Cassazione civile Sez. I – Pres. Salvago – Rel. Sambito

Indennità di asservimento – Opposizione – Fascia rispetto stradale – Inedificabilità – Servitù elettrodotto – Irrilevanza – Legittimazione a ricorrere – Parte nel procedimento di primo grado - Insussistenza

01/07/2015

Con ricorso ritualmente notificato e depositato il sig. X impugnava la sentenza della Corte di Appello di Bologna avverso la determinazione dell’indennità di asservimento, quantificata dalla competente commissione in misura vile. La suprema corte, rilevava anzitutto che il Sig. X, quale legale rappresentante della società Y “non avendo partecipato in proprio al pregresso grado di giudizio, non può per l’effetto ricorrere, in tale veste, avverso la sentenza che lo ha concluso (cfr. da ultimo Cass. N. 520 del 2012)”. Passando alla motivazione della sentenza, la Corte ha ritenuto inammissibile i motivi primo e terzo, per violazione dell’art. 366 bis cpc, applicabile ratione temporis. In base a tale norma, la censura con cui si deduce un vizio ex art. 360 1° c. numero 5 cpc, deve, infatti contenere l’esposizione chiara e sintetica del fatto controverso, in relazione al quale la motivazione si assume, rispettivamente, omessa, contraddittoria, o inidonea a giustificare la decisione (cfr. Cass. N. 4556 del 2009), non essendo, in particolare, sufficiente che lo stesso sia rilevabile dal complesso della censura proposta (cfr. Cass. N. 24255 del 2011). “… Il secondo motivo è, invece, infondato. Occorre rilevare che la Corte del merito ha rigettato la richiesta di determinazione della maggior indennità riferita alla fascia di rispetto stradale, escludendone la vocazione edificatoria in ragione di tale sua destinazione; mentre ha escluso l’esistenza di una diminuzione di valore dell’area residua, da indennizzare ex art. 40 della L. n. 2359 del 1865 (rectius art. 123, co. 1, del T.U. n. 1775 del 1933, in tesi, applicabile nella specie) non già in riferimento alla riduzione delle sue potenzialità edificatorie, ma per la ritenuta insussistenza di alcun deprezzamento derivato in via immediata dalla sottoposizione del bene alla servitù di elettrodotto, rilevando che la posizione della ricorrente, riferita alla “prossimità di uno dei cavi alla costruzione adibita a capannone (per altro parzialmente crollato a seguito di incendio)”, era equivalente a quella di tutti i soggetti che si trovano in una certa vicinanza rispetto all’opera pubblica, tanto più che la nuova disciplina prendeva in considerazione “non già la mera distanza dell’elettrodotto, ma l’intensità del campo elettromagnetico”…” “…Tali affermazioni sono entrambe giuridicamente corrette. Ed infatti il vincolo imposto sulle aree site in fasce di rispetto stradale o autostradale si traduce in un divieto assoluto di edificazione che le rende legalmente inedificabili ed incide direttamente sul loro valore (cfr. Cass. N. 8121 del 2009); questa Corte (cass. N. 5875 del 2012; n. 8121 del 2009), muovendo dalla considerazione secondo cui il vincolo di inedificabilità ricadente sulle fasce di rispetto stradale o autostradale è volto a favorire la circolazione e offrire idonee garanzie di sicurezza a quanti transitano sulle strade o nelle immediate vicinanze, o in queste abitano o operano, ha infatti escluso la natura espropriativa del vincolo, che, derivando dalla legge (L. n. 1150 del 1942, art. 41 septies, come modificato dalla L. n. 765 del 1967, art. 19, il D.M. 1 aprile 1968, art. 4, nonché la L. n. 729 del 1961 art. 9, e da ultimo il D.lgs. n. 285 del 1992, art. 16 e il D.P.R. n. 495 del 1992 art. 26) non può neppure ritenersi come preordinato all’espropriazione: di esso deve, quindi, tenersi conto nella determinazione dell’indennità di esproprio (cui va commisurata quella di asservimento), senza che rilevi … la circostanza… che la stessa sarebbe comunque computabile nella determinazione della volumetria o della superficie edificabile sul restante suolo espropriato, poiché ciò non rende l’area in questione suscettibile di edificazione, restando pur sempre operante il divieto di costruire su di essa (Cass. N. 19132 del 2006; n. 5875 del 2012)… …L’indennizzo per il fondo residuo è disciplinato dall’art. 123 co. 1 T.U. n. 1775 del 1933 (trattandosi di vicenda antecedente l’entrata in vigore del DPR n. 327 del 2001), secondo cui: “Al proprietario del fondo servente è dovuta una indennità la quale deve essere determinata tenendo conto della diminuzione di valore che per la servitù subiscono il suolo e il fabbricato in tutto od in parte…”. Secondo la giurisprudenza di questa Corte, tale componente dell’indennizzo non opera in modo indistinto ed automatico, ma può essere attribuita solo quando sia dimostrata l’attualità del deprezzamento e comunque il suo documentato verificarsi in conseguenza della costituzione della predetta servitù (cfr. Cass. 3771 del 2012), incidenza causale che non può essere individuata nella mera vicinanza con l’opera pubblica (Cass. N. 26265 del 2005). Nella specie, a fronte dell’accertamento della Corte territoriale che ha, correttamente, escluso la computabilità del potenziale danno alla salute che può derivare dai campi elettromagnetici (risarcibile in un giudizio ordinario come danno alle persone, e fuori dall’ambito delle voci da liquidare nell’indennità di elettrodotto nell’ambito di un’opposizione alla stima ex art. 19 della L. n. 865 del 1971), il rapporto diretto tra servitù e diminuzione di valore dell’area residua viene incongruamente riferito dal ricorrente, come chiarito in seno al quesito ed illustrato nella memoria, alle potenzialità edificatorie del fondo, che tuttavia, non sono in alcun modo incise dalla realizzazione dell’elettrodotto, restando, così, esclusa la pertinenza della giurisprudenza richiamata nella memoria (Cass. N. 22148 del 2010 e n. 14996 del 2013), secondo cui la vicinanza dei campi elettromagnetici può comportare – ed aveva comportato in entrambe le fattispecie esaminate, come accertato dalle indagini tecniche ivi svolte – una riduzione di valore dei terreni in riferimento al “rischio possibile o probabile” assunto dall’acquirente “medio”. A differenza della fattispecie esaminata dalla Cass. 3751 del 2012, in cui questa Corte ha escluso che tale riduzione di valore potesse comunque presumersi in relazione ad un fabbricato, ribadendo il principio (Cass. N. 22148/2010) che la stessa deve essere specificamente accertata e ritenuta sussistente nel caso concreto anche in dipendenza “…dell’ubicazione, della consistenza, della destinazione, della vetustà, dell’osservanza delle disposizioni anche regolamentari sul passaggio delle linee elettriche, nonché di ogni altro fattore anche riguardante dimensioni, distanze e costruzione dell’elettrodotto, nonché limitazioni dallo stesso arrecate, che sia in grado di condizionare il mercato immobiliare o per converso di renderne irrilevante la presenza…”. Su tali argomentazioni il ricorso è stato respinto.

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