Concordato Preventivo – Fallimento sopravvenuto – credito del professionista per attività svolta in favore del Fallito in sede di procedura di concordato – ammissione in prededuzione - condizioni

23.7.2020 Trib. Pesaro Coll. Decreto – Pres. Fanuli - Rel. Pietropaolo

29/07/2020

… “Fatto e diritto

Con ricorso depositato in data _______, ritualmente notificato, X ha proposto opposizione ex art. 98 L.F. avverso il decreto di rigetto della richiesta di ammissione in prededuzione del proprio credito di € ________, ammesso dal G.D. come credito privilegiato ex art. 2751 bis n. 2, c.c., nella minor misura di € ___________, Iva e Cap compresi. L’opponente ha contestato il provvedimento, sostenendo che il credito del professionista per l’attività di assistenza nella predisposizione della domanda di concordato rientra tra i crediti sorti in funzione della procedura e, quindi, va soddisfatto in prededuzione nel successivo fallimento. Ha, altresì, contestato il quantum, chiedendo l’integrale ammissione del credito, eventualmente previo espletamento di c.t.u. contabile, finalizzata alla verifica della correttezza delle somme esposte nell’istanza di ammissione. Si è costituita la Curatela del Fallimento, deducendo che l’insussistenza del diritto alla prededucibilità del credito era stata accertata dalla procedura all’esito di attenta verifica e che il corrispettivo per la prestazione era stato quantificato dal professionista in modo generico ed indeterminato, in base a conteggio non conforme ai parametri di cui al D.M. 140/2012. La causa è stata assunta in decisione senza necessità di attività istruttoria, in quanto di natura documentale, ritenendo il collegio superflua la c.t.u. richiesta di parte opponente. Il ricorso non merita accoglimento. In data __________, X presentava istanza tardiva di ammissione al passivo del Fallimento V in liquidazione del proprio credito, quantificato in € __________, in prededuzione (doc. n. 6 fasc. opponente), allegando di essere stato chiamato ad effettuare le attestazioni contabili inerenti al ricorso per ammissione alla procedura di concordato preventivo e di avere pattuito un compenso di € __________ lordi, oltre rimborso forfettario, cassa, iva e ritenute, ricevendo dalla V un acconto di € _______, oltre oneri di legge (come da fattura del _____, regolarmente saldata in data ______) e rivendicando, quindi, la residua somma di € _______, oltre oneri di legge. Nell’istanza di ammissione, X specificava di avere redatto, su incarico del legale rappresentante della V in liquidazione, una prima attestazione contabile allegata all’istanza di concordato preventivo (relazione datata 9.4.2018), un supplemento di relazione in data 17.5.2018 e poi un ulteriore supplemento di relazione “inerente alla non ammissione al concordato preventivo della V” del 30.5.2018 ed infine un’ultima relazione allegata al ricorso alla Corte di Cassazione del 23.10.2018, come da documentazione allegata. Il giudice delegato ha ritenuto di accogliere solo parzialmente la domanda, riconoscendo in capo all’opponente il ruolo di “professionista che ha assistito la fallita nella predisposizione della domanda di concordato”, ma negando l’ammissione del credito in prededuzione, in quanto “nel caso di specie, la società, successivamente dichiarata fallita, non è stata ammessa alla procedura di concordato, in quanto la relativa domanda è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale”, sull’assunto che “il riconoscimento della prededuzione al Professionista per l’attività di assistenza nella predisposizione della domanda di concordato presuppone in ogni caso l’ammissione alla procedura di concordato” (v. decreto dell’8.7.2019, sub doc. n. 7 fasc. opponente). L’opponente ha contestato il provvedimento, sottolineando, da un lato, l’inconferenza degli specifici richiami giurisprudenziali contenuti nel decreto del G.D. e, dall’altro, il mutato orientamento della recente giurisprudenza di legittimità (in particolare, Cass. civile, sez. I, 24/05/2018, n. 12964, ma nello stesso senso anche Cass. Civ., Sez. I, 21.11.2018 n. 30114; Cass. Civ., Sez. I, 24.5.2018, n. 12964; Cass. Civ., Sez. I, 16.5.2018, n. 12017; Cass. Civ., Sez. I, 16.5.2018, n. 1201), la quale riconduce ai crediti da soddisfarsi in prededuzione, ai sensi dell’art. 111, comma 2, L.F., il credito del professionista che abbia svolto attività di assistenza e consulenza per la redazione e la presentazione della domanda di concordato preventivo, senza che, ai fini di tale collocazione, debba essere accertato, ex post, che la prestazione sia stata concretamente utile per la massa in ragione dei risultati raggiunti. La censura non è fondata. Non ignora il Collegio che la giurisprudenza di