Bando A.S.U.R. - lex specialis - vizi di requisiti essenziali d'accesso - nullità del contratto - risarcimento danni per perdita di chances - interesse ad agire

16.03.2018 - CORTE DI CASSAZIONE Sez. Lavoro - ORDINANZA 06594/2018 - Pres. Napoletano - Rel. Di Paolantonio

16/03/2018

Il Tribunale di Urbino, adito dal dott. Y, aveva disapplicato gli atti della procedura finalizzata al conferimento dell'incarico quinquennale di direttore medico di una unità operativa del Presidio ospedaliero di V e dichiarato nullo il contratto stipulato dall'A.S.U.R. con il dott. Y, il quale si era visto assegnato l'incarico senza aver allegato la certificazione richiesta dal bando a pena di esclusione.

La Corte di Appello di Ancona, appellante principale il dott. X, nella contumacia dell'A.S.U.R., ha condiviso in parte le conclusioni alle quali era pervenuto il giudice di primo grado, statuendo che il dott. X, in applicazione della lex specialis del bando, doveva essere escluso per "un vizio relativo alla carenza di un requisito essenziale d'accesso", ritenendo quindi fondato l'appello incidentale proposto da Y, il quale, considerato idoneo dalla commissione, avrebbe avuto maggiori probabilità di essere prescelto in caso di mancata ammissione di X. La Corte territoriale ha accolto la domanda di risarcimento del danno da perdita di chances ed ha condannato l'A.S.U.R. a corrispondere al dott. Y 1/3 delle differenze retributive tra la posizione retributiva fruita e quella corrispondente all'incarico dirigenziale non attribuito.

Avverso tale sentenza il dott. Y ha proposto ricorso in Cassazione adducendo nove motivi di gravame, ai quali Y ha opposto le proprie difese con tempestivo controricorso e con memoria ex art. 380 bis 1 cod. proc. civ. Di fronte alla costituzione tardiva dell'A.S.U.R., con memoria depositata nei termini ex art. 380 bis 1 c.p.c., la Corte di Cassazione ha ribadito che "alle parti costituitesi tardivamente nei corrispondenti giudizi deve essere riconosciuto il diritto di depositare memorie scritte, nel termine di cui all'art. 380-bis cod. proc. civ., al fine di evitare disparità di trattamento rispetto ai processi trattati in pubblica udienza ed in attuazione del principio costituzionale del giusto processo di cui all'art. 111 Cost. oltre che dell'art. 6 CEDU".

Sempre in via preliminare il Collegio precisa che, nel caso di specie, non si ravvisa una carenza di interesse della parte resistente alla definizione del giudizio non essendo accaduti "fatti tali da determinare il venir meno delle ragioni di contrasto tra le parti e da rendere incontestato l'effettivo venir meno dell'interesse sottostante alla richiesta pronuncia di merito". L'interesse del dott. Y, permane anche una volta divenuta impossibile la rinnovazione degli atti della procedura stessa, poiché il controricorrente ha promosso una domanda di risarcimento del danno.

Con il primo motivo il ricorrente denuncia, ex art. 360 nn. 3, 4 e 5 cod. proc. civ., la falsa applicazione degli art. 8 e 2 cod. proc. civ., nonché omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso quale la non coincidenza tra la persona giuridica costituitasi in giudizio ( A.S.U.R. Marche ) e quella nei cui confronti la domanda era stata proposta ( A.S.U.R. Marche, Zona territoriale ). Il motivo non può essere scrutinato poiché non solo viola gli errori di specificazione e allegazione imposti dalla legge ( artt. 366 n. 6 e 369 n. 4 cod. proc. civ. ), ma prospetta una questione nuova che implica un accertamento di fatto, inammissibile in sede di legittimità, come emerge anche solo dalle deduzioni contenute nel controricorso, ove si legge che le aree territoriali "già prive di potere esponenziale sono state trasformate in aree vaste, espressione dell'unica A.S.U.R. regionale". "La denuncia di un error in procedendo [...] non dispensa il ricorrente dall'onere di indicare in modo specifico i fatti processuali alla base dell'errore denunciato e di trascrivere nel ricorso gli atti rilevanti, provvedendo, inoltre, all'allegazione degli stessi o quantomeno a indicare, ai fini di un controllo mirato, i luoghi del processo ove è possibile rinvenirli" ( Cass. 10.11.2011 n. 23420 ). Consolidato il principio secondo cui "una questione giuridica che non risulti affrontata nella sentenza gravata può essere dedotta con il ricorso per Cassazione, ed eventualmente anche rilevata dalla Corte, solo qualora non implichi accertamenti riservati al giudice di merito e preclusi a quello di legittimità" ( Cass. 22.04.2016 n. 8206 ).

