C.d.S. Sez. III – sentenza 1957/2014 Pres. Est. Lignani

Revoca porto di fucile – difetto di motivazione – illegittimità

16/04/2014

…” L’attuale appellato, già ricorrente in primo grado, è stato destinatario del provvedimento del Prefetto con il quale gli è stato fatto divieto di detenere armi e munizioni, ai sensi dell’art. 39 del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza; nonché del provvedimento del Questore della stessa provincia … con il quale gli è stata revocata la licenza di porto di fucile per uso caccia. Entrambi i provvedimenti sono stati notificati all’interessato il giorno e sono stati da lui impugnati con ricorso al TAR delle Marche. Il TAR delle Marche, con sentenza n. 173/2007, pubblicata il 2 marzo 2007, ha accolto il ricorso, per difetto di istruttoria e di motivazione. In sostanza, il TAR ha giudicato che i motivi esposti nel provvedimento del Prefetto, e richiamati da quello del Questore, non fossero di per sé sufficienti a giustificare il venir meno della fiducia nella capacità dell’interessato di detenere e portare armi senza timore di abusi. L’Amministrazione ha proposto appello a questo Consiglio, con atto notificato il giorno 11 marzo 2008 e depositato il successivo 8 aprile, senza domanda di sospensiva. L’appellato si è costituito contestando la fondatezza dell’appello. La causa è stata discussa all’udienza odierna davanti al Collegio. In punto di fatto va chiarito che i provvedimenti dell’autorità di pubblica sicurezza sono motivati con riferimento alla pendenza di un’annosa controversia per motivi di confine fra due proprietà, pendente fra l’attuale appellato e un suo vicino di casa; controversia sfociata in reciproche azioni legali e, da ultimo, in una querela proposta contro l’appellato per asserite minacce e atti di violenza privata contro il vicino querelante. Il TAR, pur dando atto dell’ampia discrezionalità inerente a questo genere di provvedimenti, ha concluso che dette motivazioni non risultano sufficienti in mancanza di una più approfondita valutazione del comportamento dell’interessato. Questo Collegio non può esimersi dal rilevare che l’Amministrazione ha proposto l’appello contro la sentenza del TAR, quando dalla sua pubblicazione era trascorso un intero anno (il termine per appellare non risulta superato solo grazie al computo della sospensione feriale dei termini) senza che peraltro venisse richiesta la sospensiva – mostrando con ciò di non ravvisare realmente un vero pericolo di abuso delle armi. Non risulta d’altro canto che l’Amministrazione si sia avvalsa della possibilità (lasciata integra dalla sentenza appellata) di reiterare i provvedimenti dotandoli di una motivazione più approfondita. A quanto pare (nulla essendo stato dedotto in contrario) questo atteggiamenti inerte dell’Amministrazione si è mantenuto anche negli oltre cinque anni di pendenza del giudizio in questa sede, il che lascia intendere che non siano sopravvenuti altri episodi tali da indurre l’amministrazione a fare nuovamente uso del potere di vietare all’interessato la detenzione delle armi. Tutto ciò conferma, sia pure indirettamente, l’inesistenza di gravi ragioni di interesse pubblico che giustifichino il divieto di detenzione delle armi. In questa situazione, sembra ragionevole confermare il giudizio espresso dal TAR riguardo all’insufficienza delle motivazioni poste a base dei provvedimenti impugnati in primo grado. Resta naturalmente salvo il potere-dovere dell’autorità di pubblica sicurezza di adottare nuovi provvedimenti, qualora l’evolversi delle vicende opportunamente valutato con riferimento all’attualità ne offra un adeguato motivo. L’appello va pertanto respinto. “…

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