Appello – rito del lavoro – Carenza di critica specifica e puntuale della sentenza appellata – inammissibilità dell’appello

15.2.2023 – Corte di Appello di Ancona Sez. Lavoro – Sent. 68/2023 – Pres. Santini – Est. Baldi

23/02/2023

SENTENZA … “Il Tribunale di Pesaro, con la sentenza appena sorpa indicata, ha rigettato la domanda proposta da X nei confronti di F. volta ad ottenere il riconoscimento del proprio diritto all’assunzione presso l’ente convenuto con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, qualifica di Agente di polizia municipale, categoria C, posizione economica C1. A fondamento del rigetto, il primo giudice, dopo aver considerato che la mancata assunzione era stata determinata dal mancato superamento del giudizio di piena idoneità alla mansione specifica, difettando il requisito del titolo di abilitazione alla guida di motoveicoli, previsto dal bando di concorso e dal relativo regolamento, ha ritenuto legittimo il rifiuto dell’amministrazione. Secondo il Tribunale, infatti, la circostanza addotta dal X, ossia di essere stato già in precedenza assunto dal medesimo ente a tempo determinato, non è decisiva sia perché, secondo il regolamento della polizia municipale, la guida dei motoveicoli è prevista unicamente per gli agenti assunti a tempo indeterminato sia perché le valutazioni mediche ai fini dell’assunzione erano state differenti per le due ipotesi di contratto, visto che nel rapporto a tempo determinato era stata riconosciuta un’idoneità piena, mentre per dar corso al rapporto a tempo indeterminato l’idoneità era stata concessa con limitazioni. Avverso la sentenza ha proposto appello X, lamentando, con il primo motivo di impugnazione, l’erronea valutazione dei fatti da parte del giudice di prime cure, che non avrebbe considerato che la precedente assunzione a tempo determinato era intervenuta nonostante l’inidoneità alla guida di motoveicoli, pertanto, l’amministrazione, come in precedenza, avrebbe potuto destinarlo allo svolgimento delle medesime mansioni. Con il secondo motivo l’appellante censura la decisione evidenziando come il Tribunale non avrebbe ritenuto l’arbitrarietà delle due valutazioni mediche, posto che, a breve distanza di tempo, la prima aveva riconosciuto la piena idoneità, la seconda un’idoneità con limitazioni. Infine, con il terzo motivo, il ricorrente si duole dell’erronea valutazione del comportamento dell’amministrazione che, contraddittoriamente, pur consapevole delle condizioni fisiche dell’aspirante, in un primo momento lo avrebbe ammesso allo svolgimento della procedura concorsuale, mentre successivamente, avrebbe respinto l’ipotesi di assunzione sul presupposto del difetto della piena idoneità. L’appellante ha, pertanto, concluso chiedendo che, ammessa la prova testimoniale come articolata in ricorso, sia riformata la sentenza impugnata, con pieno riconoscimento della fondatezza della domanda proposta. Nel processo di appello si è costituito l’ente convenuto, eccependo, preliminarmente l’inammissibilità dell’impugnazione, per difetto di specificità dei motivi; nel merito contestandone la fondatezza. La parte appellata ha, quindi, concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità dell’appello o, nel merito, della sua infondatezza. La Corte, fissata udienza di trattazione scritta ai sensi dell’art.221, comma 4, cit., sulle conclusioni come in atti, si è riservata di decidere. Così riassunti i fatti del giudizio, in via preliminare va analizzata l’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione sollevata dall’ente appellato, questione, peraltro, rilevabile d’ufficio. Questa Corte territoriale, in precedenti giudizi, ha evidenziato come la disposizione di cui all’art.342 c.p.c., nonché, analogamente per il rito lavoro, quella di cui all’art.434 c.p.c., non richieda che le deduzioni della parte appellante assumano una determinata forma o ricalchino la decisione appellata con diverso contenuto; è richiesto unicamente che venga individuato in modo chiaro ed esauriente il "quantum appellatum", circoscrivendo il giudizio di gravame con riferimento agli specifici capi della sentenza impugnata nonché