legittimità ha negli ultimi anni intrapreso un percorso evolutivo volto ad affrancare la categoria dei crediti prededucibili, in ragione del loro carattere funzionale, dal presupposto di un controllo giudiziale sulla loro utilità. In questa prospettiva interpretativa, è stato sottolineato (Cass. 5098/2014) che anche ai crediti sorti anteriormente all'inizio della procedura di concordato preventivo, non occasionati dallo svolgimento della medesima procedura, può riconoscersi la prededucibilità ove sia applicabile il secondo criterio richiamato dalla L. Fall., art. 111, comma 2, quello cioè della funzionalità, o strumentalità, delle attività professionali da cui i crediti hanno origine rispetto alla procedura concorsuale; ciò in ragione dell'evidente ratio della norma, individuabile nell'intento di favorire il ricorso al concordato preventivo, nel quadro della riforma di tale procedura, diretta a predisporre un possibile strumento di composizione della crisi, idoneo a favorire la conservazione dei valori aziendali. Secondo tale orientamento, i crediti sorti a seguito delle prestazioni rese in favore dell'imprenditore per la redazione della domanda di concordato preventivo e per la relativa assistenza rientrano fra quelli da soddisfarsi in prededuzione ai sensi dell’art. 111, comma 2, L.F., poiché questa norma individua un precetto di carattere generale, privo di restrizioni, che, per favorire il ricorso a forme di soluzione concordata della crisi d'impresa, introduce un'eccezione al principio della par condicio creditorum, estendendo, in caso di fallimento, la prededucibilità a tutti i crediti sorti in funzione di precedenti procedure concorsuali (Cass. 1765/2015). In altri termini, la verifica del nesso di funzionalità/strumentalità deve essere compiuta controllando se l'attività professionale prestata possa essere ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità dalla stessa perseguite secondo un giudizio ex ante, non potendo l'evoluzione fallimentare della vicenda concorsuale, di per sé sola e pena la frustrazione dell'obiettivo della norma, escludere il ricorso all'istituto. Nessuna verifica deve, invece, essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un'utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità (v. Cass. 15.5.2020, n. 9027). Occorre, tuttavia, rilevare come, anche nell’ambito dell’orientamento sopra richiamato, la giurisprudenza di legittimità abbia avuto modo di precisare che, ferma restando la distinzione tra il concetto di utilità in concreto e quello di funzionalità ed esclusa, altresì, la possibilità di formulare un giudizio ex post sulla utilità per la massa dei creditori della prestazione resa dal professionista, debba essere, comunque, valutato, in sede di giudizio ex ante (e, quindi, indipendentemente dalla evoluzione falimentare) se, nell’ottica del concetto di funzionalità previsto dall’art. 111 L.F., le prestazioni rese dal professionista si propongono di perseguire un serio disegno di risanamento secondo corrette modalità di sviluppo della procedura e nel rispetto dell'interesse del ceto creditorio. In tale contesto si inseriscono quelle pronunce che, pur ribadendo che nessuna verifica deve essere compiuta, ove alla procedura minore consegua il fallimento, in ordine al conseguimento di un'utilità in concreto per la massa dei creditori, concetto che non può essere confuso o sovrapposto a quello di funzionalità, evidenziano, nel contempo, che l'atto funzionale alla procedura concordataria non può che essere quello ispirato a criteri legali, per cui la prestazione che si discosti manifestamente da tali criteri, risolvendosi in un’attività superflua ed inadeguata, non può considerarsi meritevole del beneficio della prededuzione (si veda al riguardo, Cass. 3218/2017, la quale ha ritenuto che il credito del professionista che abbia predisposto la documentazione necessaria per l'ammissione al concordato preventivo non è prededucibile nel successivo fallimento ove l'ammissione alla procedura minore sia stata revocata per atti di frode dei quali il professionista stesso fosse a conoscenza; negli stessi termini anche Cass. 9027/2020, relativa ad un caso di revoca della procedura concordataria ai sensi dell’art. 173 L.F., su segnalazione dei commissari giudiziali, a causa della scoperta di atti di frode imputabili anche al professionista, consistiti nell'omessa indicazione all'interno della versione modificata della proposta di circostanze emerse dopo l'avvio della procedura ed idonee a trarre in inganno i creditori sulle loro effettive prospettive di soddisfacimento, la quale ha affermato che “una prestazione che si caratterizzi per il fatto che il professionista fosse a conoscenza dell'incompleta disclosure