CORTE DI APPELLO DI BARI - Sent. 817/2012 - Pres. Scalera - Est. Labellante

SENTENZA DICHIARATIVA DI FALLIMENTO – RECLAMO – FATTISPECIE – INFONDATEZZA – SPESE LEGALI –ADDEBITABILITA’ AL FALLITO SUCCESSIVAMENTE ALLA CHIUSURA DELLA PROCEDURA

29/06/2012

… “Con decreto del 18/4/2011, depositato in pari data, il Tribunale di Bari dichiarava inammissibile la proposta di concordato, per mancato raggiungimento delle maggioranze prescritte dalla legge. Con sentenza del 18/4/2011, depositata in pari data, il Tribunale dichiarava il fallimento della soc. X. La soc. X reclamava per la riforma della sentenza ed il rigetto della istanza di fallimento avanzata dalla creditrice istante, previa sospensione della liquidazione dell’attivo ex art. 19 della legge fallimentare. Si costituivano la Curatela del fallimento, nonché la soc. M, le quali resistevano al reclamo, del quale chiedevano il rigetto.”… … “Il reclamo, nel merito, è infondato e merita, pertanto, integrale rigetto. Il motivo di censura è solo uno, con il quale si denunciano soltanto “Vizi processuali della fase camerale e violazione del diritto di difesa”. Assume la reclamante che essa non sarebbe stata posta in condizione di difendersi con riguardo all’istanza di fallimento. L’assunto è del tutto infondato, atteso che, come risulta in atti, già all’udienza del 18/1/2011, la reclamante, ritualmente convocata per la delibazione dell’istanza predetta, è comparsa e, a fronte della richiesta formulata in detta occasione dalla soc. M di accoglimento dell’istanza di fallimento, è stata posta in grado di spiegare ogni difesa, ma nulla ha dedotto per contrastare l’avversa pretesa. Infatti, già nella precedente udienza del 23/11/2010, nella quale la soc. X è comparsa, le due procedure sono state riunite, sì che, all’udienza successiva del 18/1/2011, essendo stata già disposta la riunione delle procedure, la reclamante è stata posta in condizione di difendersi, con riferimento ad entrambe le procedure riunite. Invero, “nel caso in cui all’ammissione da parte del tribunale della domanda di concordato preventivo, proposta ai sensi dell’art. 160 legge fall. – “ratione temporis” vigente, secondo il testo successivo alla legge n. 80 del 2005 e al d.lgs. n. 5 del 2006 ed anteriore al d.lgs n. 169 del 2007 – segua la dichiarazione di fallimento ex art. 162, secondo comma, legge fall., per effetto della mancata approvazione dei creditori ex artt. 177-178 legge fall., trova applicazione il principio della consecutività delle due procedure concorsuali, costituendo la sentenza di fallimento l’atto terminale del procedimento, non assumendo rilievo l’abbandono – in sede normativa – dell’automatismo di tale dichiarazione, per la quale ora sono necessari l’iniziativa di un creditore o del P.M., il positivo accertamento dell’insolvenza e il comune elemento oggettivo. Pertanto quando si verifichi “a posteriori” (nella specie, con sentenza passata in giudicato) che lo stato di crisi in base al quale era stata chiesta l’ammissione al concordato in realtà coincideva con lo stato di insolvenza, l’efficacia della sentenza dichiarativa di fallimento va retrodatata alla data della presentazione della predetta domanda” (Cass. Civ. Sez. I, 06/08/2010, n. 18437). Ancora:, la S.C., Sez. I, con sentenza n. 13817 del 23/6/2011, ha stabilito che: “In tema di dichiarazione di fallimento nel corso della procedura di concordato preventivo, quando sia promosso il procedimento per la revoca della reale ammissione, ai sensi dell’art. 173 legge fall. (nel testo conseguente alle modifiche di cui al d.lgs. 12 settembre 2007, n. 169), la formale conoscenza, da parte del debitore, dell’esistenza di una iniziativa per la dichiarazione di fallimento è sufficiente ad integrare la “indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento”, richiesta dall’art. 15, comma quarto, legge fall., quale monito in ordine al possibile esito della procedura e invito ad eventualmente esercitare il diritto di difesa, senza necessità di convocare il debitore per interloquire specificatamente in ordine alle istanze di fallimento; infatti, dal tenore dell’art. 173, secondo comma, legge fall. emerge che, a conclusione del procedimento di revoca dell’ammissione al concordato preventivo, sussistendone i presupposti processuali e sostanziali, viene emessa la sentenza di