Con la seconda censura, ex artt. 360 nn. 1, 3 e 5 cod. proc. civ. il ricorrente addebita alla Corte territoriale di non avere rilevato il difetto di giurisdizione del giudice ordinario che andava, invece, dichiarato poiché il dott. Y non aveva fatto valere in giudizio il diritto soggettivo all'assunzione ma aveva censurato gli atti della procedura pubblica di conferimento dell'incarico e, quindi, l'esercizio del potere amministrativo. Tale censura risulta inammissibile in quanto il difetto di giurisdizione del giudice ordinario non può essere denunciato con il ricorso per Cassazione "qualora sul punto si sia formato giudicato esplicito o implicito, ricorrendo quest'ultimo tutte le volte che la causa sia stata decisa nel merito e le parti abbiano prestato acquiescenza, non contestando la sentenza sotto tale profilo" ( Cass. 04.082017 n. 19498 ). Le Sezioni Unite di questa Corte hanno precisato al riguardo che "anche qualora la questione non sia stata espressamente trattata, la stessa risulta preclusa dalla pronuncia sul merito della domanda ( Cass. S.U. 08.05.217 n. 11139 ) e qualora la parte vittoriosa nel merito intenda contestare la pronuncia implicita sulla giurisdizione, questa è tenuta a proporre impugnazione incidentale condizionata" ( Cass. S.U. 28.01.2011 n. 2067 ).

Per le medesime ragioni anche il terzo motivo risulta infondato poiché ripropone la questione di giurisdizione sotto un altro profilo, rilevando che la Corte d'Appello, dichiarando nulla l'inserzione del dott. X nella terna degli idonei, avrebbe vilato il criterio di riparto della giurisdizione, secondo il quale solo il giudice amministrativo ha il potere di disporre l'annullamento di atti provvedimentali.

Con la quarta critica il ricorrente fa valete la violazione e la falsa applicazione degli artt. 100 cod. proc. civ., 1421 e 1418 cod. civ., denunciando una carenza di interesse in capo a Y a chiedere la dichiarazione di nullità del contratto di riferimento, poiché il ricorso era finalizzato unicamente ad ottenere il risarcimento dei danni per perdita di chances. Il motivo è infondato poiché il dott. Y nelle conclusioni dell'originario atto introduttivo non si era limitato a proporre una domanda risarcitoria, ma aveva chiaramente chiesto la rinnovazione, sicché, ritenuta fondata la censura, necessariamente veniva ad essere travolto anche il contratto stipulato con il dirigente medico, non potendo l'incarico essere conferito ad un soggetto che non doveva essere valutato ed inserito nell'elenco degli idonei.

Con la quinta censura il dott. X si duole, ai sensi dell'art. 360 nn. 3 e 5 cod. proc. civ. della violazione e falsa applicazione di norme di diritto ( artt. 115, 116, 112, 113 cod. proc. civ. e dell'art. 2697 cod. civ.) nonché della omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso decisivo per il giudizio, perché la Corte territoriale, nell'escludere che fosse stata allegata certificazione relativa alla "tipologia qualitativa e quantitativa delle prestazioni effettuate dal candidato", ha omesso di esaminare il certificato di stato di servizio redatto dalla ASL Regione Marche attestante lo svolgimento dell'incarico di dirigente di una struttura complessa di medicina interna. Il dott. X sostiene che in presenza di un candidato preposto alla direzione di una struttura complessa la tipologia qualitativa e quantitativa delle prestazioni discende direttamente dalla natura dell'incarico, sicché la Corte avrebbe dovuto motivare le ragioni per le quali la certificazione non poteva essere ritenuta idonea allo scopo.