compiuta dall'imprenditore a discapito dell'interesse dei creditori non può essere in alcun modo ricondotta nell'alveo della procedura concorsuale minore e delle finalità risanatorie dalla stessa perseguite, dato che la procedura concordataria è capace di perseguire la composizione della crisi unicamente se e in quanto il suo svolgimento sia rispettoso delle indicazioni del legislatore”). Sempre nel tentativo di definire il concetto di funzionalità previsto dall’art. 111 L.F., la Suprema Corte ha precisato che essa è ravvisabile quando le prestazioni compiute dal terzo, per il momento ed il modo con cui sono state assunte in un rapporto obbligatorio con il debitore, confluiscano nel disegno di risanamento da quest'ultimo predisposto, in modo da rientrare in una complessiva causa economico-organizzativa almeno preparatoria di una procedura concorsuale, a meno che non ne risulti dimostrato il carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all'iniziativa assunta (cfr., Cass. n. 280/2017). È stato, quindi, ribadito (v. Cass. 4859/2019, con richiamo a Cass. 6/3/2018 n. 5254) che «il 2° comma dell'art. 111 legge fall., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in "funzione" di una procedura concorsuale, presuppone quindi che la procedura sia stata aperta (e dunque, quanto al concordato, che l'opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell'ammissione dell'impresa alla procedura minore, dimostrandosi in tal modo "funzionale", cioè strumentalmente utile, al raggiungimento quantomeno dell'obiettivo minimale perseguito dal cliente)». Si è, altresì, precisato, con riguardo all'ipotesi in cui l'incarico del professionista sia culminato nella presentazione della domanda, cui abbia fatto seguito l'apertura della procedura, che l'eccezione di inadempimento eventualmente formulata dal curatore in sede di ammissione al passivo può trovare accoglimento solo in quanto sia stato precisato il concreto pregiudizio prodotto da eventuali inesattezze contenute nella domanda, posto che tali inesattezze non hanno pregiudicato l'astratta idoneità della stessa a realizzare il risultato dell'apertura del concordato (cfr. Cass., Sez. I, 24/09/2018, n. 22467). Applicati i suddetti principi al caso in esame, osserva, preliminarmente, il Collegio che la prestazione resa dall’opponente è stata ritenuta dal G.D. non funzionale alla procedura di concordato sulla base di plurimi elementi, rappresentati, non solo, dalla declaratoria di inammissibilità del ricorso di concordato (con decreto del Tribunale di Pesaro 24-27.4.2018), sicché la procedura non si è neppure aperta, ma anche perché il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato è stato presentato il giorno stesso in cui si teneva l’udienza prefallimentare, fissata a seguito di istanza di fallimento avanzata dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro, e dopo che lo stesso Tribunale aveva già dichiarato inammissibile una precedente domanda presentata dalla debitrice ex art. 161, comma 6, L.F. Nell’ammettere il credito dell’opponente solo parzialmente ed in privilegio ex art. 2751 bis p. 2 c.c., escludendo la prededuzione, il G.D. ha così, testualmente, motivato: “Importo ammesso per € ____________________ in privilegio ex art. 2751 Bis p. 2 c.c. in quanto tale importo (già al netto di € _________ già corrisposti prima della dichiarazione di fallimento) risulta indicato nella relazione di attestazione art. 161 c. 3 L.F. Non si ammette l’ulteriore importo di € ___________ sia per la motivazione sopra indicata sia in quanto richiesto per la redazione di relazioni illustrative presentate successivamente alla dichiarazione di fallimento, non autorizzate dalla curatela e di carattere sovrabbondante o superfluo rispetto all’iniziativa assunta. Infatti in data 9/04/2018 è stato presentato il ricorso per l’ammissione alla procedura di concordato preventivo ed in data 27/04/2018 è stato dichiarato il fallimento (già in data 13/02/2018 il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Pesaro aveva presentato istanza di fallimento ed in data 30/01/2018 il Tribunale di Pesaro aveva dichiarato inammissibile la domanda presentata dalla debitrice ex art. 161 comma 6 L.F. per mancata presentazione della domanda di concordato o di ristrutturazione dei debiti). Non ammessa la prededuzione in quanto il 2° comma dell’art. 111 L.F., nello stabilire che sono considerati prededucibili i crediti sorti in “funzione” di una procedura concorsuale, presuppone che la procedura sia stata aperta (e dunque, quanto al concordato, che l’opera prestata sia sfociata nella presentazione della relativa domanda e nell’ammissione dell’obiettivo minimale perseguito dal cliente)” (Cass. 6/3/2018 n. 