ai passaggi argomentativi che la sorreggono, formulando, poi, le ragioni di dissenso rispetto al percorso adottato dal primo giudice. In sostanza, si è sempre richiamata la Suprema Corte, la quale ha sostenuto, testualmente, che “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l'impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di ‘revisio prioris instantiae’ del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (così Cass. civ., Sez. U, Sentenza n.27199 del 16/11/2017 e, successivamente, negli stessi termini Sez. 6 – 3, Ordinanza n.13535 del 30/05/2018). Orbene, nel caso concreto, tale situazione non è rinvenibile nell’atto introduttivo del processo di secondo grado, dove il ricorrente, seppure differenziando i vari motivi di appello e lamentando l’erroneità del percorso motivazionale, non ha criticato specificamente le singole argomentazioni poste dal primo giudice a fondamento della decisione. Il nucleo centrale della sentenza di primo grado è costituito dalla parte nella quale il Tribunale afferma che “La decisione dell’amministrazione di negare l’assunzione a tempo indeterminato non può ritenersi contraddittoria rispetto al comportamento precedentemente tenuto, in quanto le due situazioni presentano sostanziali profili di differenza. Anzitutto, l’assunzione del 3 aprile 2018 era a tempo determinato e, in base al regolamento locale della polizia municipale il possesso dell’abilitazione per la guida di motoveicoli è requisito previsto solo per l’assunzione a tempo indeterminato. Pertanto, la circostanza che l’istante non ne fosse più in possesso, non era effettivamente ostativa a quella assunzione mentre lo è per quella in oggetto, che sarebbe a tempo indeterminato”. Questa parte, seppure riportata testualmente nell’atto di appello e specificamente impugnata perché ritenuta erronea, è stata criticata con argomentazioni che, riprendendo quanto allegato nel ricorso di primo grado, non inficiano l’assunto del primo giudice. Il Tribunale, infatti, come riportato, ha ritenuto, in sintesi, corretta la determinazione dell’ente che, in relazione al rapporto da instaurarsi, diverso dai precedenti perché a tempo indeterminato, ha considerato ostativa la ridotta idoneità fisica, nel rispetto di quanto previsto dalle norme regolamentari disciplinanti tale tipo di rapporto. Su questo specifico, fondamentale punto della sentenza di primo grado l’appellante nulla allega, non evidenziando l’erroneità dell’assunto o la sua contraddittorietà, ma semplicemente ed inutilmente sostenendo, come già nel ricorso di primo grado, come l’amministrazione fosse a conoscenza della menomazione fisica e, nonostante ciò, in precedenza l’avesse assunto a tempo determinato. La Suprema Corte ha ricordato che il principio della necessaria specificità dei motivi di appello comporta che, in relazione al contenuto della sentenza appellata, siano indicate, oltre ai punti e ai capi formulati e seppure in forma succinta, le ragioni per cui è chiesta la riforma della pronuncia di primo grado, i rilievi posti a base dell’impugnazione, in modo tale che restino esattamente precisati il contenuto e la portata delle relative censure, con conseguente inammissibilità dell’atto che risulti totalmente avulso dalla censura di quanto affermato dal primo giudice e si limiti ad illustrare la tesi giuridica già esposta in primo grado (cfr. in tal senso Cass. civ., Sez. L, Sentenza n.6978 del 20/03/2013). Nel caso in esame, si ripete, le argomentazioni dell’appellante non si pongono in contrasto con quanto affermato dal giudicante, non ne mettono in rilievo l’errore argomentativo, ma si limitano unicamente a suggerire di sottovalutare la circostanza assunta come decisiva per valorizzarne altre. L’appello così strutturato si traduce in un appello generico, proposto in difetto del fondamentale requisito di specificità e, quindi, incorre nella sanzione dell’inammissibilità. Le spese processuali del grado, liquidate come da dispositivo, in ossequio al principio di soccombenza sancito dall’art.91 c.p.c., vanno poste per intero a carico dell’appellante. (OMISSIS)

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