Con la sesta critica il ricorrete addebita alla sentenza impugnata, oltre al vizio motivazionale, la violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 4, 5, 6, 8 e 15 del d.P.R. n. 484 del 1997, degli artt. 15 e 15 ter del d.lgs. n. 502 del 1992, degli artt. 12 e 14 delle preleggi, dell' art. 2 del d.l. n. 583 del 1996, convertito nella legge n. 4 del 1997, nonché dell'avviso pubblico n. 208 del 9 maggio 28 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale. Il dott. X sostiene, in sintesi , che sia la normativa nazionale sia l'avviso pubblico stabiliscono con chiarezza che ai fini del conferimento dell'incarico si prescinde dal requisito della specifica attività professionale, aggiungendo che la certificazione relativa alla tipologia qualitativa e quantitativa delle prestazioni è prevista nell'art. 8 del d.P.R. n. 484 del 1997, che disciplina "i criteri sul colloquio e sul curriculum professionale" e non già nell'art. 5 che riguarda i requisiti di accesso al secondo livello dirigenziale. La Corte territoriale ha interpretato il d.P.R. n. 484 del 1997, da un lato giungendo alla conclusione che ai fini della partecipazione alla procedura fosse richiesta l'allegazione della domanda del curriculum professionale redatto secondo le indicazioni prescritte dall'art. 8 dello stesso decreto, dall'altro ha evidenziato che il bando era tassativo nel prevedere l'allegazione di una certificazione afferente "la tipologia quantitativa e qualitativa delle prestazioni effettuate dal candidato". "Ove la sentenza di merito sia sorretta da una pluralità di ragioni, distinte ed autonome, ciascuna delle quali giuridicamente e logicamente sufficiente a giustificare la decisione adottata, il rilievo di inammissibilità del motivo di ricorso per Cassazione diretto a censurare solo una di esse ( principio della ragione più liquida ) rende irrilevante l'esame degli altri motivi, atteso che in nessun caso potrebbe derivarne l'annullamento della sentenza impugnata, risultando comunque consolidata l'autonoma motivazione oggetto della censura dichiarata inammissibile" ( Cass. 21.06.2017 n. 15350 ). Il ricorso è inammissibile nella misura in cui censura l'interpretazione dell'avviso pubblico, atto unilaterale, senza individuare  le regole di ermeneutica contrattuale ritenute violate dalla Corte di Appello, limitandosi a richiamare l'art. 12 delle preleggi, non applicabile né ai contratti né agli atti unilaterali. "In sede di legittimità un contratto o un atto unilaterale possono essere censurati per la violazione delle norme di cui all'artt. 1362 e seguenti cod. civ., dovendo in ogni caso il ricorrente individuare le norme asseritamene violate ed i principi in esse contenuti nonché precisare "in quale modo e con quali considerazioni il giudice di merito si sia discostato dai canoni legali assunti come violati o se lo stesso li abbia applicati sulla base di argomentazioni illogiche o insufficienti, non essendo consentito il riesame del merito in sede di legittimità" ( Cass. 28.10.2016 n. 21888 ). Infondato è il motivo nella parte in cui denuncia il vizio motivazionale poiché la Corte ha dato ampio conto delle ragioni per le quali si deve ritenere che il bando abbia richiesto a pena di esclusione la presentazione di un atto formato nel rispetto dell'art.  del d.P.R. 484 del 1997, citato nell'avviso pubblico, a rimarcare la differenza, li dove prescrive che nel curriculum vengano indicate le "posizioni funzionali del candidato", "le competenze con indicazione di eventuali specifici ambiti di autonomia professionale con funzioni di direzione" e la "tipologia quantitativa e qualitativa delle prestazioni effettuate". In applicazione del principio della ragione più liquida, diviene inammissibile per difetto di interesse la censura di asserita violazione del d.P.R. 484 del 1997, perché, non essendo mai stata posta in discussione la legittimità della lex specialis della procedura, dalla fondatezza del motivo non potrebbe mai discendere la cassazione della sentenza gravata.

