’eccezione di inutilizzabilità, risultano essere costituiti da documentazione che non si identificano con quelli non forniti all’ufficio nella fase istruttoria, ed invece costituiscono documentazione “difensiva” – visura catastale, atto di compravendita immobiliare, procura speciale a vendere, estratto conto Banca, proposta di acquisto estranea alla specifica richiesta; nessun pregiudizio per l’Ufficio, dunque, e piena utilizzabilità dei documenti prodotti in giudizio. Infondato è altresì il secondo motivo di gravame afferente al merito della decisione, dovendosi escludere che la sentenza non abbia motivato circa la prova “liberatoria” da parte del contribuente nel confronti dell’accertamento sintetico dei redditi per gli anni di imposta 2003, 2004 e 2005”… . … PQM Respinge, nei procedimenti riuniti, l’appello proposto dal contribuente avverso la sentenza n. 78/2/09 emessa dalla Commissione Tributaria Provinciale ed altresì respinge l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, avverso la sentenza n. 53/2/09 emessa dalla stessa Commissione Tributaria Provinciale.

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