Trib. Urbino - Dott. Savino Sent. n. 315/2015

servitù di uso pubblico – servitù pubblica - differenza acquisto per usucapione – onere della prova – insussistenza dicatio ad patriam – volontà del proprietario

03/11/2015

Il Comune agisce per vedersi accertare l’avvenuta costituzione per usucapione del diritto di servitù pubblica sull’area adibita a parcheggio pubblico, in via subordinata accertare la costituzione di servitù pubblica per dicatio ad patriam dell’originario proprietario della medesima area sopra descritta. La causa veniva istruita tramite l’assunzione di testimonianze e documenti. Il Tribunale ha ritenuto non raccoglibile le domande svolte dal Comune per le seguenti ragioni: “… occorre muovere da alcune considerazioni generali in ordine alla servitù di uso pubblico e, in particolare, evidenziare i tratti di differenziazione rispetto alla servitù pubblica. Pur essendo entrambi gli istanti contemplati dalla norma di cui all’art. 825 c.c., il requisito della predialità connota unicamente la servitù pubblica che, come si evince dalla disposizione richiamata, presuppone la relazione tra il fondo servente ed il fondo dominante e, dunque, ricalca il modello di cui agli artt. 1027 c.c. e ss, caratterizzandosi per il fatto che il fondo dominante rientra nei beni di cui agli artt. 822 e ss c.c. … … diversamente, la servitù ad uso pubblico non si risolve nella relazione tra due beni immobili, difettando dunque il requisito della predialità, ma postula unicamente un peso sull’altrui bene, strumentale al soddisfacimento di pubblici interessi “corrispondenti a quelli cui servono” i beni demaniali. … con precipuo riferimento al caso di specie, è proprio il difetto della predialità che in astratto rende configurabile una servitù ad uso pubblico di parcheggio (in tal senso, a contrario, sentenza della §Corte di Cassazione n. 23708 del 06/11/2014) … … ponendo l’attenzione sulla carenza del rapporto tra fondi, autorevole dottrina sottrae correttamente le servitù ad uso pubblico dall’ambito delle servitù prediali ed afferma che le prime possono costituirsi unicamente tramite la c.d. dicatio ad patriam, che si realizza quando il proprietario mette il bene a disposizione di una comunità indeterminata di cittadini per soddisfare un’esigenza comune con continuità e non in via precaria o per mera tolleranza. … … in tale ottica, si nega dunque che la servitù ad uso pubblico possa acquistarsi a titolo originario per usucapione e, al riguardo, invocato il principio di tipicità dei diritti reali limitati, si afferma che l’art. 1158 c.c., laddove richiama gli altri diritti reali di godimento, completerebbe unicamente le servitù prediali, in relazione alle quali la costituzione per usucapione è espressamente prevista dalla norma di cui all’art. 1031 c.c. … … in tal senso, da ultimo, si osserva che la norma di cui all’art. 2645 quater c,c, prevede la trascrizione dei contratti e degli altri atti di diritto privato costitutivi di vincoli a favore di enti pubblici ma non anche delle sentenze di accertamenti dell’usucapione di tale vincolo e che dunque la sentenza di accertamento di usucapione di una servitù ad uso pubblico non sarebbe trascrivibile a ciò ostando anche le norme di cui agli artt. 2651 e 2643 c.c. che, invero, consentono la sola trascrizione della sentenza di accertamento di avvenuta usucapione di una servitù prediale. … … dalla preclusione alla trascrizione la dottrina in esame trae ulteriore sostegno alla tesi della non usucapibilità della servitù ad uso pubblico. … … la giurisprudenza di legittimità, tuttavia, è consolidata su una posizione diametralmente opposta. … Si afferma, infatti, che “un’area privata può ritenersi assoggettata a servitù pubblica di passaggio, acquistata per usucapione, allorché concorrano contemporaneamente le seguenti condizioni: 1) l’uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati “uti cives” in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un’utilizzazione “uti singuli”, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso alla propria unità abitativa; 2) l’oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine pubblico interesse perseguito tramite l’esercizio della servitù; 3) il protrarsi per il tempo necessario all’usucapione (così sentenza della Corte di Cassazione n. 10772 del 09/07/2003, in un caso ove è stata cassata la sentenza di merito che aveva ritenuto assoggettato a servitù di uso pubblico uno spiazzo di proprietà privata che per la conformazione dei luoghi era stato considerato – al pari delle strade cittadine – idoneo all’uso comune da parte della collettività, senza compiere alcuna specifica indagine sull’effettivo uso “uti cives”). … E, altresì si specifica che “le servitù di uso pubblico possono essere acquistate mediante il possesso protrattosi per il tempo necessario all’usucapione anche se manchino opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio, essendo il requisito dell’apparenza prescritto dall’art. 1061 cod. civ. soltanto per le servitù prediali (così sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 20138 del 03/10/2011), sì da sottolineare come la carenza del requisito della predialità, lungi dal costruire un inadempimento, sia in realtà un fattore di agevolazione all’acquisto a titolo orginario delle servitù di uso pubblico. … … Il giudice, per evidenti esigenze di nomofilachia, intende aderire al consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità. … … Non può osservarsi, tuttavia, che l’acquisto per usucapione di una servitù ad uso pubblico, acquisito che a differenza della c.d. di dicatio ad patriam avviene invito domino, rischia di tradursi, avendo riferimenti alla sua portata effettuale in una sorta di espropriazione senza alcun ristori patrimoniale. … … Tale rischio è oltremodo accentuato nel caso di specie ove il risarcimento della servitù ad uso pubblico di parcheggio comporterebbe lo svuotamento di ogni proficua facoltà dominicale in capo ai proprietari, cui, in sostanza, sarebbe negato ogni proposito di destinazione reddituale del bene senza, tuttavia, ricevere alcuna indennità. … … Il tema non appare particolarmente mediato dalla giurisprudenza di legittimità poiché le sentenze che si sono succedute hanno sempre riguardato servitù ad uso pubblico di passaggio, aventi ad oggetto strade private e, dunque beni già carenti, per espressa destinazione del proprietario di una capacità reddituale. … … Anche in ragione di tale rilievo, si ritiene che l’accertamento dei presupposti necessari per l’usucapione, deve risultare senza dubbio alcuno che la pluralità di soggetti si sia rapportata al bene uti cives e non uti singuli il che, al di là dell’impiego di mere formule, non può non significare che il cittadino abbia agito nel convincimento della natura pubblica del bene. … … In altri e più compiuti termini, “ai fini dell’assoggettamento per usucapione di un’area privata ad una servitù di uso pubblico è necessario che l’uso risponda alla necessità ed utilità di un insieme di persone, agenti come componenti della collettività, e che sia esercitato continuativamente per oltre un ventennio con l’intenzione di agire “uti cives” e disconoscendo il diritto del proprietario (così, sentenza della Corte di Cassazione n. 11346 del 17/06/2004)”. … … Altresì, “perché un’area privata possa ritenersi assoggettata a uso pubblico di passaggio è necessario che l'uso avvenga ad opera di una collettività indeterminata di soggetti considerati

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