Con la settima critica il ricorrente si duole della violazione delle norme sopracitate e dell'avviso pubblico sotto un altro profilo rilevando che i giudici di merito avrebbero omesso di esaminare la correttezza delle successive valutazioni effettuate dalla commissione. Il dott. X sostiene che il vizio ravvisato nella procedura selettiva non ha natura concorsuale, tanto che la scelta del direttore generale è di carattere fiduciario e non presuppone valutazioni comparative, il vizio ravvisato non poteva inficiare la validità dell'atto di conferimento, senza dubbio legittimo in quanto era stato prescelto l'unico soggetto in possesso di una pregressa esperienza professionale e didattica nel settore oggetto del concorso. "Il mancato rispetto delle regole procedimentali a cui è soggetta la procedura fa si che, ove la violazione si verifichi in una fase precedente alla nomina del direttor generale, la stessa vizia anche quest'ultima nel momento in cui comporta l'inserimento nella rosa dei candidati di soggetti non idonei".

L'ottava critica addebita alla sentenza impugnata la violazione e falsa applicazione degli artt. 2967, 1223, 1224, 1226, 1175, 1176, e 1375 cod. civ. nonché l'omessa insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso decisivo per il giudizio. Il dott. X disapprova il criterio utilizzato per la liquidazione del danno il quale doveva presupporre un contratto valido idoneo a fungere da parametro per il calcolo delle probabilità di successo e sostiene che il giudice d'appello avrebbe dovuto esaminare le valutazioni della commissione valutatrice dalle quali emergeva che, anche qualora il dott. X fosse stato escluso, il concorso sarebbe stato vinto dall'altro partecipante, circostanza questa che doveva portare a rigettare la domanda risarcitoria proposta da Y. Anche detto motivo è inammissibile perché "l'interesse all'impugnazione va desunto dall'utilità giuridica che dall'eventuale gravame può derivare alla parte che lo propone, con la conseguenza che quest'ultima è legittimata ad impugnare solo le statuizioni che lo riguardano e rispetto alle quali sia soccombente".

Con il nono motivo si censura la sentenza impugnata, oltre che per omessa, insufficiente e contradditoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, la violazione dell'art. 92 cod. proc. civ. e si sostiene che la Corte d'Appello avrebbe dovuto compensare le spese di lite in considerazione della complessa vicenda e della incertezza giurisprudenziale in merito alla questione oggetto di giudizio. Il ricorrente aggiunge che le stesse dovevano essere poste a carico della sola Azienda Sanitaria, soccombente rispetto a tutte le domande proposte in causa e, comunque, non potevano essere liquidato per appello in euro 6.000 a fronte di una liquidazione di ben diverso importo effettuata dal Tribunale di primo grado. "La liquidazione delle spese rientra nei poteri discrezionali del giudice del merito, potendo essere denunziate on sede di legittimità solo violazione del criterio della soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionale [...]" ( Cass. 04.07.2011 n. 14542). "Nei processi con pluralità di partila condanna solidale al pagamento delle spese di lite può essere pronunciata, a prescindere dalla indivisibilità o solidarietà del rapporto sostanziale, anche nel caso in cui vi sia mera comunanza di interessi, che può desumersi dalla semplice identità delle questioni sollevate e dibattute o dalla convergenza di atteggiamenti difensivi diretti a contrastare la pretesa avversaria" ( Cass. 17.10.2016 n. 20196 ).

Il ricorso viene dunque rigettato.

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