fallimento senza ulteriori adempimenti procedurali. Né sussiste alcuna necessità di tenere procedimenti distinti, in quanto uno dei presupposti dell’eventuale dichiarazione di fallimento è proprio la revoca dell’ammissione al concordato; sussiste complementarietà delle questioni trattate e, quindi, piena possibilità di difendersi contestualmente su tutte; infine, la stessa allegazione di motivi di censura del decreto di revoca dell’ammissione ben può trovare ingresso nell’ulteriore unitario procedimento di reclamo avverso la sentenza di fallimento, proponibile ex art. 18 legge fall. benché nell’art. 173 legge fall. non sia riprodotto il disposto dell’art. 162, comma 3, legge fall., che prevede tale modalità di impugnazione”. La reclamante assume che essa, se avesse potuto essere ascoltata, avrebbe dimostrato che i titoli protestati posti a base della istanza di fallimento, recavano scadenze successive al deposito del ricorso per la ammissione della procedura concordataria, quando essa non poteva più accedere ai propri conti. Orbene, la censura è del tutto infondata, in quanto non solo dette ragioni avrebbero potuto essere evidenziate già all’udienza del 18/1/2011, ma – per di più – avrebbero potuto essere evidenziate all’udienza dell’11/4/2011. La reclamante, quindi, né all’udienza del 18/1/2011 né a quella successiva dell’11/4/2011, ha dedotto l’insussistenza dei presupposti per la declaratoria del fallimento, in consecuzione all’inammissibilità della domanda di concordato preventivo. Né miglior fortuna può avere la doglianza secondo cui la votazione dei creditori avrebbe avuto esito diverso se essa reclamante avesse potuto difendersi adeguatamente, proprio perché nessuna violazione del diritto di difesa è ravvisabile nella fattispecie qui in esame. Infatti, l’impugnazione della quale questa Corte deve occuparsi attinge solo profili processuali, senza alcuna censura in ordine ai presupposti del fallimento, atteso che le censure attinenti solo alcuni profili del merito della pronuncia dichiarativa di fallimento, nella prospettazione della reclamante, hanno, come presupposto, la denunciata, ma insussistente, violazione del diritto di difesa. In ogni caso, pur aderendo al rilievo che i titoli protestati recano date di emissione successive al deposito del ricorso volto all’ammissione del concordato preventivo, resta ferma la circostanza dell’insolvenza della debitrice, non contestata, che funge da presupposto sia per l’ammissione alla procedura concordataria, sia per la declaratoria di fallimento. Inoltre, la soc. X, avendo depositato il ricorso per l’ammissione alla procedura concordataria il 4/8/2010, non si può dolere del fatto che, al momento delle date di emissione degli assegni protestati, essa non aveva accesso ai propri conti. Infatti, ai sensi dell’art. 167, 2° comma, della legge fallimentare, i pagamenti per debiti pregressi, sorti anteriormente al concordato, avrebbero dovuto essere autorizzati dal G.D., circostanza nient’affatto verificatasi. Invero, il credito per le forniture effettuate dalla soc. M oggetto dell’istanza di fallimento, è sorto tra il marzo ed il giugno 2010, sì che la odierna reclamante avrebbe dovuto astenersi dal pagare a mezzo dei predetti assegni”… Pertanto, in ragione dell’equiparazione tra i pagamenti coattivi e quelli volontari, nella specie qui in esame, dal 4/8/2010, la soc. X avrebbe dovuto astenersi dal pagare i creditori per titoli anteriori, in assenza di autorizzazione del G.D.. Le spese di questo grado seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo, anche se deve precisarsi che, in questa sede, non può emettersi condanna alla rifusione delle stesse a carico della reclamante, in quanto il creditore che agisce per la dichiarazione di fallimento del debitore e che partecipi vittoriosamente al giudizio di opposizione avverso la sentenza di fallimento non ha il diritto di insinuare al passivo le spese legali liquidate in suo favore ed a carico del fallito soccombente. Tale credito difatti non ha natura concorsuale, essendo sorto successivamente all’apertura della procedura, e potrà essere fatto valere soltanto nei confronti del debitore ritornato in bonis dopo la chiusura del fallimento (Trib. Palermo, 10/12/2003, in Dir. e prat. Soc., 2005, 18, 93)”…….

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