5254) …” (v. doc. n. 2 e 4 fasc. curatela). La ritenuta insussistenza di nesso funzionale tra l’operato del professionista e la domanda di concordato, che il Collegio condivide, si fonda sulla decisiva considerazione che, nel caso in esame, non solo, la procedura non si è neppure aperta, ma soprattutto, sul fatto che, al di là del risultato negativo concretamente derivato, la prestazione dell’opponente, per il momento e per le modalità con cui stata eseguita, neppure ad una valutazione ex ante, si è tradotta in un’attività inserita in un serio disegno di risanamento e astrattamente idonea a realizzare il risultato dell’apertura del concordato, rivelandosi, al contrario, superflua e sovrabbondante. Tale conclusione è avvalorata dalle motivazioni con cui la domanda di concordato è stata dichiarata inammissibile (v. doc. n. 9 fasc. curatela). Nel decreto emesso in data 27.4.2018, il Tribunale di Pesaro ha escluso la fattibilità giuridica del concordato, evidenziando molteplici criticità nel piano concordatario (omissione di spese obbligatorie rilevanti, compensi quantificati in modo errato, incongruenze nella valutazione dei crediti e debiti con l’erario, omessa considerazione degli interessi legali sui crediti privilegiati, dovuti ex lege, ecc.). La proposta è stata dichiarata inammissibile dal Tribunale, in quanto “carente, incompleta e contraddittoria” e, soprattutto, per quel che qui rileva, è stata ritenuta inaccoglibile, perché basata su dati contabili non veritieri [nel decreto di inammissibilità si legge: “E’ evidente quindi che i dati portati nella proposta non sono sul punto veritieri o comunque sono altamente contraddittori, atteso che risultano in contrasto tra loro (pagine 19 e 20 con pagina 27 della domanda) e anche con quanto attestato dal professionista ai sensi dell’art. 161 L.F., sia in relazione all’importo sia in relazione verosimilmente anche alla definitività dell’accertamento fiscale, trattandosi non di un avviso di accertamento, secondo quanto indicato nella domanda della debitrice, ma – secondo quanto affermato dall’attestatore – di una cartella di pagamento” …“Appare evidente pertanto che la proposta e l’attestazione del professionista appaiono prive dell’affidabilità richiesta dall’art. 161 L.F., in quanto difettano della piena e chiara verificazione dei dati (in relazione ai debiti tributari) e della completezza degli stessi (in relazione ai costi), che costituiscono due dei presupposti su cui deve basarsi il giudizio di fattibilità dell’attestatore (vedere in questo senso Cass. civ. n. 21860/2010 e n. 13817/2011). La non veridicità dei dati e la manifesta inadeguatezza e non affidabilità dell’attestazione del professionista e del conseguente giudizio di fattibilità del piano priva la domanda di uno dei requisiti richiesti dall’art. 161 L.F. e determina quindi l’inammissibilità della domanda (vedere in questo senso Cass. civ. n. 21901/2013)”]. Ritiene il Collegio che i suesposti rilievi depongano per la insussistenza di nesso funzionale, ai sensi dell’art. 111 L.F., tra la procedura concordataria e l’attività svolta dall’opponente, non improntata ad una adeguata e rigorosa verifica della veridicità dei dati aziendali e contabili allegati dalla società a fondamento della domanda di concordato, giustificando pienamente la mancata ammissione del credito in prededuzione. Il provvedimento oggetto di opposizione merita integrale conferma anche in punto quantum. Il credito è stato riconosciuto dal G.D. in via privilegiata nel minor importo di € __________, oltre IVA e CAP (comprensivo dell’acconto di € _________ già versato dalla società fallita). Parte opponente non ha precisato, nella propria istanza tardiva di ammissione al passivo del fallimento, né lo ha fatto in sede di ricorso ex art. 98 L.F., in base a quali parametri dovesse essere determinato il compenso dovuto per l’attività svolta, come previsto all’art. 17 D.M. 140/2012, né quale fosse il preventivo inviato ed accettato con data certa dal cliente, non potendo, evidentemente, supplire a tale lacuna assertiva la richiesta c.t.u. contabile. In ogni caso, applicando i principi di cui al successivo art. 18 D.M. 140/2012, premesso che i valori tabellari indicati dal ricorrente non appaiono conformi alla tab. C – 9 all.ta al D.M. 140/2012 e che il conteggio è sfornito di documentazione attestante i valori della massa attiva e passiva, l’onorario liquidato dal G.D. appare congruo in relazione agli importi correttamente calcolati nel minimo e nel massimo (v. pag. 7 della memoria di costituzione). Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, in applicazione dei parametri di cui al D.M. 55/2014.” …. (omissis)

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